Testi: Bill Willingham

Disegni: Mark Buckingham, Tony Akins e Steve Leialola

Edizione Originale: The Mean Seasons TPB

 

Edizione Italiana: Planeta DeAgostini, € 11,95

Recensione

Se il “c’era una volta” è il must con il quale ogni fiaba o favola che si rispetti dà inizio alle proprie danze, altrettanto famoso ed onnipresente è il “e vissero tutti felici e contenti”, da sempre degna conclusione del racconto fantastico, almeno fino all’arrivo di Bill Willingham e delle sue fables.
Non c’è infatti “happy end” che tenga in “Stagioni Difficili”, quarto TP dell’acclamata e pluripremiata serie, il cui compito è quello di traghettare il lettore tra le braccia di quanto avverrà nel numero successivo, teatro per l’epocale e finale scontro con le forze dell’Avversario, l’usurpatore delle Terre Natie.
Ma, in fondo, di un “e vissero felici e contenti” non ne sentiamo la mancanza.
La bravura dello scrittore non si esaurisce difatti nella sua capacità di rielaborare le fiabe classiche, bensì nello stravolgerle letteralmente in modo tale da adattarle al gusto più pretenzioso e cinico del palato adulto. Ecco allora che non ci sono più principi azzurri incaricati di esaudire i sogni delle fanciulle, eroi senza macchia e senza paura in grado di sconfiggere terribili mostri o principesse che volteggiano canticchiando in compagnia di passeri e canarini.
Nel gettare le fiabe in pasto al “mondo dei grandi”, Willingham le inserisce in una nuova realtà, la nostra, facendole dunque scontrare con tutta quella serie di problemi che noi terreni ci ritroviamo a vivere quotidianamente. Nelle nostre vite, fallimenti, dolori, cattiverie, delusioni ed insensatezze sono all’ordine del giorno.
In “Stagioni Difficili” questa sorta di realismo quotidiano trova forse il suo punto più alto, e nel portare al termine le sottotrame iniziate nei precedenti capitoli, al fine di affrontare meglio quanto seguirà, lo scrittore si lascia andare ad un totale annientamento dell’essenza stessa della fiaba classica.
E così la storia d’amore tra Biancaneve e Luca Wolf, nonostante la nascita di sette pelosi cuccioletti, si ritrova costretta ad infrangersi contro lo scoglio dell’ingratitudine di una società che, per quanto possa apparire tollerante, nasconde sempre in sé un’incapacità nell’affrontare tutto ciò che è “diverso”. L’ormai ex sceriffo deve infatti abbandonare l’amata, non potendole stare accanto per via di alcune leggi che fino a quel momento egli stesso aveva combattuto per far rispettare e, dalla sua, Bianca Neve deve invece affrontare la triste realtà di esser madre di un bambino diverso dagli altri, per sua stessa natura poco adatto alla civile convivenza.
Qui, del “e vissero tutti felici e contenti” non è rimasto proprio nulla. Nessuna carrozza a forma di zucca, chicchi di riso o campanili in festa.
Medesima situazione, stessa aria di sconfitta e fallimento, aleggia anche su Favolandia tutta, amplificando così quel sentimento d’impotenza che raggiunge il lettore partendo proprio dalle vicende private di Wolf e Neve. Con “Stagioni Difficili” si conclude infatti la sottotrama dell’elezione iniziata in “Un Amore da Favola”.
Il Re Cole, figura del politicante imbelle ma comunque onesto, è costretto a lasciare la sua carica di Sindaco perché letteralmente stracciato dalla vittoria politica del Principe Azzurro.
La figura che questi incarna è di tutt’altra pasta. E’ il politico che vede negli affari pubblici la giusta occasione per arricchirsi e sfuggire a quelle difficoltà della vita che invece avrebbe dovuto altrimenti affrontare. Non si tratta di un despota, piuttosto di un populista, il cui fare mira a conservare il potere con promesse di fatto impossibili da mantenere.
Molte fiabe fiutano l’inizio di quella decadenza che li porta addirittura a paragonare Favolandia  a quella Roma dei primi secoli d.C nel quale il cancro della corruzione iniziò a corroderne le fondamenta.
E’ significativo che la denuncia di una tale nuova condizione lo scrittore la affidi al personaggio di Jack, un furfante che dovrebbe felicitarsi di quel che viene forse non tanto ingenuamente chiamato “nuovo regime”, ma che invece si rende conto della trappola nella quale i suoi concittadini sono caduti.
Il governo del Principe Azzurro dimostra poi tutta la sua fallacia già dai primi momenti del suo operato, quando, incapace di dar risposta alle promesse fatte in campagna elettorale, penserà bene, sulla scia di un atteggiamento ben costante nella storia umana, di distrarre l’opinione pubblica con una bella guerra.
Accanto allo story-arc principale, il TP Planeta presenta al suo interno anche altre due storie, due one-shot scollegate dalle trame principali, piacevoli da leggere, ma in fondo poco incisive nella loro struttura. Entrambe sono state incaricate di gettare luce su due ben precisi personaggi del mondo di Willingham, uno, Luca Wolf, tra i più importanti, l’altro, Cenerentola, destinata da lì a poco ad ottenere uno spin-off tutto suo.
Probabilmente, più che “Storie di Guerra” (un breve salto indietro nel tempo fino alla Seconda guerra mondiale, con Luca Wolf impegnato a combattere i nazisti) è proprio “Cenerentola la Libertina” a fornire le chiavi di lettura più interessanti.
Nelle Fables di Willingham nulla risponde, come già evidenziato, alla struttura classica della fiaba. Non esiste più il re buono e la strega cattiva. Una netta distinzione tra bene e male è totalmente irrintracciabile. Dimostrazione viene fornita proprio dallo sceriffo Wolf e da Cenerina (sua spia segreta), entrambi totalmente glaciali nel compiere l’omicidio di un’altra fiaba giudicata colpevole di tradimento.
Il cattivo in Fables non è il malvagio stregone che compie male per puro diletto, bensì il prode sceriffo per il quale il fine giustifica il mezzo, o, magari, quel politicante, di cui sopra accennato, che intasca la bustarella.
Ancora una volta, un male più reale, più vicino al nostro mondo. Altro indizio dell’ottima capacità di Bill Willingham di fornire un volto nuovo ad un mondo con secoli e secoli di florida vita alle spalle.

