Wolverine: Netsuke

Set 7, 2011

Testi e Disegni: George Pratt.
Edizione Originale: Wolverine: Netsuke Mini di 4 numeri.
Edizione Italiana: Wolverine: Netsuke Volume Unico.

Bianchi Artigli della Tigre!

Il citazionismo è una fonte inestimabile all’interno di un progetto di narrazione.
Consente all’autore di portare elementi che ha sempre amato in un contesto che vuole generare o ampliare.
La notizia diviene chiara e l’attesa termina nel periodo in cui il suddetto progetto viene portato alla luce/rivelato e “distribuito” a coloro che lo hanno richiesto.
Il fumetto (americano, francese, italiano, giapponese o via dicendo) è arte, anzi, ARTE.
Un’arte capace di mostrare tutte le sfumature dell’animo umano, del “divino” e non; capace di appassionare e di far insorgere, di arrabbiare e di consolare.
ARTE, e poi basta.
Ma tra le tante arti che noi possiamo comprendere, apprezzare, poche volte riusciamo a cogliere l’essenza della pittura (gli olii, gli acrilici o le tecniche miste) in un fumetto, soprattutto se di supereroi.
Quando ciò accade ci abituiamo a vedere l’iconicità degli eroi di carta sotto luci completamente nuove: molti autori negli anni ci hanno donato il perfetto connubio tra il lavoro di Leonardo, Michelangelo e Giotto e la “vocazione” di Miller, Morrison, Moore e Bendis.
Alex Ross riesce a far esplodere con le valenze dei suoi capolavori il decostruttivismo della visione classica del superuomo: il suo Superman, il suo Batman raggiungono livelli di realismo impressionabile e la ricercatezza della sua pittura è iconoclastica, plastica e cinetica.
Il reale equilibrio tra figura e sfondo, tra luci e diagonali pittoriche, arricchisce la compensazione storica e il livello di drammaticità ad opere che segnano la decadenza dei secoli (Kingdom Come) o la resurrezione dell’età dorata (Project Superpowers o The Human Torch) e definendo la contemplazione del magnifico, il sense of wonder.
Gabriele Dell’Otto “graffia” i suoi lavori e definisce la spirale reale della violenza e del sudiciume umano, senza tralasciare il connubio traunderground e ricerca del movimento.
Le traiettorie delle sue pitture tendono a raccogliere una versatile scenicità dal centro, verso gli esterni, superando il potere della gravità e antecedendo alle regole dell’illustrazione: tramutare le “finestre” in pittura non è da tutti.
Altri hanno portato la coscienza della realizzazione pittorica e hanno generato la presenza del personaggio che si muove “attorno a noi”.
Tra tutti questi è però forte la magnificenza del lavoro di George Pratt.

Batman e Wolverine

Prima di usare i suoi pennelli e i colori per narrare l’avvincente viaggio di Logan in terra nipponica, Pratt aveva da poco dato alle stampe un altro suo splendido lavoro: Batman: Harvest Breed.
Edito dalla DC Comics, Harvest Breed intreccia una storia noir, serial killer e occultismo e lancia l’Uomo Pipistrello verso una paralisi psicologica sconvolgente.
Su suggerimento di Chris Claremont (che aveva apprezzato non poco la storia batmaniana di Pratt) lo invita a scegliere un personaggio della Marvel e a creare una mini a suo piacimento; ecco che la scelta di George ricade su Wolverine: egli confida di non conoscere molto i lavori Marvel e di non seguire costantemente i supereroi, ma appena decide di lavorare con Wolverine specifica di voler narrare una storia “tormentata” in cui l’antico amore giapponese di Logan (Mariko) fosse ancora presente, seppur nel ricordo.
Netsuke sono delle minuscole sculture, prettamente in avorio o in legno, originarie del XV secolo.
Queste sculture presentavano due buchi in cui passava un cordoncino di seta e servivano a fissare alla cintura del kimono le scatole dei medicinali o quelle del tabacco.

James Logan nel suo “viaggio dei ricordi” in un Giappone quasi ancestrale dovrà partire per una cerca spirituale in cui, trovando alcuni netsuke, entrerà in contatto con il piano crono-spirituale dei guerrieri samurai e rivivrà l’angoscia, il dolore e l’orrore del sangue, delle battaglie ma, soprattutto, riscoprirà due cose molto importanti: la via del samurai e il dolore dell’abbandono.
A tormentare il mutante canadese ci penserà un antichissimo spirito legato alla neve, una “strega” che tentrà in tutti i modi di scindere il cuore antico di Logan da quello passato di Mariko: se nel suo viaggio verso un Giappone andato Logan è in grado, grazie appunto ai netsuke, di vivere la vita tormentata di un guerriero samurai d’altri tempi egli è, allo stesso tempo, vittima del rancore che si tramuta in tormenta di neve, in ghiaccio perenne: il freddo dell’anima di un uomo.

“Ora so che non sei scomparsa. Sei dentro di Me.”

Pratt immerge la sua arte e la utilizza per narrare la storia più semplice: Logan che di anno in anno fa visita alla tomba di Mariko Yashida e porge il suo cuore a colei che amerà per sempre.
Ma sceglie di diversificarsi dagli altri “anni”: George Pratt narra il definitivo gesto di Wolverine per liberarsi dal peso di un tormento e iniziare a vivere nel ricordo di Mariko, e non per il ricordo stesso.
Il volume si apprezza per l’enorme mole di bellezza visiva che presenta, se la trama viene ad avere delle zone che potrebbero sembrare lacunari in alcuni tratti, tutto si compensa nel fatto che il fiato viene letteralmente mozzato in alcune particolari sequenze, a partire dalle bellissime cover stesse.
Pratt termina col compiere una introspezione visivo/stilistica di uno dei personaggi più amati e complessi dell’universo Marvel e riesce nell’intento di giocare/narrare/scoprire uno dei frammenti chiave dell’anima stessa di Logan.
Se nella trama egli usufruisce dei netsuke per aprire delle vere e proprie finestre nel tempo, lascia che il lettore faccia lo stesso ammirando le tavole che dipinge per l’opera in sé.