La Fucina del Fantastico: Capitolo I

Metrocity

Metrocity: la più grande città della costa est degli Stati Uniti d’America. All’alba del 21° secolo chi sarebbe giunto a Metrocity via aereo avrebbe visto un ammasso di pinnacoli di cristallo rilucenti e magnifici alla luce del sole, simbolo della potenza economica e tecnologica dell’occidente. Resa viva e pulsante da 8 milioni di cittadini, Metrocity era la città del futuro, avveniristica, caotica: la città che non dorme mai, la città dalle enormi strade affollate, dei grattacieli di cui non riesci a vedere la fine, dei vicoli bui e dei tombini fumosi.

Il polo culturale per artisti, geni, e uomini di spicco di ogni tipo. Ma ciò che rendeva Metrocity così speciale e che la distingueva da qualsiasi altra città del mondo erano i suoi abitanti così fuori dal comune: i super eroi.

Gli uomini del mistero erano sbucati sul finire degli anni ’30 e da allora era stata una rivoluzione di costumi e storia. Vi erano stati dapprima gli avventurieri in maschera: semplici uomini un po’ pazzi che indossavano cappucci e travestimenti, dotati soltanto del loro fisico e della loro mente superiori, e che uscivano in strada alle 2 del mattino per combattere il crimine.

Ma poi era successo qualcosa di diverso: erano entrati in scena i superuomini. Non semplici uomini allenati che combattevano i rapinatori a suon di ganci destri ma vere e proprie divinità scese in terra. Uomini volanti, uomini super forti e super intelligenti, avevano cominciato a sorvolare i cieli della città e a portare scompiglio e meraviglia tra i cittadini. Anche il crimine s’era adeguato, in un certo senso, diventando anch’esso “pittoresco”. E così nacquero i primi super cattivi.

Questa era stata la così detta “Prima Ondata”. La Seconda Guerra Mondiale aveva però visto la scomparsa della vecchia guardia. I supereroi erano pur sempre uomini e come tutti invecchiarono, appendendo il mantello al chiodo.

Ma non era finita lì: il mondo vide comparire sul finire degli anni ’70 la “Seconda Ondata” di super eroi. Questo periodo venne anche definito “età d’argento” del super eroismo.

Nuovi personaggi, nuovi costumi, nuovi poteri. Gli eroi si fecero portabandiera dell’American Way of Life, alla continua ricerca di spie sovietiche, sabotatori e criminali di ogni tipo. Era l’era dell’ottimismo, della ricerca scientifica e delle prime conquiste spaziali. Il genere umano non era mai stato così fiducioso verso il futuro. La tecnologia fece passi da gigante, grazie anche ad “incidenti di percorso”. Gli eroi per più di una volta ebbero a che fare con minacce non proprio “terrestri”, e portarono a casa qualche souvenir.

Ma la “Seconda Ondata” venne ricordata anche e soprattutto come l’era del più grande eroe di tutti: Savior. Ora sì che lui aveva tutto: superpoteri ogni oltre immaginazione, ma anche gentilezza e bontà d’animo. Quel gran mascellone tipicamente americano e la enorme S stampata sul petto lo resero una vera e propria icona popolare.

Ma tutte le cose belle, si sa, sono destinate a concludersi.

L’era di Savior si concluse sul finire degli anni’80, ed anche la seconda generazione di eroi presto scomparve nell’anonimato.

L’alba del 21° secolo aveva visto gli eroi mitizzati come icone e leggende, al pari di star del cinema o della musica. C’erano fumetti ispirati ai veri eroi che narravano delle loro gesta e dei nemici pittoreschi, film, videogiochi e programmi televisivi di ogni tipo.

L’uomo lascia sempre qualcosa di sé quando va via, nel bene e nel male. E così, anche il Superuomo era destinato a lasciare un’ eredità. I cittadini di Metrocity lo sentivano nell’aria. Era una tempesta che stava arrivando, una sorta di elettricità statica che presagiva qualcosa di grosso. Quella eredità mitica stava per essere raccolta da un gruppo di… schiappette, in pratica, ma che avrebbero dato il massimo per proteggere il pianeta Terra e che presto si sarebbero uniti formando la… LEGIONE DELLE LEGIONI.

TA TA TA TAAAAAA.

L’APPARTAMENTO DI TONY PAGAN, METROCITY:

Tony osservò con sconforto l’aria del tutto assente di Laurelina, la ragazzina a cui dava ripetizioni di matematica per pagare il pigione dell’appartamento. Non che facesse solo quello, intendiamoci, ma Laurelina era una sfida che si dimostrava ogni giorno sempre più ardua. Se c’era qualcosa che riusciva a sorprendere Tony era la totale mancanza di dialogo che c’era tra allieva e maestro.

Tony scrocchiò con violenza le ossa del collo (era affetto da molteplici tic) e per l’ennesima volta sbatté la penna sul foglio di carta:

< Allora Laurelina, bla bla bla roba inutile e noiosa di matematica di cui il narratore non sa nulla perché studia giurisprudenza bla bla bla riportare il 2 qui mettere un 3 lì bla bla bla … >, Tony cercava di spiegare in modo più chiaro e lineare possibile.