Who’s Who

(ovvero un breve identikit delle fiabe qui, per la prima volta, apparse).

Ichabod Crane

Ichabod era alto ma estremamente magro. Aveva delle spalle strette con lunghe braccia e gambe delle medesime dimensioni. Le mani gli pendevano oltre la manica di circa un miglio ed i piedi erano talmente grandi che potevano essere utilizzati a mò di pale. Insomma, nell’insieme possedeva un corpo le cui parti sembravano essere state tra di loro unite in piena libertà. La testa era poi piccola e piatta sul cranio, enormi occhi verdi vitrei ed un lungo naso aquilino molto simile ad una bandierina che indica, sventolando, la direzione del vento.

Sono queste le parole che lo scrittore Washington Irving utilizza per presentare Ichabod Crane, l’ossuto maestro elementare protagonista del racconto “The Legend of Sleepy Hollow”, pubblicato per la prima volta all’interno di una racconta del 1820.
La storia è tra le più conosciute, più e più volte protagonista in occasione della festività di Halloween. Ruffiano e sicofante, Ichabod si scontra con l’aitante e giovane Abraham Bones van Blunt per la mano della ricca Katrina  Van Tessel. Appena rifiutato da questa, nel ritornare a casa da una festa, in una sera autunnale, il maestro s’imbatte nella spettrale apparizione del fantasma del Cavaliere Senza testa. Dopo quella notte di lui, nella vallata di Sleepy Hollow, non si saprà più nulla.
In Fables, Bill Willingham lo introduce per la prima (ed unica volta) in “Cenerentola la Libertina”, presentandolo come il predecessore di Bianca Neve alla scrivania di Vice Sindaco di Favolandia. Una carica che pare aver dovuto lasciare in seguito ad alcune accuse di molestie sessuali.
Ingannato dalle promesse d’amore di Cenerentola, qui Ichabod tradisce Favolandia mostrando il suo appoggio all’Avversario. Sarà ucciso, per questo, da Luca Wolf.

Mr. Webster

Nonostante sia stato più volte nominato dalla moglie nei capitoli passati, è in “Stagioni Difficili” che il Signor Ragno fa la sua prima apparizione ufficiale. Giusto il tempo di arrancare ricurvo sul pianerottolo di casa, sbraitare qualcosa e poi essere ucciso…
Proprietario (o, a questo punto, ex) della drogheria del quartiere, Mr. Web arriva direttamente dai versi di una famosa filastrocca inglese del 1805 con protagonista la “Little Miss Muffet”, una bambina che, mentre se ne stava tranquillamente seduta a mangiar ricotta (o giuncata), viene spaventata e costretta a fuggire dal sopraggiungere di un ragno…
In “Fables”, Bill Willingham farà dei due antagonisti una coppia sposata.

