Testi: Francis Manapul & Brian Buccellato
Disegni: Francis Manapul & Brian Buccellato
Edizione originale: The Flash v4 #1-3
Si chiama Barry Allen, ed è l’uomo più veloce del mondo. La sua è la storia di un personaggio a fumetti, la cui grandezza non può quindi prescindere dal talento degli autori che lo scrivono; tuttavia, la sua lunga vicenda editoriale sembra caratterizzata da una poetica liturgia, un destino più alto della creatività dei singoli autori, che trova in Flash l’eroe risolutivo, la pietra fondante di ogni “età” fumettistica.
Nel 1955, il mondo del Fumetto americano affronta la sua sfida più difficile. L’avvento della televisione, l’auto-imposizione da parte degli Editori di fumetti del Comics Code Authority, e l’allontanamento delle grandi masse di popolazione dai centri urbani e quindi dalle edicole e dai canali distributivi, misero in discussione per la prima volta nella sua storia l’esistenza stessa della comic industry. Erano gli anni del Maccartismo, la paura comunista alimentava sospetto e desideri censori nei confronti di tutto ciò che poteva essere potenzialmente sovversivo. Anche i Fumetti erano diventati quindi oggetto di aspre critiche, laddove ad esempio la morale degli Eroi poteva entrare in contrasto con quella delle pubbliche autorità, o il Bene non sempre riusciva a trionfare o, ancora, le protagoniste femminili erano rappresentate graficamente e caratterialmente come troppo emancipate. Tutti atteggiamenti che il Comics Code del 1954 censurò in via definitiva, spingendo gli Editori a dover cercare nuove formule vincenti che sapessero risollevare un mercato in profonda crisi. La Seconda Guerra Mondiale era finita, e sembrava che non ci fosse più spazio per gli Eroi. Fu così che arrivò la prima chiamata del destino per Barry Allen.
Nella corsa per la sopravvivenza dell’industria fumettistica, Barry fu il cavallo vincente sul quale la casa editrice DC Comics puntò la sua scommessa. Idealmente erede del Flash della Golden Age, Jay Garrick, Barry è un poliziotto della scientifica, un uomo di principi morali solidissimi e d’animo benevolo e sereno. È un eroe nel suo quotidiano, fatto di lavoro, di abnegazione, di sacrificio e di buoni sentimenti, prima ancora che nel suo sgargiante costume scarlatto. Insomma, Robert Kanigher e John Broome erano riusciti a confezionare, insieme al disegnatore Carmine Infantino, un Eroe nuovo per quei tempi turbolenti e sospettosi. Un Eroe che ispirasse fiducia, che fosse rispettato e rispettasse le autorità, e che la gente vedesse come un modello cui ispirarsi, dentro e fuori il costume.
Il successo fu clamoroso e inaspettato. Seguendo la scia tracciata da Flash, un intero Universo editoriale si rimise in moto fra l’entusiasmo dei lettori. Per ventinove anni e quasi 250 numeri, The Flash fu una delle serie più vendute d’America. Ma ancora una volta i tempi erano cambiati, nel 1985 Barry Allen sembrava un eroe troppo luminoso per un’epoca così oscura e di lì a poco sarebbero stati dati alle stampe capolavori revisionisti come Watchmen e Il Ritorno del Cavaliere Oscuro. Fu così che in Crisi sulle Terre Infinite Barry uscì di scena, sacrificando la propria vita per salvare l’universo.
Nel ruolo di Flash gli subentrò il suo sidekick, Wally West, che portò con onore il manto scarlatto per moltissimi anni, fino al 2008, quando Grant Morrison decise che il mondo era diventato un posto troppo buio, troppo cinico e spietato, perché non si sentisse nuovamente il bisogno di Barry Allen.
In Crisi Finale, nel momento più difficile mai affrontato sino ad allora dagli Eroi DC, Barry fece il suo ritorno. Il destino chiamava per la seconda volta un Eroe la cui velocità era riuscita a vincere persino la morte. Geoff Johns, protagonista della definizione del nuovo Barry da Flash: Rinascita fino a Flashpoint, salutò questo significativo evento editoriale dicendo che “quando il Male più grande si abbatte sull’Universo DC, l’Eroe più grande deve ritornare”. Ed aveva ragione. Così come Barry con la sua morte aveva segnato la fine di un’epoca, con il suo ritorno e con Flashpoint è ancora lui a dar vita a una nuova Era del fumetto DC. Un’Era che comincia qui, da questa nuova serie che mi ritrovo a commentare.
Quando vennero annunciati i team creativi che avrebbero dato vita al progetto “The New 52”, molti rimasero sorpresi che al timone di una collana prestigiosa come The Flash, fossero stati messi Francis Manapul e Brian Buccellato, il disegnatore e il colorista che insieme a Geoff Johns avevano riportato in auge il personaggio di Barry Allen.
