Testi: Jeph Loeb
Disegni: Tim Sale
Edizione Originale: Dark Victory #1-14
Edizione Italiana: Vittoria Oscura, cartonato Planeta DeAgostini, 28 €.

Si dice spesso che quando si scrive il seguito a un capolavoro, questo sicuramente non saprà essere all’altezza del suo illustre predecessore. Loeb e Sale, ancora una volta, ci dimostrano l’irragionevolezza di queste idee preconcette.
Dal loro genio creativo arriva quindi un lavoro puntuale, spiazzante, vibrante e assolutamente necessario ai fini della comprensione del mondo di Batman, dei rapporti che lo animano, delle motivazioni che lo alimentano.
Troviamo un Jeph Loeb ispiratissimo, che stavolta arricchisce però il mood poliziesco con notevoli varianti narrative, a cominciare da quella sentimentale.

In una continua alternanza di eventi e di colpi di scena, di dubbi e di rivelazioni, il giallo si rivela piano piano solo per suggerire, proprio sul più bello, che il tassello fondante della nostra indagine era stato malposto.

Avevamo lasciato Gotham in un precario, malato equilibrio, stretto nel pugno di un duopolio di potere costituito dal Dipartimento di polizia di Jim Gordon e dal vigilante Batman.
L’incubo degli assassinii seriali era cessato, ma a quale prezzo? L’anima del Procuratore Distrettuale Harvey Dent era persa per sempre e, assieme ad essa, forse quella di una intera città.

La belle époque della mala italiana su Gotham era finita e non sarebbe tornata, ma si era lasciata dietro un baratro spaventoso. Un inferno era morto, solo per darne vita a un altro. E sulle ceneri dei Falcone, del vecchio modo di concepire il crimine, se ne erge ora uno nuovo. Uno che non ha scopi, che non ha obiettivi. Che non cerca il lusso, il potere, la fama. Che non si nutre di interessi, che non allaccia relazioni commerciali con altri clan.

Dalla fine di un epoca nasce un nuovo ordine fatto di odio, di violenza, di vendetta.
E’ un crimine rinnovato, più maestoso e meno ignorante. Non si nutre di acquisizioni materiali, ma filosofeggia, intende insegnare, mandare un messaggio. I suoi adepti rappresentano gli archetipi più laidi e perversi dell’animo umano: c’è chi crede che la vita sia un gioco crudele e privo di significato, chi interpreta la sua stessa vita in funzione di una non meglio identificata divinità chiamata “caso”, chi vive l’ossessione di un passato perduto ma a cui non si è mai rinunciato. C’è poi chi vive sul filo del rasoio, al di là del bene e del male, zingaro in un’esistenza dettata dall’istinto e dal piacere, dalle sensazioni del momento, e da una nostalgia che si fugge come la peggiore delle malattie.

Ecco allora che Gotham diviene un gomitolo di nefandezze, un intricata matassa di volontà, di desideri, di avversioni e di deliri, un mosaico elaborato di strategie e di vite che si intrecciano, senza sosta, senza significato. A differenza che in The Long Halloween, stavolta abbiamo una Gatta a giocare divertita con questo gomitolo di perversioni.
Il suo profumo, il suo aroma, inebria l’opera per tutti i capitoli della storia. La sua malinconia, oltre quel sorriso seducente, è pregna di una cupezza bilanciata solo dal suo fascino fresco e pulsante.
Un fascino che non poteva non giungere ai sensi sempre allerta di un Pipistrello. E poi, da lì, scendendo lungo gli istinti primordiali della caccia, dell’oscurità, del comando, arrivare a toccare le corde fragili e terribili dell’uomo oltre l’animale, fino a lasciarlo completamente consunto.

Protagonista di Dark Victory è il sentimento, nelle sue mille facce. L’amore, sconfinato ma precluso, l’odio, inestinguibile e soffocato, la rivalsa, desiderata, offerta, agguantata, la vendetta, la gelosia, la pietà.
Gli intricati piani della polizia e di Batman per liberare Gotham dal crimine lasciano spazio agli uomini dietro le loro maschere, alle loro emozioni, a ciò che li motiva e che li spinge.
E comprendiamo, con la sensibilità che solo Loeb è capace di richiamare, quanto qualsiasi perversione o deviazione dell’uomo, anche del più spregevole, non sia in fondo che una reazione emotiva a un sentimento negato, svilito, sperato o taciuto.
E coloro che dovrebbero spaventarci, come per magia cominciano quasi a intenerirci.

L’epopea dei Falcone è il canto corale di un dramma collettivo, che tutti avvolge e che tutti rende partecipi: la solitudine. Chi si sente solo perché la propria mostruosità lo rende tale, chi perché ha avuto la propria famiglia strappatagli via dal crimine, chi invece dalla giustizia.
E in una città in cui tutto è buio, dolore e solitudine, in una città in cui nemmeno la pioggia è benedetta, perché se è da dio che viene di sicuro non sono lacrime, qualsiasi Vittoria, anche la più giusta, anche la più eclatante, non può che essere… Oscura.

A cura di Marco Cecini