BATMAN: EARTH ONE

Ago 13, 2012

Testi: Geoff Johns
Disegni: Gary Frank
Edizione USA:
Batman: Earth One HC
Edizione ITA:
futura pubblicazione RW Lion (Ottobre 2012)

– A T T E N Z I O N E   S P O I L E R –

Basta semplicemente credere che il mondo non sempre percorre delle linee predisposte per essere percorse e, se per un solo attimo, un ipotetico elemento cambia, il mondo intero si modifica con, per e in esso.
E’ una legge della fisica ben nota agli amanti della “SciFi”, è quasi una costante teorica che cresce nella comunità nerd (e non) e si sofferma sull’importanza di dover processare (o anche solo proferire) che il senso di assoluto dell’uomo è pari solo al crescendo che lo coinvolge nel proprio trauma, nella propria coscienza, ma in primis, in quella stupenda reazione a catena (si intenda come fucina di eventi) denominata VITA: effetto farfalla.
Se il butterfly effect è la presenza della storia, il cogliere dell’elemento e il cambio di rotta, la ret-con, il ritorno al futuro e la sua durevolezza, ecco che differisce da tutto il resto e, riprende, un sense of wonder immaginifico, mai inferiore all’originale e sempre ricco di nuovi spunti (la DC e i suoi Elseworld lo hanno fatto per anni, e continuano a farlo).
Sì, stiamo parlando di comic books.
Sì, ci riferiamo al fumetto mainstream supereroistico.
Sì, siamo alle porte di un grande cambiamento nel genere del supereroismo per eccellenza (no, nessuna sciocca effusione filosofica).
Batman è tornato alle origini, ma non per l’ennesima volta; nemmeno per il fatidico New 52 (o Nuovo Universo DC).
Batman sceglie di essere narrato di nuovo, su di una terra diversa ma identica in (quasi) tutto a quella in cui si muove il sempre caro Bruce Wayne, lo stesso dicasi per Alfred, i coniugi Wayne e il clamore corrotto che ruota attorno alla città della paura per antonomasia: Gotham City.
Dare il benvenuto in questa città a coloro che la visitano per la prima volta, corrisponde probabilmente a maledirli, trattarli male o augurare loro una morte lenta e dolorosa.
In giorni come questi siamo (finalmente) assaliti da audio in cui si odono frasi come “Sta arrivando una tempesta”, o anche “la resa dei conti di Gotham”, e in video siamo in grado di distinguere personaggi e figure che polverizzano le ombre per venire allo scoperto e lottare per il bene, ancora una volta.
E come sempre: “Un fuoco risorgerà”; ma la città di cui parliamo è sempre la medesima.
Che si legga il Batman dei New 52, che ci si avvicini solo ora alla trilogia batmaniana di Nolan o si sfogli un elseworld, il cuore pulsante delle avventure del pipistrello è sempre e solo la sua amata città, perché corrisponde al vero dire che Batman è l’eroe che Gotham merita, ma la frase deve essere letta anche al contrario: Gotham merita un eroe come il Cavaliere Oscuro.

