Iron Man Extremis

Ago 3, 2011

Copertina

Testi: Warren Ellis
Disegni: Adi Granov
Edizione Americana: Iron Man (vol. 4) #1-#6.
Edizione Italiana: Brossurato edizione 100% Marvel Italia; Le Grandi Saghe, vol. 11.

 

Anthony Edward Stark è un genio: all’età di 15 anni riesce ad entrare nel programma per studenti non laureati al MIT ed è il migliore del suo corso; a soli 21 anni eredita la società del padre, la Stark Industries, conducendola brillantemente grazie alle sue invenzioni tecnologiche; costruisce un esoscheletro di ferro a scopi bellici in grado di volare e continua a perfezionarlo, riducendo le dimensioni dei suoi componenti e potenziando le sue tecnologie. Tony è sicuramente una delle menti più brillanti del suo tempo, ma c’è qualcosa al di sotto dell’armatura che indossa, al di sotto della sua apparenza di disinteressato e superficiale playboy, al di là del suo sarcasmo pungente e del suo gaudente stile di vita, che troppo spesso passa inosservato: ancor prima che Iron Man, ancor prima che un multimiliardario, ancor prima che un genio, egli è un uomo. Oltre la scorza, la facciata di impassibile solennità che assume in pubblico, si nasconde un animo fortemente tormentato ed inquieto. Non è un caso che – a mio avviso – i più belli e toccanti attimi del fumetto sono quelli in cui Tony Stark è da solo, o meglio, con se stesso; attimi in cui posa veramente la maschera, non solo quella di Iron Man, ma quella che è costretto ad indossare ogni giorno per salvare le apparenze, per mostrare di essere disinibito ed irresponsabile, per non rivelare al mondo che la sua guardia del corpo, in realtà, è lui stesso. Splendide sono le vignette in cui Tony si guarda allo specchio, parlando alla sua immagine riflessa, dopo molti giorni trascorsi nel suo garage a mettere a punto la sua armatura:

Che cosa stai guardando? Odio quando mi guardi così.

Questa dicotomia tra lo Stark pubblico e lo Stark più intimo è magistralmente rappresentata in questo fumetto, che reputo la migliore storia su Iron Man fino ad ora scritta.

Tony Stark è un personaggio profondamente diviso, lacerato internamente, e proprio per questo, sembra continuamente contraddirsi. Per capire il paradosso che egli rappresenta, basta guardarlo dall’esterno: è il proprietario e gestore di una grande azienda, eppure si comporta in modo irresponsabile, sembra evitare gli impegni, cambia ragazza con la stessa frequenza con la quale cambia la sua automobile, fugge le questioni burocratiche, si dedica al gioco d’azzardo ed agli alcolici. Eppure, questo atteggiamento non è che un nuovo inganno, una maschera creata per nascondere la sua vera natura: proprietario di un industria che produce armi, Tony si sente colpevole di molte morti, si sente il responsabile di molte guerre, specialmente da quando lui stesso è stato vittima di uno dei suoi ordigni: sogna costantemente di migliorare il futuro, di collaudarlo, di poter esprimere il suo genio e di dar sfogo alla sua mente senza uccidere altri uomini. Da questo senso di colpevolezza emerge quella che io chiamerei un’ossessione. Nelle prime pagine del fumetto, assistiamo ad un’intervista di Stark, in cui egli afferma:

Non ho mai sostenuto di essere perfetto. So bene che c’è del sangue sulle mie mani. Sto solo cercando di migliorare il mondo.

Così è, infatti. Anche se, per chi vede Tony condurre la sua vita mondana, sarebbe difficile crederlo. Quell’estroverso ed egocentrico playboy, infatti, è in grado anche di passare mesi e mesi rinchiuso nel buio del suo garage al solo fine di perfezionare l’armatura con la quale, quotidianamente, cerca di rimediare agli errori della guerra che la sua stessa industria finanzia. Ecco una nuova contraddizione: egli produce la guerra ed, al contempo, promuove la pace. Questo contrasto, in realtà, è facilmente risolvibile e le ragioni profonde di questa condotta vengono spiegate in una videoconferenza tenuta da Tony: gli appalti militari sono gli unici che consentono all’azienda di guadagnare abbastanza da impegnarsi in progetti più umanitari, forse, ma meno redditizi.

