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I racconti e i fumetti di Arkin

Aperto da Arkin Torsen, 31 Dicembre 2021, 14:24:05

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Arkin Torsen



Con gioia e soddisfazione posso scrivere che è disponibile su Amazon la mia prima raccolta di racconti. Si tratta di un'antologia di storie, cinque scritte dal mio amico Emanuele, cinque scritte da me e una scritta insieme.
Ema e io ci conosciamo dal primo anno di scuole superiori, siamo presto diventati amici e ancora oggi, a tanti anni di distanza, ci vogliamo mettere in gioco insieme.
Ema ha accolto con entusiasmo la mia proposta di pubblicare un libro con i nostri racconti e così è nato "In due".
La bella foto che abbiamo scelto per la copertina è di Carlo Dotto, fotografo professionista.
La miglior vendetta è vivere bene, e stronzate del genere (John Constantine)
Il mio saggio su Batman pubblicato da Oblò è disponibile qui: https://www.obloaps.it/prodotto/il-batman-sanguinario-e-spensierato/
Il mio primo fumetto è contenuto qui: https://www.latitudine42.eu/it/in-your-face-comix/4942-zaza-magazine-n-4-la-rivista-in-your-face-comix-zaza-9788897571827.html


Arkin Torsen

Ho partecipato a Parole Narranti, il concorso letterario di Lettere Leggere e l'ho vinto.
Qui è possibile leggere gratis il mio racconto:

https://www.lettereleggere.com/blog/hasta-la-cruz
La miglior vendetta è vivere bene, e stronzate del genere (John Constantine)
Il mio saggio su Batman pubblicato da Oblò è disponibile qui: https://www.obloaps.it/prodotto/il-batman-sanguinario-e-spensierato/
Il mio primo fumetto è contenuto qui: https://www.latitudine42.eu/it/in-your-face-comix/4942-zaza-magazine-n-4-la-rivista-in-your-face-comix-zaza-9788897571827.html


Heimdall

Molto molto bello Arkin !
Asciutto, ficcante, privo di orpelli ma molto "immaginifico".
Complimenti  :clap:


Non è una brutta cosa rendersi conto che non si hanno tutte le risposte. Poi cominci a fare le domande giuste....

Arkin Torsen

Citazione di: Heimdall il 15 Giugno 2025, 00:24:35Molto molto bello Arkin !
Asciutto, ficcante, privo di orpelli ma molto "immaginifico".
Complimenti  :clap:
Grazie mille  :hug:
La miglior vendetta è vivere bene, e stronzate del genere (John Constantine)
Il mio saggio su Batman pubblicato da Oblò è disponibile qui: https://www.obloaps.it/prodotto/il-batman-sanguinario-e-spensierato/
Il mio primo fumetto è contenuto qui: https://www.latitudine42.eu/it/in-your-face-comix/4942-zaza-magazine-n-4-la-rivista-in-your-face-comix-zaza-9788897571827.html


Paolo Papa

Citazione di: Arkin Torsen il 14 Giugno 2025, 09:56:13Ho partecipato a Parole Narranti, il concorso letterario di Lettere Leggere e l'ho vinto.
Qui è possibile leggere gratis il mio racconto:

https://www.lettereleggere.com/blog/hasta-la-cruz


Azz, grande.
A breve leggo "in due"
vendo tanti fumetti ALAN MOORE, ATTICA, FRANK MILLER, PANINI, BAO, SALDAPRESS, MAGIC PRESS, BD, BONELLI, MONDADORI, MANGA, ETC

http://www.dcleaguers.it/forum/mercatino/(na)-vendo-grandi-saghe-planeta-nathan-never-brendon-altro/

Paolo Papa

Citazione di: Paolo Papa il 15 Giugno 2025, 08:34:19Azz, grande.
A breve leggo "in due"
Intanto ho letto questo! Bello e ben realizzato.
Bravo
vendo tanti fumetti ALAN MOORE, ATTICA, FRANK MILLER, PANINI, BAO, SALDAPRESS, MAGIC PRESS, BD, BONELLI, MONDADORI, MANGA, ETC

http://www.dcleaguers.it/forum/mercatino/(na)-vendo-grandi-saghe-planeta-nathan-never-brendon-altro/

Hugostrange70

Bravo il nostro Arkin di quartiere  :clap:  :clap:

Arkin Torsen

La miglior vendetta è vivere bene, e stronzate del genere (John Constantine)
Il mio saggio su Batman pubblicato da Oblò è disponibile qui: https://www.obloaps.it/prodotto/il-batman-sanguinario-e-spensierato/
Il mio primo fumetto è contenuto qui: https://www.latitudine42.eu/it/in-your-face-comix/4942-zaza-magazine-n-4-la-rivista-in-your-face-comix-zaza-9788897571827.html


