Nello scorso articolo avevamo parlato dei volumi #3, 4 e 5 del BPRD, analizzando la trama principale che si sarebbe protratta per tutta la serie, nonché quello che doveva rappresentare. Qui, invece, parleremo dei vari temi derivati dalla Piaga di Rane, che giungeranno a una conclusione nei volumi #6, 7 e 8 del Bureau. Ma questo è un discorso su cui ci soffermeremo maggiormente in un altro momento.
Attenzione: per chi non avesse letto i volumi #3-5 del BPRD, è sconsigliata la lettura di questo articolo perché potrebbe contenere spoiler.
La Macchina Universale è un numero di passaggio, che affronta le conseguenze della morte di Roger nel volume precedente. Kate Corrigan e un nuovo personaggio della squadra, Devon, andranno in un paesino di nome Ableben per recuperare una copia del Flama Reconditus, libro stampato nel ‘400 in tiratura ultralimitata (eventuali riferimenti alle attuali leggi del mercato sono totalmente voluti), che conterebbe il modo di “resuscitare” Roger.
Ma scopriranno che chi è interessato ai resti dell’Omuncolo, è disposto a venirseli a prendere -letteralmente- da quattrocento anni fa.
E molto bello vedere come i vari miti, leggende e credenze religiose vengano analizzati attraverso un occhio storico come quello di Kate, situazione che nell’universo di Hellboy non si vede spesso, anzi molto raramente. Inoltre, stupisce vedere che in questo modo vengono indirettamente approfondite le origini di Roger.
In questo volume vi è un elemento molto importante per la continuity. Infatti, per la prima volta, si vede un flashback della missione in cui Ben Daimio è morto. Una parola con cui posso descrivere questa sequenza è… agghiaggiande. La sensazione che ti lasciano queste pagine è un misto di paura e incertezza, con un voluto senso di incapacità di comprendere quello che succede.
John Arcudi è stato davvero bravo a dare così tanto spessore a un avvenimento del genere, facendo vedere tutto e niente allo stesso tempo.
Inoltre, devo dire che a me, come stile, questo capitolo ha ricordato molto la serie tv Lost. Quando leggerete anche voi questo volume, sono certo che capirete perché.
La vera perla di questa miniserie sono le ultime pagine disegnate da Mignola stesso, così commoventi da lasciare senza fiato, emotivamente ti stendono peggio di Tyson.
Mike ha messo tutto sé stesso in quest’ultima sequenza, usando uno stile che coinvolge completamente il lettore nel lutto di Roger.
Ma in generale, secondo me la fine di Roger è una delle migliori morti dei fumetti americani. Perché arriva quando meno te lo aspetti, e ti colpisce nel profondo come se avessi perso un carissimo amico, senza possibilità di tornare indietro.
Ritorno all’azione
Nel volume Il Giardino delle Anime viene ripreso un tema introdotto nel terzo numero, a cui sono stati aggiunti sempre più indizi, destinato ad arrivare a una naturale conclusione: le origini di Abe Sapien.
Con la dipartita di Hellboy dal Bureau, Mignola decide di far diventare Abe uno dei personaggi di punta del BPRD, mettendolo a confronto con la sua vera natura e con un passato che non può ricordare. In questo volume, Abe riceve un indizio mandato da chi sa della sua vita passata, che lo porterà nella giungla indonesiana alla ricerca di risposte chiare sulla sua ex-identità civile.
La trama di questo volume è straordinaria. Ha un ritmo che ti lascia incollato alle pagine fino alla fine, con una disposizione della narrazione quasi “cinematografica”, che svela tutti gli intrecci senza però destare sensazione di noia o ripetitività. Inoltre, è organizzata benissimo la messa a punto dei vari elementi della storia, apparentemente scollegati tra loro, ma che alla fine si scoprono formare un unico puzzle con un senso ben preciso.
In questo volume, si scopre chiaramente la natura della vita passata di Langdon Everett Caul, senza ombra di dubbio: egli faceva parte di una società segreta esistita a cavallo del 1800 che venerava la divinità marina Oannes. I membri della confraternita sono sopravvissuti fino agli anni 2000 grazie a speciali mezzi meccanici di sostentamento, portando avanti un piano ben preciso. La Oannes Society crede che il mondo sia malato, inquinato, roso da una piaga inarrestabile. Quindi, vogliono garantire la salvezza dell’Eidolon dell’uomo uccidendo milioni di persone tramite maremoti nel Pacifico, e salvando le loro anime in dei veri e propri “recipienti di spiriti” comandati da loro, garantendo la salvezza spirituale della razza umana e salvando il mondo dalla rovina.
La cosa più spaventosa è che Caul, prima di trasformarsi in una creatura marina, appoggiava pienamente tutto questo. Quindi ci si viene a chiedere se la trasformazione in uomo pesce in realtà non fosse stato un bene, così impedendo che Abe partecipasse a questo folle piano, ma che lo ostacolasse. In questo numero ci sono molte cose su cui riflettere, tra cui il fatto che Langdon e Abe, pur essendo la stessa persona, hanno un carattere molto diverso, chiedendosi anche se molto probabilmente, per forza di cose, non sia giusto così.