Sulla base di questo possiamo letteralmente rimanere sbalorditi di come Geoff Johns abbia scelto sì, di narrare le origini della figura ammantata di nero, ma di farlo senza mai perdere il senso del volume e la fisicità di una scenografia viva e che si muove ruotando su un oscuro figlio che ha generato in una fredda notte di orrore.
Batman Terra Uno è figlio del bellissimo Superman Origini Segrete (il sodalizio tra master Geoff e l’ottimo Gary Frank è superbo) e di un progetto che strizza l’occhio alle serie Ultimates della Marvel, ma che più di altro affonda le sue radici nel già citato affresco delle storie elseworld (storie che trasportano le icone DC in altri luoghi, altri tempi, narrandone le conseguenze) e sceglie di essere l’ideale di narrazione di un Batman lanciato in un XXI° secolo da una saga cinematografica (The Dark Knight Trilogy, Christopher Nolan 2005-2012) che ha ridisegnato il panorama filmico del genere cinecomic (o almeno di quello dedicato ad un certo tipo di eroi) e che ha offerto la possibilità a molti di avvicinarsi al brand proprio grazie a questa serie di film.
E su questa serie di incipit lo scrittore basa la sua personale ascesa verso un abisso incontrollato, la discesa agli inferi che diviene il sollevarsi di un uomo, aiutato dagli eventi (Alfred letteralmente accade nella vita del giovane rampollo dei Wayne) che gli concedono la possibilità di fare fisicamente qualcosa per gli altri: Bruce sceglie di essere ciò che è destinato ad essere in qualunque universo egli nasca: Batman.
Non siamo solo testimoni di un effetto farfalla (gli eventi che cambiano minimamente generano una modifica in un multiverso di emozioni) che prende piede in un complesso di storie che si intersecano nella vita dei Wayne e in quella di altri personaggi tipici del mito del pipistrello: ecco l’infanzia tra il piccolo Bruce e i Dent (Harvey e sua sorella Jessica) e il suo sogno che si infrange in una notte (l’omicidio dei genitori sembra essere una costante non modificabile, precisa in ogni singolo luogo e tempo) e nella stessa ne giunge uno nuovo, differente ma efficace: Alfred Pennyworth.
Lo scrittore sceglie di regalare ai lettori di Batman (di sempre e ai nuovi) un ex militare con un passato di pericolose missioni, comune a quello di Thomas Wayne (veniamo a sapere che Alfred in una missione ha salvato la vita di Wayne) e Thomas stesso sceglie di assumerlo come capo della sicurezza per lui e per la famiglia: Alfred è bellissimo!
Egli infatti decide di scendere in campo per concorrere alla carica di sindaco di Gotham: ecco la politica a cui Johns spesso si lega, anche se in maniere distaccata e, sembrerebbe, superficiale; resta il fatto che il tutto, infine, torna a denotare una chiave di lettura sugli eventi e su uno dei partecipanti agli stessi, del tutto diversa, differente dall’originale ma non per questo scontata o irrilevante.
Di suo Geoff stesso sembra non voler mitigare nulla e opta per un approccio fortemente legato ai film di Nolan: in primis nella figura di un giovanissimo Lucius Fox, non così dissimile (se non per l’età) al personaggio che sul grande schermo ha le fattezze di Morgan Freeman, e lo stesso dicasi per la scelta “di stile” che avvolge la figura dell’uomo pipistrello.
Il costume che compare in Terra Uno è funzionale a ciò che Bruce sceglie di operare, è degno degli abiti cerimoniali e delle armature dei samurai (la statua di uno di essi folgora il piccolo Bruce tanto quanto il sempre vivido ricordo dei pipistrelli): è una origine che tende ad oriente quella di Geoff Johns, è una origine che Gary Frank narra nel migliore dei modi e che denota fortemente una ispirazione urbana, non da meno di altre sue opere.
E proprio nella sua suadente “urbanizzazione” prendono vita alcune delle figure più sconvolgenti della storia, personaggi come Gordon e Bullock che seguono delle linee differenti rispetto ai loro corrispettivi attuali: senza troppo infastidire gli eventi, possiamo affermare che i personaggi subiranno due delle metamorfosi più riuscite e che, se lo stesso Bruce diviene Batman anche Gordon e Bullock sono destinati a seguire dei determinati eventi cardine.
Dicasi, quasi in egual misura, la stessa ed identica cosa per la sempre affascinante Barbara Gordon: è sconcertante ed affascinante notare come il fato (inteso come energia che non conosce limiti nel tempo e nello spazio) scelga di rappresentare una potenza capace di controllare le circostanze e di portare il tutto a compimento (vedrete una ragazza che studia, seduta ad una scrivania, e gioirete per le sue azioni).
Ma se da una rappresentanza di quelle pedine che sono araldi delle forze del bene, ci si discosta per un attimo, e si sceglie di volgere lo sguardo ad avvenimenti più crudi, lividi e attuali, si scopre che il Pinguino è il lascivo arrivista che si intravedeva in storie filmiche (vedasi Batman Returns di Burton) e che Geoff riprende, in alcuni “atteggiamenti”, dall’affarista del post-No Man’s Land: questo Osvald Cobblepot è un maestro della politica, quella corrotta e nemmeno più fine a se stessa.
E’ il ritorno ad una politica fatta di inganni e scalate, è la conseguenza di uno o più eventi e che infine si rivela per ciò che è: corruzione, e basta.
E il tema del corrotto è il medesimo che Johns opera sul primo villain mascherato della storia: Birthday Boy è una summa di psicosi e follie (una sorta di Bane, con la maschera dello Spaventapasseri) che rappresenta il muro primordiale (pura forza) che l’eroe deve superare per poter continuare il proprio cammino.
Birthday Boy non è il fulcro della storia, ma solo un evento che concede a personaggi come Batman, Gordon e, più di tutti, Bullock, di arrivare a compiere ciò che per loro è stato scritto e pensato.
Lo sconvolgimento è il cardine degli eventi che accadono all’interno di Arkham (istituto abbandonato, dopo una serie di eventi traumatici avvenuti alla famiglia) e a tutto si lega il segnale della ruggine: Geoff Johns ci ha abituati a non tralasciare niente nelle sue storie, e se una giovanissima Martha dice al piccolo Bruce che ciò che resta di Arkham (oltre ai brutti ricordi) è la ruggine, la stessa sarà la traccia che porta il Cavaliere Oscuro a salvare una giovane dalle grinfie del precedente muro.
La vera percezione di una terra alternativa non arriva dai cambi operati su alcuni personaggi (Alfred, Fox, Gordon, Bullock sono a grandi linee gli stessi o si uniformeranno alle loro assi di tratteggio) ma su uno in particolare, non su ciò che rappresenta il suo ruolo, ma su ciò che la sua eredità ha generato o lasciato: la madre di Bruce, Martha Arkham!
Estremamente originale creare in un solo colpo una serie di eventi (passato, presente e futuro: ecco l’eredità di una famiglia) tramite una semplicissima parola: Arkham.
Martha è la rappresentazione dell’amore materno, è la grande colonna su cui poggia la stabilità della famiglia (se da un lato abbiamo il forte sostegno rappresentato da una economia solida dei Wayne anche con la figura di Thomas) e da cui una ulteriore fermezza parte; Martha è l’ultima degli Arkham e ad essi è sfuggita (si nota l’orrore quando parla del suo passato al piccolo Bruce o passa davanti al cadente edificio Arkham), portando con sé una mole enorme di segreti, paure, dolori.