Paolo Papa

Citazione di: Arkin Torsen il 26 Maggio 2025, 19:10:02



Quelle di Vascon sono storie che vanno come devono andare, ineluttabili, senza sorprese ma la mancanza di sorpresa è essa stessa la sorpresa. Meglio dire che se le cose possono andare male, ci andranno sicuramente. Lo stile è asciutto, diretto. Una storia mi ha toccato particolarmente ma non dirò quale.
Federico mi sembra tendere al postmoderno, dialoga con il lettore (Sclavi?), rimescola nel pop e nelle antiche storie, con uno stile altrettanto asciutto.
"Sailor guida con me" rivisita (?) la sua storia con Stradiotto (o viceversa), "Ben" riempie un buco e approfondisce uno stato d'animo che l'industria di star wars ritiene probabilmente poco remunerativo.
Sullo stesso mood, anche "illusione di focalizzazione", scritta a 4 mani, accende una lucina su alcuni personaggi della Grecia antica, da una prospettiva interiore. Azzardo: direi che il concept è di Federico e il finale di Vascon.
Ingolosiscono i due racconti "western" di Federico, sicuramente un filone da approfondire.

Bravi, i racconti sono ottimi e trovo molto bello l'esperimento di due amici che si dividono un libro.
Emanuele e Federico me li immagino proprio come i due protagonisti di hasta la cruz
vendo tanti fumetti ALAN MOORE, ATTICA, FRANK MILLER, PANINI, BAO, SALDAPRESS, MAGIC PRESS, BD, BONELLI, MONDADORI, MANGA, ETC

http://www.dcleaguers.it/forum/mercatino/(na)-vendo-grandi-saghe-planeta-nathan-never-brendon-altro/

Arkin Torsen

Citazione di: Paolo Papa il 30 Luglio 2025, 00:46:47Quelle di Vascon sono storie che vanno come devono andare, ineluttabili, senza sorprese ma la mancanza di sorpresa è essa stessa la sorpresa. Meglio dire che se le cose possono andare male, ci andranno sicuramente. Lo stile è asciutto, diretto. Una storia mi ha toccato particolarmente ma non dirò quale.
Federico mi sembra tendere al postmoderno, dialoga con il lettore (Sclavi?), rimescola nel pop e nelle antiche storie, con uno stile altrettanto asciutto.
"Sailor guida con me" rivisita (?) la sua storia con Stradiotto (o viceversa), "Ben" riempie un buco e approfondisce uno stato d'animo che l'industria di star wars ritiene probabilmente poco remunerativo.
Sullo stesso mood, anche "illusione di focalizzazione", scritta a 4 mani, accende una lucina su alcuni personaggi della Grecia antica, da una prospettiva interiore. Azzardo: direi che il concept è di Federico e il finale di Vascon.
Ingolosiscono i due racconti "western" di Federico, sicuramente un filone da approfondire.

Bravi, i racconti sono ottimi e trovo molto bello l'esperimento di due amici che si dividono un libro.
Emanuele e Federico me li immagino proprio come i due protagonisti di hasta la cruz

Wow! Grazie mille!
L'impianto di Illusione di focalizzazione è tutto mio, dall'idea di partenza allo sviluppo. Ema si è concentrato sulla parte sportiva, dal funzionamento della gara al funzionamento dei muscoli.
Non avevo pensato a Sclavi, però ti ringrazio infinitamente, perché è un paragone enorme!
Grazie davvero!


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In questo ultimo mese ho lavorato a un progetto folle, che per ora tengo segreto. Ma sono riuscito a scrivere anche un racconto, un po' più lungo del solito.
Lo metto qui a puntate:



Vado a casa. - prima parte

Dai dodici ai sedici anni ebbi per amico un personaggio pittoresco, un ragazzo che parlava un po' in dialetto veneto e un po' in italiano, che bestemmiava a tutto spiano ma senza fantasia, che quando ruttava esclamava: «Questa gera ea cena de ieri sera» oppure «Questa gera ea coeassion». Ci teneva particolarmente: se non associava il rutto al cibo ingurgitato in precedenza, non poteva considerare ufficialmente completato il processo digestivo. A Paolo pesava il culo: non voleva mai camminare, prendeva prima la bici, poi il motorino, infine la moto, con il progredire dell'età, anche quando il tragitto gli richiedeva uno spostamento di due minuti a piedi. Non sto scherzando.
Paolo e io abitavamo in due strade parallele che sbucavano in un vecchio campo da calcio abbandonato. Dalla finestra della mia camera vedevo la facciata di casa sua. Un giorno ci accordammo per uno scambio di videogiochi e gli proposi di trovarci al campo, dato che per incontrarci era sufficiente percorrere metà delle rispettive vie. Rifiutò, dicendo che sarebbe venuto in motorino e che quindi mi avrebbe raggiunto direttamente a casa mia. Non ci fu modo di dissuaderlo, così mi gustai la scena prima dalla finestra, poi dall'uscio: Paolo uscì dalla porta della sua abitazione, allacciò il casco, mise in modo il suo bolide, completò la metà della strada che portava al vecchio apprezzamento abbandonato, percorse il sentiero, entrò nella mia via e sfrecciò per pochi metri fino al cancelletto che, nel frattempo, avevo aperto per aspettarlo. Mi consegnò i suoi videogiochi e io gli diedi i miei, quindi tornò indietro, per provarli subito.
Paolo era anche un tipo introverso. Non parlava molto, bestemmie a parte; era permaloso ed esplodeva facilmente. Uno scambio di battute divenne subito un cult, anche perché si ripeteva puntualmente una volta alla settimana.
Passammo la maggior parte dell'estate del nostro primo incontro a giocare a calcio. Le nostre mattinate e i nostri pomeriggi iniziavano in tre, prima che ci raggiungessero tutti gli altri ragazzini del quartiere. Quando si gioca a calcio in pochi non ci sono molte opzioni tra cui scegliere, di solito ci si accontenta di fare "Tedesca": uno sta in porta, gli altri si passano il pallone e calciano al volo con l'obiettivo di segnare ed eliminare il portiere; chi tira fuori sconta la pena tra i pali. Un passatempo semplice, più o meno ripetitivo, abbastanza divertente. Per Paolo, però, non era niente di tutto questo. Partecipava volentieri, perché sperava sempre di vincere, ma ogni volta che finiva in porta e stava per essere eliminato si arrabbiava. Inventava complotti ai suoi danni, ci accusava dei peggiori imbrogli architettati nella storia umana e regolarmente, quando la sua misura era colma, sbottava.
«Basta, vao casa!»
«Ma cossa veto fare casa?», era la nostra domanda.
«Zugare compiute!», la sua risposta.
Paolo non si limitava a minacciare, si avvicinava alla rastrelliera con passo deciso, liberava la bici dalla catena, ci balzava sopra e pedalava furibondo verso casa.
La miglior vendetta è vivere bene, e stronzate del genere (John Constantine)
Il mio saggio su Batman pubblicato da Oblò è disponibile qui: https://www.obloaps.it/prodotto/il-batman-sanguinario-e-spensierato/
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Arkin Torsen

Vado a casa - seconda parte

L'ultimo elemento del nostro scalcinato terzetto era Juan, un sudamericano più grande di un anno rispetto a Paolo e a me. Aveva gli occhietti furbetti e la battuta pronta, sembrava sempre sapere tutto, non si tirava mai indietro e se la cavava in ogni situazione. Tra noi tre era il più basso di statura ma anche il più bravo a giocare a calcio. Lo conobbi proprio nel vecchio campo abbandonato in fondo alla strada e fu amicizia a prima vista. Trovammo l'uno nell'altro il fratello che non avevamo mai avuto. Ci capivamo al volo, amavamo il calcio, leggevamo i fumetti dei supereroi e le riviste dedicate al mondo del pallone, seguivamo il wrestling, ci piaceva correre e derapare in bicicletta, scherzavamo tantissimo ma senza mancarci di rispetto. Dodici anni io, tredici lui, non era solo il mio migliore amico: nel giro di un mese divenne il mio punto di riferimento nel quartiere. Fino a quell'estate fortunata io avevo frequentato principalmente un'altra zona, quella in cui vivevano i miei nonni, mentre nella mia difficilmente uscivo dalla strada, dove giocavo a calcio per ore sfidando le auto e le rose, abbracciando mio malgrado l'asfalto ogni volta che inciampavo sulle radici degli alberi che utilizzavo come birilli per affinare la mia tecnica nel dribbling. Grazie a Juan iniziai a scoprire ogni angolo del mio quartiere, da un ponte all'altro, dalla panetteria in cui razziavamo le pizzette al patronato della chiesa più lontana, che divenne la nostra base e la nostra seconda tana.
Era un universo piccolo ma generoso, ci offriva tutto quello di cui avevamo bisogno: gli spazi per le partite di pallone, gli spiazzi per esercitarci nei virtuosismi con le bici, l'edicola con le bustine delle figurine, il super con le bibite fresche subito vicino alle casse, le panchine sotto gli alberi per discutere e il gazebo per ripararci dalla pioggia e sfidarci a briscola. Chiaramente c'era dell'altro e mancava tutto il resto. Non notavamo la criminalità né capivamo che non esistevano concrete possibilità di lavoro per gli adulti. Ma quello non era certo un nostro problema.
Juan mi aiutò a inserirmi nel gruppo dei ragazzi più grandi, mi fece conoscere il suo allenatore e i suoi compagni di squadra, mi convinse a diventare uno di loro e mi aiutò a migliorare il mio gioco, quando il mister mi affidò a lui. Juan fu molto paziente e mi permise di raggiungere un livello accettabile: mentre gli altri frequentavano già da alcuni anni quella società, io venivo dalle partitelle della scuola e dalle mie sessioni di allenamento rudimentale ripetute ogni giorno nella via, perciò dovevo crescere in tutti gli aspetti dello sport che adoravo. In tutti tranne uno, a dire il vero: sapevo già tirare bene, tiri forti e precisi, perché mi ero esercitato a lungo, sfidando le urla di mio padre che, forse giustamente, si irritava nel vedermi demolire il portone del garage.
La miglior vendetta è vivere bene, e stronzate del genere (John Constantine)
Il mio saggio su Batman pubblicato da Oblò è disponibile qui: https://www.obloaps.it/prodotto/il-batman-sanguinario-e-spensierato/
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Arkin Torsen