Inoltre, i membri della Oannes Society non sono i semplici “cattivi della storia”, ma hanno molto più spessore. Perché in fin dei conti, il loro fine potrebbe anche essere giusto (tentare di salvare il mondo dalla rovina), ma ciò non giustifica i mezzi e la visione distorta che hanno della salvezza della vita umana, il tutto viziato anche da un egocentrismo di fondo facente parte del loro progetto. Per questo si potrebbero definire degli ecoterroristi, con mezzi per giungere al fine che quasi portano a pensare al nemico di Batman Ra’s Al Ghul.
È realizzata con molta cura anche la grafica steampunk dei macchinari vittoriani della Società, idea venuta ad Arcudi per sua stessa ammissione nella “lettera” all’appendice del volume. All’inizio, voleva usare l’idea dei robot vittoriani per un’altra serie che stava realizzando in contemporanea, ma non glielo hanno permesso, quindi ha integrato questo spunto per il BPRD.
Complimenti anche a Dave Stewart per gli ottimi colori, che ben descrivono l’atmosfera del volume e che ti fanno sentire dentro gli avvenimenti della storia.
In conclusione, un ottimo numero, che ha colto l’occasione di raccontare chiaramente il passato di un membro del BPRD, sfruttandola nel migliore dei modi possibili.
I personaggi e il quadro generale
Nel volume scorso, abbiamo visto come il personaggio al centro della vicenda fosse Abe Sapien; e ciò ci porta a pensare che il settimo numero, più che un volume del BPRD, avrebbe potuto essere tranquillamente uno spin-off su Abe (cosa implicitamente detta anche da Daimio stesso nella storia). Eppure tutto questo non ha stonato per niente, e non ci ha fatto venire l’idea che fosse una fastidiosa divagazione, ma uno sviluppo coerente con la serie.
Ed è proprio questo uno dei tanti meriti di Mignola e Arcudi sul BPRD: riuscire a concentrarsi sui personaggi e sulla loro storia senza perdere di vita la trama principale. Può risultare scontato, ma se ci pensiamo questa è una cosa molto difficile da attuare, un’azione in cui un autore non esperto molto probabilmente si sarebbe impelagato.
Campo di Battaglia non è tanto uno dei migliori volumi del Bureau, quanto quello più al cardiopalma, con un ritmo incredibile, una storia ambientata quasi interamente all’interno della base del BPRD, dove quasi tutto quel che succede nello svolgimento sembra volutamente non avere una motivazione, un mistero svelato soltanto alla fine della storia, mantenendo l’attenzione del lettore alta e dando così al finale – ma anche all’intera storia- un senso di compiutezza e logicità.
In questa storia ogni elemento che finora ha riguardato Ben Daimio acquista un suo senso, svelando la natura e le conseguenze della missione in Bolivia del Capitano. Tutto il background del personaggio è stato gestito benissimo, così come la sua caratterizzazione e il suo ruolo all’interno della storia. Penso che Ben Daimio sia uno dei personaggi meglio realizzati dell’universo di Hellboy, grazie a John Arcudi che ha elaborato il soggetto e lo sviluppo del personaggio, e per merito di Mignola che ha filtrato il tutto attraverso il suo stile, rendendo ogni elemento coerente con il suo universo narrativo.
In questo volume, si vede una rivelazione riguardo a una delle trame reggenti della serie. Liz è perseguitata dalle visioni dell’apocalisse da parte dell’individuo alla Fu Manchu che s’infiltra nei suoi sogni. Però, vedendola spossata da tutto questo, il misterioso individuo si rende conto di aver fatto un errore (ma va?) e decide di aggiustare le cose. Se non fosse per l’apparizione del fantasma di Lobster Johnson che interrompe con un colpo di pistola la connessione dell’uomo dei sogni con Elizabeth. La domanda è: cosa c’entra l’Aragosta in tutto questo? Cosa vi ha a che fare? Riceverete qualche risposta nel suo primo volume.
Inoltre, si vedono le conseguenze degli avvenimenti di questa storia sul carattere di Johann. Infatti, a causa di un avvenimento ben preciso, si ritrova a subire una grande perdita, che influirà sulla sua psiche, segnando per lui una discesa in un vortice di ossessione sempre più grande, come si vedrà nei prossimi volumi.
Le ultime pagine sono tristemente bellissime, un vero e proprio colpo al cuore, che segnano un inesorabile peggioramento della situazione per il BPRD e i suoi membri da questo momento in poi.
Questione di stile
Un’elemento secondo me degno di nota, che ha contribuito ad aver reso il BPRD quello che è ora, è lo stile narrativo che utilizza John Arcudi nella sua collaborazione con Mignola. Nel Bureau, il modo in cui vengono disposte le vignette e organizzati gli avvenimenti nella trama è molto cinematografico, dando quasi l’idea di assistere a un film o a una serie tv.
È vero anche che l’impostazione cinematografica nei fumetti ormai non è più di tanto una novità, ma Mignola e Arcudi riescono a utilizzare questo modus operandi in modo fresco e originale, dando alla narrazione una propria dimensione.
Per questo io non mi stupirei di vedere Arcudi a scrivere puntate per serie televisive (e sarei contento se scrivesse sporadicamente episodi per UNA serie tv in particolare).
Inoltre, si nota subito la mano di John in idee molto bizzarre e originali usate nei vari volumi, come per esempio dei Cyborg steampunk vittoriani o giaguari mannari appartenenti al culto del Dio-Giaguaro.
Secondo me, sono anche queste caratteristiche che contribuisco all’alta qualità dei numeri, e senza questi elementi la testata BPRD non sarebbe stata quella che conosciamo ora.
Alla prossima.