Ma se la scrittura di master Geoff appare scorrevole e assolutamente adatta all’opera, d’altro canto si rimane piacevolmente sconvolti dalla sublime rappresentazione di questo mondo a cui noi siamo abituati da altre storie, film e cartoni e in cui Gary Frank sembra essere stilisticamente e fortemente cresciuto.
Frank in principio sceglie dei narrare il suo Batman con un occhio di riguardo per la luce: anche se avvolto nell’ombra il suo e un “figuro” (non losco) percepibile da più lati, non angolazioni, e sempre in possente movimento verso traiettorie casuali.
Il Batman di Gary Frank è un uomo fatto uomo e persona, è una spettacolarizzazione del personaggio portato su schermo da Nolan e Bale.
Il costume, la psiche che traspare dalle espressioni di Bruce, i suoi pensieri e, non ultimo, il particolare delle pupille sotto la maschera, rendono il Crociato Incappucciato di questa storia uno degli eroi più belli, non potenti, ma belli.
E’ un eroe in ascesa, un eroe che si pone a metà tra la legge (corrotta) e l’illegalità (con tanto di suoi rappresentanti vivi e palpabili) e che ispira fiducia e ammirazione in alcuni, paura in altri e fa da simbolo ad alcuni (bello, ecco la “legacy” del mito e del sogno).
Frank stesso è studioso del particolare, la sua città di Gotham è una metropoli sull’orlo di una decadenza, velata dal mito del denaro e dell’industrializzazione irrefrenabile e da una politica strisciante e latrice di sudiciume.
Ma in tutto questo, Gotham resta una città viva e sostenuta, ora ancora di più, da una cittadinanza che dice “no” e da un simbolo che sceglie di rappresentare il suo riscatto (sociale e non) e la sua anima più pura: sì, anche l’oscurità ha una parte bianca e libera.
Questa è la città che pulsa e, solo allora, vediamo perché corrisponde al vero dire che Batman è l’eroe che Gotham merita, e che la stessa frase deve essere letta anche al contrario: Gotham merita un eroe come Batman.
Perché Batman e Gotham sono la stessa cosa: inscindibili.
Benvenuti su Terra Uno!