< Ti prego! >, ad un certo punto si inginocchiò persino, congiungendo le mani ,<dimmi che hai capito, questa volta!>

Nell’appartamento sgangherato di Tony, da tipico studentello universitario, non si sentiva volare una mosca. Il silenzio era interrotto dalla voce strozzata del ragazzo e da quella sempre insicura della povera Laurelina. Ogni tanto la vecchia radio abbandonata sul lavabo della cucina gracchiava ad intervalli irregolari.

< Uuuuuuuuh. Ma sì, ma sì… >, bofonchiò Laurelina, ma entrambi sapevano l’amara verità: una sporca menzogna. La bambinetta, con le sue treccine bionde e i vestitini da fashion victim con il marchio di Hello Kitty piazzato dappertutto era ancora lì, seduta alla tavola della cucina dell’appartamento di Tony, con gli occhi vacui e la boccuccia appena aperta. Non aveva capito proprio niente! Probabilmente in quell’istante nella testolina di Laurelina c’era una scimmia meccanica intenta a suonare i piatti di una batteria.

Ma proprio in quell’istante qualcosa scosse la calma piatta dell’appartamento e la radio cominciò a gracchiare:

< ATTENZIONE! ATTENZIONE! A TUTTE LE AUTORITA’ PRESENTI IN ZONA, CONVERGERE VERSO GARDNER FOX STREET ALL’INCROCIO CON LA NONA. RAPINA DA ARMA DA FUOCO PRESSO LA MILLAR BANK! PRESENZA DI OSTAGGI, BISOGNO DI SOCCORSO IMMEDIATO.>

Tony ascoltò con attenzione le parole dell’agente di polizia.

Già. Quella radio captava le frequenze della polizia. Zan zan!

La Millar Bank era una delle più importanti e prestigiose della città. Questo era un lavoro per…

< Ehm, Laurelina, l’ora di ripetizioni è finita. Ci vediamo domani, va beeeeene? Scusami, devo scendere per andare a comprare il latte. Eh eh eh. > Tony era proprio una sega a recitare. Ma ehi, era un cacchio di studente di ingegneria informatica, non un attore.

< I miei genitori non ti pagano per andare a comprare il latte e per mandarmi a casa prima.>, obiettò Laurelina.

I TUOI GENITORI NON MI PAGANO AFFATTO, STRONZETTA!, Tony avrebbe voluto risponderle così, ma questo flash, quest’immagine istantanea, per fortuna restò solo nella sua testa ed il povero ragazzo si ridusse a sorridere timidamente.

Sbarazzatosi della ragazzina in fretta e furia Tony era rimasto da solo nell’appartamento. Con un’aria risoluta che lo faceva sembrare tanto il cugino scemo di Clint Eastwood si diresse in camera sua (piena zeppa di poster e fumetti di Dylan Dog). Sotto il letto c’era una borsa da palestra con dentro contenente…

il suo costume da supereroe.


Proprio così. Tony, giovane studente di ingegneria informatica, era in segreto un supereroe. Tutti lo chiamavano Città Vivente. Non che gli facesse impazzire il nome affibbiatogli dai giornali, ma era comunque abbastanza figo, no?

Il costume glielo aveva cucito Lella. Amava quella ragazza. La trama di linee rosse intrecciate fra loro faceva pensare ad una sorta di circuito elettrico.

Una volta indossato il costume si diresse alla finestra e si lasciò cadere di sotto facendo un volo di cinque piani. Sentì i clacson dei taxi spaccargli i timpani e le luci della città al tramonto gli folgorarono gli occhi. Poi scomparve in un lampo di elettricità, ed una lunga scia di energia cominciò a rimbalzare da un lampione della luce all’altro, come una sorta di fuoco d’artificio che strisciava nell’aria, un serpente di fuoco.

Tecnologia vivente. Ecco cos’era Tony. Era interfacciato con qualsiasi strumento tecnologico della città, 24 ore su 24. Ogni secondo della sua vita riusciva a sentire gli apparecchi elettrici pulsare, e Metrocity respirare. Certo, i primi tempi aveva rischiato di diventare completamente pazzo, ma poi aveva imparato. Aveva il pieno controllo dei televisori, dei computer e degli elettrodomestici (non si sa mai quando sei nel letto, hai voglia di un toast e te lo fai portare a comando dal tostapane che ha appena preso vita).

E così, divenuto pura elettricità e viaggiando da un lampione della città all’altro raggiunse in poco tempo la banca, molto prima delle volanti della polizia. Ancora sotto forma di una sfera di energia e racchiuso dentro il lampione di fronte all’edificio Tony estese i suoi sensi alle telecamere della banca, ed osservò con quegli occhi meccanici i rapinatori. Agitavano mitra e sbraitavano ordini. Era proprio il genere di lavoro che avrebbe sistemato prima di cena.

