Soggetto e sceneggiatura: Giuseppe De Nardo
Disegni: Daniele Bigliardo

Un demonio, un anticristo appena nato ed un’imminente apocalisse. Sono questi gli ingredienti essenziali dallo scrittore Giuseppe De Nardo utilizzati per dar vita ad nuovo capitolo dell’ormai ventennale lotta del caro Dylan Dog contro lo spaventoso mondo degli incubi; un capitolo speciale, poiché sviluppato secondo una formula certamente poco diffusa in casa Bonelli, ma non per questo legittimato, una volta letto, a godere di un tale privilegio.
Abbiamo così un demonio, un anticristo ed un’imminente apocalisse come nuova minaccia da affrontare; una triade che certo non brilla per originalità. Un tema infatti usato ed abusato che, nel passato decennio, con il XXI secolo alle porte, era possibile ritrovare ad ogni angolo di strada, pronto ad infarcire film, romanzi e fumetti.
Un’idea di fondo poco originale quindi, appesantita peraltro da un ulteriore richiamo ad altri mondi già ampiamente sfruttati, fino a creare un vortice di piattezza creativa che poco soddisfa ed alletta.
Non che, bisogna precisare, La via degli enigmi e L’erede oscuro siano scrigni di una storia mal scritta, noiosa o monca di qualità. De Nardo riesce tranquillamente a sviluppare una trama in grado di essere seguita con facilità e, volendo, anche interesse. Una vicenda gestita in modo tale da ben aderire al diverso e ben più ampio numero di pagine.
Il problema risiede semmai nell’assenza di un’ idea quantomeno fresca,  capace cioè di accompagnare il lettore senza costringerlo a ricercare automaticamente nella memoria ricordi di passati (ma simili) copioni già gustati o comunque conosciuti.
E così, mentre si segue il nostro Dylan, affiancato per l’occasione dal prof. Bill Porter, già apparso ne I quattro elementi, Dylan Dog #197, attraverso quell’ampia caccia al tesoro che si sviluppa tra un albo e l’altro, i richiami ad un “Codice Da Vinci” possono tranquillamente appesantire l’interesse di chi legge, di certo non aiutato da una serie di enigmi e trovate a dir poco semplicistiche e, anche stavolta, abusate. Il tutto posto poi al servizio della cerca di una lancia di Irminsul, un mistico manufatto ligneo il cui potere sembrerebbe essere l’unica forza in grado di fermare il demone Atamaru, questa infernale creatura tanto desiderosa di liberarsi da una prigionia che dura ormai da secoli.
Senza guizzi, dunque, la trama di De Nardo, in ogni caso coadiuvata dagli ottimi disegni di Daniele Bigliardo, procede con relativa celerità, enigma dopo enigma, sciorinando, per colui vuole semplicemente evadere per un’oretta dal mondo reale, la giusta dose di sinceramente godibile intrattenimento.

A fronte di una prima parte, La via degli enigmi, di gran lunga migliore, dal ritmo serrato e dalle atmosfere che ben riescono a trasmettere il sentore di una tremenda minaccia che incombe, il seguito, L’erede oscuro, si perde invece nella sua sfilata di indovinelli, alcuni dei quali non immuni dal pericolo di essere visti come semplici riempitivi.
Ma, a non convincere (o meglio, a non convincermi) è soprattutto la caratterizzazione che lo scrittore fa del nostro amato Indagatore dell’Incubo.
L’uomo che si appresta ad osteggiare il ritorno sulla terra del demone Atamaru, lottando contro le sue fameliche schiere di fedeli guidate dall’enigmatico Costantin Almanegra, è un Dylan poco usuale, ritratto come un eroe senza macchia e senza paura, in grado di sbaragliare gli avversari puntando loro contro solo una lancia dai magici poteri. Non è, quindi, il solito Dylan invaso da dubbi ed incertezze, soprattutto dinnanzi ad un mondo paranormale che paradossalmente, lo si concede, ha sempre mostrato un sano e confuso scetticismo.
Il Dylan di questi due mesi è un detective che accetta senza fiatare anche l’impensabile, sempre mostrandosi pronto a superare ogni inghippo, da quello fisico a quello mentale, senza colpo ferire.
Certo, come naturale che sia, e come già accennato, non mancano in queste duecento pagine scarse di fumetto momenti più che gradevoli, trovate apprezzabili e battute divertenti, ma, probabilmente, l’onore di veder affidato lo speciale pacchetto del doppio numero, in un universo di storie mensili auto-conclusive, giustificava, credo, una maggiore aspettativa.