L’IRREPARABILITA’ DELLE COSE
In un crescendo di insieme volutamente uguale, la fermezza di una idea può costituire la materia plasmabile su cui costruire una chiave universale, capace di aprire tutte le porte poste nel Creato, e di spalancare ogni dove.
Esistono divisioni interne che portano l’uomo a manifestare una tale ingordigia (dovuta a menomazioni psicologiche, più che di carattere fisico) da provocare esplosioni incontrollate di rabbia, dolore, negative emozioni, malevolo giogo: queste, che possono apparire come un sacerdotale modo di costruire dopo aver distrutto, sono solo alcune delle forme che il passato recente ha definito, chiamandole “guerra”, “sopravvivenza” o persino “naturale corso degli eventi”.
Ma la verità, che risiede in tutti coloro che a causa della “guerra”, della “sopravvivenza” o del “naturale corso degli eventi”, hanno perduto tutto, tranne ciò che non può essere ricostruito, potrebbero contestare, lottare, persino morire per dimostrare che ciò che la storia ha definito in quel modo è solo un altro metodo di nomenclatura per dire che l’ego umano è capace di spaventevoli ruoli e immonde aberrazioni.
Seppur presenti da sempre nel nostro cogito, esse sono forme plastiche di follia, mascherate come parte integrante di ciò che l’essere umano è; ma tutto ciò, ahimè, è solo un modo come un altro di giustificare la barbarie, l’orrore e il meschino vivere.
L’INSOSTENIBILITA’ DELL’AVERE
Esistono forme di controllo atte alla direzione di uno o più esseri, portanti e portatrici di arbitrio, non libero naturalmente perché pilotate da una guida superiore, ben distinta dal gruppo che prende parte ad una data dimostranza, ad una marcia, lotta, battaglia, rivolta, contestazione, parata o semplice congrega. Codesta tipologia di “direzionamento” è nota come sottomissione: capacità di forzare persone, e in rari casi cose, a svolgere e commettere azioni che il semplice arbitrio non permetterebbero. Costoro sono i manipolatori: esseri solitamente forniti di intelletto superiore alla media, altre volte superiore anche a medie più elevate, con capacità di tipo catartico, carismatiche e oratorie molto sviluppate; personaggi di questo tipo sono noti a tutti sia in epoca attuale che nell’arco lungo della storia (recente e meno): esempi di costoro si riscontrano in più epoche, molti di cui hanno finito persino per scontrarsi tra loro, generando fratture di tipo permanente in un tessuto fatto di realtà storica di un certo rilievo (vedasi la genesi della Rivoluzione Francese, l’Illuminismo e i sovrani illuminati, come naturale conseguenza di eventi portanti), di una data valenza o votata al determinismo del venire.
Anche in casi come questi, e la storia ci è testimone, i sopracitati finiscono per creare sempre e comunque una sorta di origine, ad un qualcosa che si svilupperà; in alcuni casi vi è il diffondersi di un’idea (ecco che il concetto di idea ritorna sempre e comunque, non solo in ambito filosofico) che darà il via ad un aspetto importante per le future impostazioni:
Illuminismo =
Diffusione di ideologie basate sul metodo scientifico e avvalorate dalla sperimentazione e dal concreto =
Fine o comunque cancellazione di alcune credenze, ritenute dogmatiche per secoli =
Nuova genesi della stessa idea che si radica nelle grandi corti europee per poi giungere ai capisaldi delle stesse =
Sovrani illuminati =
Ristrutturazioni dei grandi e principali imperi europei =
Vera genesi della moderna società europea, non contemporanea.
