Testi: Sam Kieth
Disegni: Sam Kieth
Formato: Libro cartonato, 104 pp., a colori, 13,95 euro.
Pubblicazione Italiana: Planeta De Agostini
Edizione OriginaleArkham Asylum: Madness (2010)

 

Vi sembrerà strana, a guardarla da fuori. Sembra piccola, quasi incantata. Una casetta lontana, sulla collina.

Il mattino la illumina da poco, e man mano che la vostra automobile si avvicina al cancello d’ingresso quella prima impressione scompare velocemente. Ora sembra una cupa e anacronistica ombra persa in un campo di grano.

Coraggio. Avvicinatevi. L’apparenza inganna, non trovate?

Guardate gli sguardi degli infermieri. Possono dirvi tutto, già dalle prime pagine.
Paura. Timore. Ribrezzo e rassegnazione.

 

06:00 Inizia la giornata.

E’ tutto qui, Madness. Una giornata dentro all’Arkham Asylum, a far compagnia agli infermieri, ai medici, agli inservienti e a loro… ai pazienti.

Niente di più.

Potrebbe, in effetti, essere addirittura una giornata come le altre, per tutti loro.
All’orrore ci si abitua.

E invece no. Sam Kieth gioca proprio sul concetto di base della storia la sua idea. E se il lettore guardasse al manicomio con degli occhi simili ai suoi? Gli occhi di qualcuno che non ci si è ancora abituato, a quell’orrore. Gli occhi di qualcuno che ha ancora qualcosa a cui tenere (e da perdere).

Sabine è una donna forte, una madre e una moglie amorevole.

Intimo e discreto nella caratterizzazione dei personaggi, Kieth tira fuori dal cilindro delle idee interessanti (come la passione per il collezionismo del Joker) e delle tematiche profonde, innate nell’animo umano.

Tutto l’orrore del buio che sparisce, almeno per un momento, al pensiero della propria famiglia, del proprio bambino e dei pochi momenti di gioia che una donna può concedersi in una giornata incubo.

Eppure non c’è vittoria nella metafora della vita fornitaci dall’autore. Non c’è liberazione, solo momentanee concessioni di pace.

Quando sono pochi, ognuno impara ad amarli di più, i piccoli momenti.

Certo, voi che siete estranei alla routine non noterete i particolari. Lo sgabuzzino delle scope, il gocciolio dalle tubature, il ticchettio dell’orologio che rallenta.

Noterete però del sangue che cola, da quell’orologio. E la vostra tensione salirà, senza che riusciate a rendervi conto del perché.

Ci sa fare Kieth. E’ innegabile. Scrive ed illustra in maniera quasi maniacale, mettendo giù tutto quello che la sua fantasia gli suggerisca e confermando un’originalità piuttosto rara in un media che tende ad omologare, alle volte, soprattutto alle corti delle grandi case editrici.

Bisogna ammettere però che i livelli del grande capolavoro Batmaniano di Kieth, Secretsnon sono eguagliati. Non si raggiungono quei picchi di pathos, né ci si avvicina all’elevatezza qualitativa di quei dialoghi, eppure Madness si presenta come un progetto sincero e allo stesso tempo molto studiato, frutto di infinite rielaborazioni dell’autore stesso.

Non un lavoro tirato via velocemente, dunque. Ma la continuazione di un esperimento che Kieth porta avanti da un po’ di tempo, sin dai tempi di Secrets, cercando di estenderlo, evolverlo ed ammettendo di aver avuto dei momenti di stress dovuti proprio alla scrittura e alla realizzazione grafica di questa storia.

Consegnandolo alle stampe Sam si è promesso che a Gotham, e ad Arkham, non ci tornerà per un po’.

A differenza di Sabine, una vacanza dall’orrore possiamo concedercela tutti.