Vado a casa - terza parte

A Juan, Paolo e io dobbiamo anche la nostra prima avventura in città. Lui era esperto della metropoli tentacolare, prendeva l'autobus tutti i giorni per andare a scuola e a volte incontrava i suoi amici in centro. Juan propose, Paolo e io accettammo. Convincemmo i nostri genitori a lasciarci andare, utilizzando un argomento a nostro giudizio a prova di bomba: Juan avrebbe badato a noi, visto che era più grande. I suoi tredici anni come scudo e garanzia... i nostri genitori, pur con qualche perplessità, diedero il loro benestare.
La missione si doveva compiere un mercoledì mattina di metà luglio, ogni aspetto del piano fu studiato con zelo. Martedì comprammo i biglietti dell'autobus e, tra una "Tedesca" e l'altra, leggemmo con la massima attenzione il libretto degli orari che l'edicolante ci aveva regalato con un sorriso. Probabilmente lo aveva intenerito l'eccitazione con la quale ci eravamo rivolti a lui per acquistare sei semplici biglietti, due per ciascuno; sicuramente aveva capito che ci aspettava qualcosa di memorabile.
Mercoledì alle otto, ora stabilita, arrivammo alla fermata degli autobus. Cappellino con visiera, la maglietta più bella dell'armadio, jeans nonostante il caldo afoso, le immancabili scarpe da calcetto, unica calzatura giovanile permessa nel quartiere, e zainetto. Budget: dieci euro. Non a testa. In tre. Dopo pochi minuti di attesa, passò il Sei, sul quale salimmo e timbrammo i biglietti. A bordo non aprimmo bocca, da un lato per il sonno e dall'altro per la tensione. Perfino Juan, la nostra guida di solito molto ciarliera, se ne stava zitto. Forse sentiva il peso della responsabilità o forse era ancora più assonnato di noi. Il viaggio filò liscio, non c'era traffico e in venti minuti fummo a destinazione. Erano le otto e mezza e già contemplavamo la vetrina del negozio di fumetti, la meta da raggiungere, il motivo della nostra sortita in città. Ovviamente la fumetteria era ancora chiusa e avrebbe aperto soltanto sessanta interminabili giri d'orologio più tardi. Avevamo preso un po' troppo sul serio la nostra impresa.
«E adesso che facciamo?», chiese Paolo.
«Facciamo un giro e poi torniamo qua», proposi.
«No, dai, non voglio camminare» fu la sua risposta, condita da una bestemmia.
«Allora ci sediamo qui e aspettiamo», chiuse il discorso Juan.
E aspettammo per poco meno di un'ora, poiché il proprietario del negozio arrivò un po' prima dell'orario di apertura al pubblico e ci fece entrare subito. Paolo era abbastanza freddo davanti a tutto quel bendidio di fumetti, invece Juan e io non riuscivamo a trattenere la felicità di trovarci lì a sfogliare gli albi per scegliere quali sarebbero tornati a casa con noi. Visto che volevamo leggere la stessa serie, trovammo quella che ci sembrò la soluzione migliore.
«Tu compri il numero uno e io il numero due!»
«E poi ce li scambiamo?»
«Ovvio!»
Anche Paolo acquistò un fumetto, più per non essere l'unico a restare a mani vuote che per reale interesse.
Salutato il proprietario della fumetteria con la promessa di tornare presto, decidemmo di rientrare in quartiere. Ingannammo l'attesa del Sei sbranando i nostri albi: Juan lesse il numero due senza aspettare che io finissi il numero uno, poi me lo diede e io gli allungai il mio. Continuammo a leggere anche durante il viaggio di ritorno, seduti tutti e tre nei seggiolini in fondo all'autobus. Alla fine anche Paolo si immerse nei disegni e nei colori del fumetto che aveva acquistato e chiese di vedere i nostri, offrendoci il suo.
Al momento di scendere realizzammo.
«Cavolo, siamo già qua!»
«Potevamo fare un giro...»
«No no, per carità, con 'sto caldo!»
«Vabbè, tanto possiamo tornare in città quando vogliamo.»
«Dici?»
«Ma sì. Avete visto, no? Mica è difficile. Ci organizziamo e andiamo!»
«Ok. Adesso cosa facciamo?»
«Io vado a casa.»
«Zugare compiute?»
«Sta' zitto, coglione!»
«Io non ho voglia di andare già a casa...»
«Andiamo in "patro" a vedere se c'è qualcuno?»
«Sì, dai. Prima prendiamo le bici e il pallone, però.»
«Ok!»
«Mi intanto vao casa.»
«Sì, ci vediamo oggi pome?»
«Va bon!»
Non ricordo se e quando tornammo al negozio di fumetti tutti insieme, ma quella fumetteria divenne uno dei miei luoghi preferiti della città fino al giorno della sua chiusura. Juan, Paolo e io continuammo a giocare a calcio per tutta l'estate e anche nei mesi successivi. Juan e io convincemmo Paolo a entrare nella squadra della zona, così potemmo frequentarci anche quando ricominciò la scuola, a settembre.
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Arkin Torsen