Anche se questo potrebbe dare inizio ad una sorta di dibattito su quanto la presenza dell’Illuminismo abbia dato il via ad una specie di manipolazione delle masse (intese come persone in grado di comprendere le idee dettate dai portatori di “lumi” e non come il semplice popolo in rivolta), atta allo scopo della ribellione sociale e della rivolta alle istituzioni (nobiltà e clero), voluta da quella classe sociale che ha dettato il favore del mondo moderno (che tende al contemporaneo assolutista): la borghesia. Sia essa alta o media, la borghesia è la vera aspiratrice della rivolta, voluta senza armi (in primis) e terminata con l’irrefrenabile scelta della decapitazione dei reali e dei nobili (sovrano/eroe/martire tracollato: visivamente e simbolicamente vicino a molti aspetti del mitologico e comune ad una infinità di religioni). In questo risiede il culmine della vera manipolazione: un tempo cambiare il corso di un fiume era impensabile, persino un ruscello diventava una sfida senza precedenti e soprattutto senza futuro o continuazione. Tardamente, in epoche più vicine o comuni alla creazione della moderna società, l’ingegno e la possibilità di danaro diedero svolte persino di natura geologica inaspettata. Questo dimostra che laddove risiedono cogito e sapienza, misti ad una antichissima ma sagace voglia di comando e di parlato, si trovano anche le chiavi della renovatio, ed essa diventa senza ombra di dubbio la motrice di un cambiamento che determinerà le epoche successive. Tornando al discorso della manipolazione, potremo così riprendere in esame il periodo illuminista e supportarlo come grande (ma anche grave) cambiamento delle masse, delle nazioni e degli interi continenti, travalicando poi le epoche e i secoli, giungendo a noi per ciò che era e per quello che ha portato all’umanità: il lume stesso, inteso come moderno fuoco di Prometeo; perché cosa altro è la manipolazione se non conoscenza stessa.
IL SOGNO E L’ANARCHIA
Trasportando il discorrere dei lumi all’interno di una forma d’arte come il fumetto e concentrandoci sull’aspetto della fomentazione o della manipolazione, potremmo scorgere in lontananza alcuni personaggi che nel corso delle loro peripezie fatte di carta, china e colori (soffermandoci sul fumetto americano di tipo super-eroistico, ad esempio) si sono intrattenuti a portare e provocare dissensi in quelle masse che tanto sono capaci di aizzarsi contro i governi (oggi) e i reali (ieri) e restano sempre e comunque la parte portante in qualunque aspetto della narrazione di genere “super”.
I grandi manipolatori e aizzatori, quelli che minacciano intere popolazioni ma che nelle stesse sono in grado di instillare e infondere il dubbio, altri non sono che i “super-villain”.
Meschini, violenti, manipolatori (ovvio), guerrafondai e incivili, senza morale o falsamente immorali (le maschere delle maschere “malvagio e fiero!”), mortali, sobillatori, falsi ed ipocriti, trascinatori carismatici, esempi (negativi), irraggiungibili ma umani, iconici e simbolici ed immortali; i “cattivi dei fumetti” sono coloro che riescono a rivoltare persino la morale dell’uomo o a mascherare ciò che di putrescente sorge nell’animo umano e si espande nella comunità come un virus fa in un organismo, sino ad arrivare ad un bivio:
-Soggiogare l’organismo e decretarne la fine.
-Soggiogare l’organismo, adattarsi ad esso, mutare e simbioticamente divenire tutt’uno col corpo ospite.
In entrambi i casi il vincitore è il virus, inteso come principio di un’azione (infezione) e termine (morte o adattamento) e continuatore della stessa, sino a livelli insperati.
FINO ALLA FINE DEL MONDO, E OLTRE
Come già detto in precedenza, nel mondo del fumetto i “manipolatori sensazionali” (intesi come coloro che con i gesti, la voce e la costruzione delle idee riescono dove altri non fanno breccia) sono molteplici: l’analisi di alcuni di questi personaggi può generare una precisa regola di riconoscimento o, più semplicemente, uno o più ritratti di alcuni di loro. Essi sono la rappresentazione della potenza e la forza dell’incoerenza, la necessità di apparire ma l’oscurità di essere, per natura, ingannevoli e soprattutto arrendevoli. E’ la possibilità della resa che rende immortali i loro gesti: anche nei tempi a venire, nonostante il marchio dell’infamia resti impresso su di loro, il ricordo delle loro pose (quasi da martire) li renderà ad eternum dei novelli “perseguitati”. L’opinione pubblica li dipingerà per ciò che sono, ma subitamente sarà pronta a riconoscerne l’innocenza, o anche la redenzione in parte, e loro continueranno a camminare tra noi, sorridenti, forti di ciò che sono sempre stati: predatori, e basta.