E’ la dura legge del mercato. E’ un processo di selezione naturale, una lotta per la sopravvivenza regolata dalla legge del più forte. La specie dominante è quella in grado di adattarsi alle variazioni dell’ambiente.
Si tratta esattamente dello stesso principio che spinge Tony a migliorare la sua armatura costantemente: Iron Man, per quanto futuristico possa sembrare, è un prodotto tecnologico, destinato, quindi, ad essere superato, a divenire obsoleto ed inefficacie per i suoi scopi; travolto, insomma, dall’inesorabile fiumana del progresso.

Ecco perché è necessario un continuo miglioramento, un potenziamento costante per rimanere al passo con i tempi e, soprattutto, con gli avversari che Tony si trova ad affrontare. Questa è l’ossessione di Stark: la sua mente è troppo brillante, il suo genio è troppo potente perché si crogioli nella beatitudine di un successo raggiunto; è sempre spinto da un’insoddisfazione indicibile, dalla consapevolezza che i tempi scorrono e che nulla è certo, dalla presunzione (sempre fondata, per giunta) di poter dare di più, di poter spingere la sua mente agli estremi e di ottenere un risultato sempre migliore.

Iron Man Extremis è, a tutti gli effetti, una storia di selezione naturale. Maya Hansen, biologa geniale conosciuta da Tony anni prima, ha inventato un siero, Extremis, in grado di creare un supersoldato. Extremis agisce sui centri riparatori del cervello, responsabili della rimarginazione delle ferite: l’intero corpo del fortunato a cui è stato iniettato il siero viene percepito come sbagliato e, quindi, riscritto, dotando il soggetto di organi nuovi e di poteri straordinari. Sfortunatamente, Extremis viene rubato e somministrato ad un terrorista, Mallen. Di fronte agli ingenti danni provocati dalla miscela e dopo essere stato sconfitto dal terrorista, Tony prende una decisione estrema: si inietta una dose di Extremis riprogrammata, in grado di renderlo parte integrante dell’armatura, che ora può controllare come fosse un suo arto.

Iron Man, di fatto, è un robot: un computer straordinariamente avanzato, ma pur sempre un computer. E se in questa armatura perfetta esiste un punto debole, questo è proprio l’uomo che la guida. Un uomo dominato da sentimenti, da una propria visione del mondo, da idee e, per questo, non oggettivo. Se, però, quest’uomo si fondesse con l’armatura e raggiungesse la perfetta sintesi tra essere umano e macchina, prendendo solo il meglio di entrambi, che cosa nascerebbe? Quale eroe potrebbe tenergli testa?

Tony è un uomo che lotta per un futuro migliore, è un genio ossessionato dai suoi puzzles, in grado di lavorare per ore, o addirittura per giorni, su un singolo circuito senza pausa alcuna, perché intrigato ed affascinato dalle applicazioni che le sue invenzioni possono avere. Stark è un creatore: ciò che si fa con le sue invenzioni non dipende da lui. La sua condizione di genio ossessionato lo pone al di sopra del bene e del male, al di là di ogni morale e di ogni idea che un uomo possa avere. La sua ossessione è, per lui, la cosa più importante: e non è retorica, questa, dal momento che più di una volta (e con la somministrazione di Extremis in questa storia) Tony è stato disposto a mettere a repentaglio la sua stessa vita per perseguire il suo sogno.

Capita alle volte, però, che Tony stesso si dimentichi di essere un uomo: si sente così parte di Iron Man da dimenticare la sua condizione di mortale, o è così preso da un suo lampo di genio da attribuire scarsa importanza a tutto ciò che non riguardi il suo progetto. Per questo, sebbene sia spesso circondato da persone, Stark è un personaggio estremamente solo. Anche le persone a lui più vicine non possono comprenderlo fino in fondo: la sua duplice natura lo rende inavvicinabile, un misantropo consapevole di essere solo per il semplice fatto che nessun uomo può competere con lui, per il fatto di essere Iron Man, mentre quella di Tony Stark è la vera maschera.

Trovo bellissima la scena in cui, dopo aver terminato l’intervista, Tony abbandona la sua società, le persone che lo circondano e le questioni burocratiche, indossa l’armatura e spicca il volo. Senza una ragione precisa, Iron Man fende le nuvole ed osserva il suo piccolo mondo dall’alto, nel silenzioso ronzio del computer all’interno del casco. Forse, da lassù, le cose assumono le giuste dimensioni; forse Tony si sente un po’ più a casa; forse ha raggiunto la serenità che cerca da sempre … Ma no, ma no, certo che no. Si tratta di un solo momento di evasione. Pochi secondi dopo è di nuovo a terra, nel suo mondo, a collaudare il futuro.