Horror a fumetti

Mar 6, 2014

La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto..

La frase di Lovecraft contiene una profonda e potente verità: la paura, in ogni sua sfumatura, ha accompagnato da sempre l’uomo nel suo lungo cammino.
Sin da quando eravamo mostruosi proto umani e durante la nostra inarrestabile scalata evolutiva, la paura ci ha guidati, ci ha permesso di sopravvivere e conservarci, ci ha dato la possibilità di vincerla e dimostrare così coraggio ma, soprattutto, è stata da sempre la droga più potente che ha alimentato i racconti dell’intera razza umana.

L’oppio più potente, che rende fervida la nostra immaginazione è quindi il sentimento della paura, che sfuma nell’orrore e nel grottesco, nel macabro e nel sensuale, in una danza macabra a cui è impossibile resistere.
Purtroppo l’uomo non sempre è pronto ad accogliere la paura nel suo cuore e così la narrativa horror è diventata un genere di nicchia, spesso bistrattato e poco considerato, nonostante sia stata arricchita da scrittori immortali del calibro di Lovecraft, Poe, Le Fanu, Shelley, Barker e così via, è sempre stata trattata come una sorta di letteratura minore, adatta a quei menomati mentali che si perdono nella calde visioni di sangue e nei lascivi seni di vampire, maestre delle tenebre.
Il medium fumettistico, che si è sempre dimostrato all’avanguardia, ha rifiutato questo atteggiamento di snobismo e, anzi, ha sempre attinto a piene mani da ogni genere, compresi i più screditati, spesso adoperando vere e proprio commistioni.
L’orrore a fumetti diventa quindi spettacolo abituale che, spesso, riesce a diventare capolavoro, nonostante continui ad essere tenuto da poco conto.

Uno dei fumetti horror più iconici è, senza ombra di dubbio, The Swamp Thing che, con le cure premurose del bardo Alan Moore, aggiunge alle atmosfere horror una vena poetica.
L’orrore diventa poema, i mostri diventano attori di un dramma a tratti cosmico, e il tutto sublima in un elisir stupendo e memorabile, un veleno nero che accende le fantasie della mente e tinge di foschi presagi la normalità.
Swamp Thing è quindi il fumetto per eccellenza in cui l’horror si mischia al genere epico, regalando la saga di un uomo, che non combatte solo contro i mostri ma combatte anche per conoscere se stesso.
La saga “on the road”(ma forse sarebbe meglio dire “on the roots”) American Gothic è, senza dubbio, quella che più di ogni altra esalta questi richiami ad un genere misto e inedito e, meritatamente, è tra le saghe più conosciute e ammirate del mondo dei comics.
Le strada che Swamp Thing percorre, nella sua personale odissea alla ricerca di un sé antico e remoto, si incrocia con storie prevalentemente horror e dal gusto decisamente americano.
Il talento nella scrittura di Moore, in effetti, è quello di adattare l’orrore alle atmosfere americane: le storie dell’orrore europee, se analizzate, hanno elementi predominanti, che giocano soprattutto sulla storia remota e atmosfere romantiche.
Nella saga di Moore l’horror viene adattato alle atmosfere delle colonie e gioca su altri fattori, cosa che, effettivamente, verrà ripresa anche da autori successivi, primo tra tutti Neil Gaiman in The Sandman.
L’orrore americano di Moore si fonda quindi sulla revisione di alcuni temi già affrontati in passato che così sono aggiornati ai tempi moderni.
Le ambientazioni sono le cittadine americane, conosciute ormai anche da noi grazie agli innumerevoli film e telefilm che vi sono ambientati, oppure le fosche paludi o, ancora, antiche dimore coloniali ormai abbandonate.
Il lupo mannaro non è più la bestia del mito europeo ma diventa qualcosa di più antico, il richiamo di una natura selvaggia e feroce che grida vendetta per le ingiustizie subite.
Il vampirismo viene affrontato come una lotta per la sopravvivenza tra due razze che sfocia nell’olocausto dovuto alla nascita di un nuovo e potente essere, spinto solo dai suoi istinti bestiali.
Nonostante i mostri soprannaturali siano i più potenti e temibili però, sono l’alienazione umana, la freddezza e la distanza dal Verde, la mostruosità che viene alimentata dal profitto i mostri più temibili e potenti.
Effettivamente, leggendo il fumetto, non sono tanto le storie dove Swamp Thing se la vede con i mostri le più toccanti ma, al contrario, sono quelle in cui i mostri sono gli umani, come il terribile numero sull’avvelenamento da radiazioni o, ancora, come il numero in cui i frutti di Swamp Thing rivelano la vera natura delle persone.
Come già detto però, è la ricerca della propria essenza della cosa della palude che rende unico il fumetto: l’horror si tinge dell’oro delle saghe bibliche e, fino al grande finale di American Gothic, passerà in secondo piano, pur essendo sempre presente e avvolgendo l’intera storia.
La saga di Swamp Thing è, in definitiva, quella che probabilmente è la più importante e maestosa nel mondo dei comics horror, una saga che nelle tematiche, nello stile e nell’epicità, fonda un vero e proprio genere di cui fumetti come The Sandman o Hellblazer sono eterni debitori.