Vado a casa - ultima parte

Un giorno di primavera, quasi un anno dopo la nostra avventura metropolitana, Juan annunciò che in estate sarebbe tornato a casa, quella vera, nel suo Paese. I suoi genitori, tramite amici, erano riusciti a trovare un lavoro lì ed erano pronti a riunirsi ai loro cari. Mi prese lo sconforto. Il mio migliore amico se ne stava andando. In meno di un anno eravamo diventati così uniti che avevamo creato un nostro codice espressivo, un misto di slang da bassifondi veneti, inglese, spagnolo e italiano patinato da pubblicità dei profumi. Avevamo visto Paolo abbandonarci per andare a giocare al computer, stizzito, centinaia di volte e avevamo tirato migliaia di bordate nelle porte del vecchio campo abbandonato, del campetto del prete in patronato e del terreno regolamentare del nostro club.
«Tranquillo, ci sentiamo. Poi c'è mia zia che resta qui.»
«Non parte con voi?»
«No, è contenta del suo lavoro in città, ha deciso di restare.»
«Allora la verrai a trovare!»
«Sicuro. Non so quando, ma tornerò!»
«Ma che cazzo, però...»
«Eddai, non fare così, t'ho detto che ci sentiamo!»
Ed effettivamente riuscimmo a parlarci un paio di volte. Veneto e Sudamerica collegati grazie a una scheda telefonica speciale che costava un occhio della testa. Purtroppo si sentiva malissimo e a scatti, comunicare era difficile e il credito si esauriva nel giro di otto o nove minuti. La terza volta che composi il numero di Juan volevo dirgli che ero stato ammesso al campus di allenamento per ragazzi organizzato da una squadra di Serie A. Volevo ringraziarlo, dirgli che senza la sua pazienza nell'insegnarmi i fondamentali del calcio vero non sarei mai stato scelto. Volevo sapere come stava e se aveva fatto conquiste tra le ragazze della sua scuola. Ma soprattutto volevo chiedergli quando sarebbe tornato nel quartiere che mi aveva aiutato a conoscere come le mie tasche.
«¿Hola?»
«Juan? Sono io, sono-»
Tu-tu-tuuuuu. Cadde la linea, feci vari tentativi, quello stesso giorno e nei mesi successivi, ma non ebbi modo di mettermi in contatto con Juan. Non sentii mai più la sua voce.
La miglior vendetta è vivere bene, e stronzate del genere (John Constantine)
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