Mrs. Sprat

Anche per la corpulenta infermiera del Knights of Malta Hospital di Favolandia Bill Willingham ha tratto ispirazione da una filastrocca. Un brevissimo componimento, la cui prima pubblicazione risale al 1639, che in lingua originale, nella sua versione più conosciuta, recita:

Jack will eat not fat, and Jull doth love no leane.
Yet betwixt them both they lick the dishes cleane.

Le origini sono ignote.

Gudrun

Della seguente favola il costrutto è fatto per coloro che, per troppo voler, perdono tutto.
Aveva un certo tale una Gallina, che faceva ogni giorno un ovo d’oro. Credendo che la bestia peregrina chiudesse in grembo qualche gran tesoro, l’uccise, e aperto il fianco, la sua Gallina simile trovò a tutte l’altre che fan l’ovo bianco, così il suo danno ei stesso procacciò.
Convien questa lezione a molta gente senza discrezione. Non son gli esempi rari di quei che, per la gola dei denari, della fortuna al gioco perdono il molto e il poco.

Ecco il testo della favola “La Gallina dalle Uova d’Oro” scritta da Jean de la Fontaine, riadattando un vecchio testo del ben più famoso Esopo.
In originale anatra, poi divenuta gallina o oca, il tema del pennuto in grado di covare uova d’oro è stato più e più volte ripreso e modificato nel corso della storia.
Stesso tema (anche se qui ad essere d’oro non sono le uova, ma l’anatra stessa) è presente nel racconto intitolato “The Golden Goose” dei fratelli Grimm, il cui protagonista Dummling, ottiene il prezioso animale da un essere fatato come ricompensa per la sua generosità.
La Gudrun di Willingham (il nome potrebbe esser stato prelevato dalla mitologia nordica, quella Gudrun nominata nella saga dei Nibelunghi) ha quindi dalla sua un ampio apparato di fonti al quale ispirarsi.
Creduta morta durante l’invasione delle Terre Natie da parte dell’Avversario, l’anatra dalle uova d’oro vive adesso nascosta all’interno del Bosco e le sue uova utilizzate dallo sceriffo di Favolandia per finanziare tutti quei progetti che per necessità e natura devono essere tenuti celati anche alle altre autorità della comunità.

Mary la Pastorella

Nel 1830, la scrittrice Sarah Josepha Hale dà alla luce quella che sarebbe presto diventata una delle filastrocche/motivetti forse più popolari nel mondo di lingua inglese.

Mary had a little lamb,
Little lamb, little lamb,
Mary had a little lamb,
Its fleece was white as snow.

Così inizia questa canzoncina che forse non tutti sanno essere ispirata ad un evento realmente accaduto. Protagonista fu tale Mary Sawyer, bambina del Massachusetts, che, dovendo badare ad un agnellino, ebbe la fortunata idea di portarselo dietro a scuola.
In “Stagioni Difficili”, però, il dramma. Il famoso agnellino della Hale viene infatti ritrovato morto strangolato, con somma sofferenza della non più piccola Mary.

And everywhere that Mary went,
Mary went, Mary went,
and everywhere that Mary went,
the lamb was sure to go.

North Wind

Nei precedenti capitoli di “Fables” abbiamo scoperto come Luca Wolf sia in realtà figlio di una lupa e del potente Vento del Nord, fiero ed incontrastato Signore dei Venti, la cui forza ed esperienza gli hanno permesso di continuare a vivere nel proprio regno nelle Terre Natie tenendo lontani gli eserciti dell’Avversario.
Legato al figlio da un rapporto piuttosto conflittuale, Mr. North Wind raggiunge in “Stagioni Difficili” la Fattoria proprio perché venuto a conoscenza della nascita dei suoi sei (o sette) nipotini, offrendosi come spalla a Bianca Neve per la loro istruzione.
Come per Gudrun, l’anatra, anche il Vento del Nord può vantare varie figure dell’immaginario collettivo, trovando possibili modelli nella mitologica figura di Borea, personificazione greca del vento del nord, in Jack Frost, leggendario personaggio del folclore tedesco e Padre Inverno, in alcune culture identificato addirittura con il nostro Babbo Natale.