Se l’epico orrore raggiunto in Swamp Thing è uno dei picchi più alti del fumetto, non da meno è la saga di Hellboy.
Hellboy è un fumetto semplicemente perfetto: le atmosfere orrorifiche, il tratto di Mignola, prima, e di Fegredo, successivamente, la comicità e la leggerezza che pervadono molte delle storie, l’aria da B-Movie che si respirano, si amalgano perfettamente, creando uno dei fumetti più apprezzati al giorno d’oggi.
L’originalità delle storie, combinate ad un clima scanzonato e da momenti epici, ricordano quei film horror di cui si poteva tranquillamente ridere ma che, al tempo stesso, regalavano ore di divertimento e suggestioni: Hellboy ricorda da vicino sia film come L’Armata delle Tenebre, sia racconti più classici ispirati a Poe e a Lovecraft.
Hellboy è uno di quei fumetti che diventano droghe, che si vorrebbero leggere all’infinito e che fanno in modo che il lettore si affezioni al personaggio partecipando emotivamente alle sue vicende.
I racconti folkloristici si mescolano a orrori moderni (quali quelli lovecraftiani) e a leggende arturiane, creando un mix che risulta sempre inedito e sempre estremamente godibile e appagante.
Anche in Hellboy, come in The Swamp Thing, è presente la tematica della ricerca delle origini dell’eroe.
Effettivamente i protagonisti di entrambe le opere sono “mostri” che, a modo loro, cercano di vivere da umani.
Swamp Thing, innamorandosi di Abigail, cerca di vivere con lei una vita “normale” ma, mano a mano che conosce i suoi limiti (praticamente inesistenti), si allontana allo stesso tempo da quella vita coniugale che, in fondo, è aliena alla sua natura.
Hellboy, al contrario, pur essendo la bestia dell’apocalisse, risolve, nella maggior parte dei casi, i suoi problemi esistenziali prendendo a schiaffi qualche mostro.
Se in Hellboy si affronta un tipo di horror più classico e tendente alle tradizioni popolari antiche, in B.P.R.D. l’orrore affrontato è quello più moderno, alieno e meno romantico di stampo lovecraftiano.
B.P.R.D. riprende le storie dei personaggi di Hellboy che, una volta lasciati soli dal loro amico rosso, cercano di mandare avanti il dipartimento, affrontando le più mostruose invasioni.
In questo caso, pur essendo sempre Mignola a scrivere i testi, viene abbandonato lo stile delle scazzottate tra mostri, per un approccio a tratti più serioso.
Hellboy e il suo universo narrativo sono una pietra miliare nella letteratura horror, un gioiello che rifulge di luce propria e che nulla ha da invidiare alle storie che hanno dato dignità al genere.

Infine è giusto parlare di orrore nostrano e per farlo non possiamo che ricorrere al leggendario Dylan Dog nato dal genio di Tiziano Sclavi.
Parlare di Dylan Dog non è semplice essendo probabilmente il fumetto italiano più conosciuto assieme a Tex.
Le atmosfere malinconiche, il romanticismo del protagonista, l’umorismo(e la presenza) di Groucho, lo svolgersi delle storie sono tali che, a volte si ha la sensazione di vivere in una storia dai decisi tratti onirici, in cui l’orrore irrompe in tutta la sua violenza.
I toni a volte splatter di Dylan Dog, l’uso di nudi femminili, le atmosfere a volte decisamente più nostrane, sono tutti elementi che rendono questo fumetto unico e prezioso.
Come la maggior parte dei fumetti Bonelli, anche Dylan Dog ha una struttura in cui i volumi sono auto conclusivi, come se si trattasse dei racconti brevi che hanno dato tanto alla letteratura horror .
La poesia di Sclavi è precisa, puntuale e perfetta e riesce a catturare il lettore che, incantato dalle atmosfere macabre e romantiche non può che immedesimarsi in Dylan Dog e, come lui, innamorarsi delle ragazze “problematiche” che incontra.
Dylan Dog è insomma un fumetto che riscrive, a modo suo, le regole dell’horror declinandolo in uno stile tutto nostro.

Come si è visto nei fumetti il genere horror è vivo più che mai il che è, effettivamente, un controsenso visto lo stato comatoso in cui versa il genere in altri media.
Fare un salto in libreria nel settore horror è svilente: gli scaffali sono letteralmente invasi da Twilight e cloni e per il lettore amante del genere è quanto meno avvilente.
Anche nel cinema la situazione non è da meno ed è decisamente scoraggiante, sembra quasi che l’originalità sia finita e dopo il filone giapponese, che fortunatamente si è esaurito anni fa, si sono susseguiti solo film capaci di spaventare ma incapaci di suggestionare e lasciare nello spettatore impressioni e fantasie.
Eppure, come dimostrano i fumetti, il genere horror è capace di legarsi e fondersi con altri generi che possono andare dal comico all’erotico, dalla fantascienza al fantasy.
Il fumetto quindi si dimostra l’unico vero mezzo capace al giorno d’oggi di portare avanti una gloriosa tradizione, e di infondere il seme della paura nel cuore dello spettatore.