Si tramutò in un’onda sonora, e venne trasportato dentro la banca grazie alle parole di un poliziotto trasmesse col megafono. Il poveretto cercava inutilmente di calmare i balordi. Una volta dentro divenne Wi-Fi e si intrufolò in uno dei  tanti computer che usavano i dipendenti. Tony scrutò come un cacciatore i tre rapinatori.

< Signori. >, esordì con voce metallica e del tutto irriconoscibile. Amava dire “signori”. < Qui è Città Vivente che parla, il guardiano di Metrocity. Se deporrete le armi, e vi consegnerete alle autorità di vostra spontanea volontà, prometto che non vi farò tanto male. >

Ammettetelo. Se all’improvviso un’entità invisibile avesse cominciato a parlare così, dal nulla, con una voce che avrebbe fatto venire il cagotto anche a Dario Argento, sareste rimasti impressionati anche voi.

< Non ci fai paura, deficiente in calzamagliaaaaaa! Uaaaargh! Uuuh! Ma che staje guaddanno?! >, i rapinatori cominciarono ad esprimersi in un idioma incomprensibile. Forse erano ispanici. Tony emise un sospiro di sconforto, fatto di pixel.

< Ma che cazzo?! ‘Sto coso s’è ingrippato? >, bofonchiò uno dei rapinatori. Tutti i fucili, infatti, sembravano essersi stranamente inceppati, come se la sicura non volesse sbloccarsi in nessun modo.

<Cosa diavolo hai combinato ai nostri fucili, Città Vivente?!>, sbraitò uno dei rapinatori. Tenendosi il fucile ben stretto alla tracolla, l’energumeno afferrò per i capelli un povero ostaggio (che si scoprì indossare un parrucchino, quindi il rapinatore fu costretto a tenerlo per il bavero della giacca). Gli puntò una pistola alla tempia, guardandosi intorno alla ricerca del super eroe invisibile.

<Stammi a sentire, grand’uomo! Se non esci fuori subito, farò fuori questo belli capelli! Mi hai sentito?! Lo uccido, ho detto.>

<Provaci.>,rispose la voce metallica di Città Vivente.

Una calma spettrale calò all’interno della Millar Bank. Nessuno osava aprir bocca, e l’unico rumore che si sentiva erano le sirene all’esterno dell’edificio.

Il suono del grilletto della pistola risuonò come un’esplosione, ma… l’ostaggio era ancora lì, vivo e vegeto. Niente sangue, niente cranio spappolato e nessun proiettile sparato.

< Magnetismo. I vostri fucili. Un punto per me. >

Gli ostaggi furono allora spettatori di uno spettacolo piuttosto strano. I tre rapinatori cominciarono a… prendersi a mazzate tra di loro usando i fucili, ma senza sparare un colpo. Ma più che utilizzare i fucili come armi contundenti, sembrava più che altro che i fucili stessero usando loro, come se avessero avuto vita propria.

Man mano che i rapinatori si accanivano l’uno contro l’altro una figura dapprima indefinita prese forma, ed apparve Città Vivente, con il suo costume rosso e blu.

Poco dopo gli artificieri della polizia di Metrocity irruppero nella banca ma Città Vivente era già lontano, disperso nell’etere di cellulari, televisori ed impulsi elettromagnetici, come uno spettro fatto di byte.

Alla sera, Tony guardò un programma di dibattiti politici con sconforto.

< E’-una-cosa- indecorosaaaaa. > sbraitava il conduttore di Door to Door, scandendo ogni parola e sputacchiando sulla telecamera. < questi nuovi supereroi che stanno sbucando fuori nell’ultimo periodo sono di chiave ispirazione fascista. Non sono come la vecchia guardia, né come Savior. Sono dei ragazzini drogati, tossici ed alcolizzati. E se l’incidente alla banca oggi pomeriggio, che ha visto protagonista il vigilante denominato “Città Vivente”, si fosse risolto in tragedia? Chi ci dice che possiamo fidarci di questo nuovi “eroi”? >

< Ma vaffanculo va, ‘sto trippone. >, Tony non volle nemmeno guardare il resto del programma. Spense la tv, e andò a letto.

Sapeva che quel che faceva comportava miseria, dolore ed in alcuni casi la morte. Ma aveva fatto una promessa, tempo prima. E l’avrebbe mantenuta fino a che si sarebbe retto sulle ginocchia: mettere i suoi poteri al servizio delle persone. Non avrebbe smesso.

Non finché la notte non sarebbe finita.

Epilogo:

Dall’altra parte della città, quando il sole era infine tramontato, presso la sede della Talon INCORPORATED, il più influente uomo d’affari di Metrocity stava osservando le ultime news. Un suo galoppino gli porse il brandy della sera.

< Il piano alla banca non è proceduto secondo i piani, signore. >, disse con aria servile il galoppino.

L’uomo, nascosto nell’ombra fece un rapido cenno del capo.

< Invece è andato tutto secondo i piani. Va tutto alla grande. >