Eppure io mi sentii stranamente rassicurato dall’annuncio. Forse perché, dopo aver ammirato la loro arte sui due volumi The Dastardly Death of The Rogues e The Road to Flashpoint, l’idea di rinunciare a una rappresentazione di Flash così eroica, solare, iconica, morbida ed evocativa, mi sembrava odiosa. Manapul era infatti riuscito a interpretare in maniera perfetta la mitologia di Barry, la sua dolce timidezza, il suo affetto per Iris, la sua bontà naturale e genuina, la sua generosità, il suo altruismo fresco e pulito. Il suo talento nel disegno risultava pari soltanto a quello del suo colorista, capace di utilizzare i colori pastello come mai nessuno prima di lui, tanto che il lettore vorrebbe quasi poter abbracciare materialmente quelle figure dai colori così morbidi, così eccezionalmente vivaci.
Chi ha avuto modo di cimentarsi, per lavoro o per diletto, nella stesura di sceneggiature per fumetti, sa bene quanto, al di là dell’imprinting che uno scrittore può dare, il disegnatore debba metterci assolutamente del suo nell’interpretazione e nella costruzione di un personaggio. In un certo qual modo, il disegnatore lo co-scrive insieme allo sceneggiatore, e i disegni raccontano, descrivono, spiegano, non meno dei testi.
Questi due ragazzi, questo giovane disegnatore e il suo colorista, avevano già dimostrato ai tempi del loro lavoro con Geoff Johns di aver perfettamente compreso il carisma, l’ardore, la determinazione, la forza del personaggio di Barry Allen. Lo avevano intimamente capito, erano entrati in empatia con lui, e questa sinergia mentale emergeva con forza dalla loro arte. Tuttavia, nonostante le mie aspettative fossero le più rosee possibile, devo dire che la lettura delle prime tre uscite del nuovo “The Flash” si è rivelata forse addirittura migliore di quanto potessi aspettarmi.
Questo perché, a tutto ciò che è stato detto sinora, Manapul e Buccellato hanno aggiunto un nuovo, delizioso elemento: la sperimentazione.
Questa serie si rivela un cantiere aperto, una fucina di talenti in perenne attività, dove ogni tavola rappresenta una sfida, ogni vignetta un’opportunità. Di stupire, di indagare, di scoprire fin dove si possa spingere una rivoluzione grafica. Che “The Flash” sia la serie dell’anno, lo comprenderete già dai credits in apertura.
Le pagine di questo fumetto vibrano come il personaggio che vedono protagonista, la velocità anima ogni parola, ogni balloon, la costruzione della tavola è asservita alle esigenze narrative in modi che mai si sono conosciuti prima, e i poteri di Barry emergono per la prima volta in decenni di Fumetto in maniera tangibile, quasi scavalcando la sospensione dell’incredulità che spesso si richiede al lettore di supereroi.
Ma il tripudio grafico non è l’unico motivo per cui leggere questa serie. Gli autori sono riusciti, addirittura meglio, a mio umile parere, del loro predecessore Johns, a coniugare il carattere dolce, semplice, ingenuo di Barry con un’atmosfera “hard boiled” che si confà magnificamente al ruolo di poliziotto del nostro protagonista, e sembra riportarci idealmente a quelle storie ormai leggendarie della Silver Age dove “The Flash” non offriva soltanto la descrizione di un eroe superveloce in calzamaglia rossa, ma anche uno spaccato del lavoro e delle procedure distrettuali, della frustrazione per un’indagine sfociata in un vicolo cieco, dell’ingiustizia dei tanti, troppi, cold case.
In linea con le esigenze del reboot, ci sono evidentemente dei cambiamenti. Anche nella vita personale di Barry.
Eppure il lettore non percepisce queste novità con la malinconia che deriva da qualcosa che si è perso, ma con l’entusiasmo che accompagna la consapevolezza che quelle cose torneranno, presto o tardi, in una nuova luce, moderna, nitida, che saprà stavolta coinvolgerci usando il linguaggio della nostra epoca, e non di decenni precedenti.
E questo personalmente non può che farmi gioire.
Per dare un giudizio completo su un autore e su uno story arc, è sempre meglio aspettare che si concluda. Tuttavia, dovendo dare una valutazione in base a quanto letto finora, non avrei potuto sperare di meglio per il rilancio di questo leggendario velocista.
Come nel 1955, il mondo di oggi ha bisogno di Barry Allen. È un mondo dove il sospetto, la paura, la violenza e la sfiducia sono i tratti distintivi della nostra società. È un mondo dove essere buoni, onesti e moralmente solidi rappresenta un punto di rottura. In questo mondo, Barry Allen è un eroe rivoluzionario. E, grazie alla serie che vi apprestate a leggere, avrete la possibilità di cambiare il mondo insieme a lui. Alla velocità della luce.