La rappresentazione della potenza e la forza dell’incoerenza, la necessità di apparire ma l’oscurità di essere, per natura, ingannevoli e soprattutto arrendevoli.
“Il mio nome è Ozymandias, re dei re: guardate alle mie opere, o Potenti, e disperate!”
Adrian Veidt è l’uomo più intelligente del mondo, nella realtà in cui è ambientata la graphic novel di Alan Moore e Dave Gibbons, Watchmen. Opera che rasenta la letteratura talmente tanto da essere annoverata come indiscusso capolavoro sci fi, di genere fumettistico e letterario; Watchmen è la rappresentazione di un sogno ormai terminato e la disillusa discesa verso una fine celebrata, non temuta. Quando arrivò sul mercato la prima volta (1986) l’opera fu da subito accolta come qualcosa che avrebbe generato una frattura nel mondo della letteratura delle nuvole parlanti, e non solo.
Tra i protagonisti principali di questa saga spicca l’affascinante Ozymandias, colui che si è abbeverato al cospetto di grandi condottieri e ha tratto spunto dalle loro gesta (Alessandro il Grande, Ramses II), fondando un impero che va dalla produzione di profumi e giocattoli, sino al reintegro nella società di ex criminali e fondazioni volte al contrasto delle carestie e lo sviluppo di energie alternative.
Adrian è sublime, superbo e di conseguenza superiore, la sua intelligenza lo pone al di sopra persino delle macchinazioni delle altre multinazionali concorrenti, talmente sopra da “poterle ricomprare tutte” (Forbes lo inserisce nella lista dei 10 personaggi di fantasia più ricchi di sempre, con un patrimonio che sfiora di poco i 5 miliardi e mezzo di dollari). E’ questo l’aspetto più bello e terribile di Adrian: la completa coscienza di sé, capace di permettergli cose che andrebbero oltre la semplice morale, o comunque la ponderazione e l’attuazione del genocidio, come forma di conquista della pace. A Nuova Karnak (base antartica delle industrie Veidt) Adrian e la sua equipe di scienziati manipolano una immensa creatura aliena dotandola di un cervello dalle capacità psichiche elevate, dopo il compimento dell’esperimento Adrian uccide tutti i suoi collaboratori (gli stessi che gli hanno donato una bellissima lince, Bubastis, geneticamente modificata per avere sul pelo strisce color rosso e nero) e attua il piano che ha preparato da anni: “colpirne dieci per salvarne mille”. La teoria è quella che per fermare l’imminente conflitto atomico tra USA e URSS (Watchmen è ambientato nel 1985) debba scendere in campo una terza potenza, così devastante da rendere possibile una alleanza tra le due superpotenze (un nemico comune) e generare, quindi, quella pace che si rincorre da decenni. Gli altri protagonisti della graphic novel scoprono il piano di Ozy e tentano di fermarlo, ma invano.
«Dan, non sono un cattivo da fumetto! Pensi veramente che vi avrei rivelato il mio capolavoro se ci fosse la benché minima possibilità che voi possiate impedirlo? L’ho fatto trentacinque minuti fa!»
Nel piano di Adrian la creatura viene teletrasportata a New York, morendo emette una forte onda psichica che provoca il decesso di circa 3 milioni di abitanti della metropoli e distrugge il centro della città in modo impressionate. L’attacco viene visto dalle autorità politiche (sia americane che sovietiche) come l’avanguardia di una comune minaccia di natura aliena, e porta le stesse ad interrompere immediatamente tutte le ostilità. La pace che Ozymandias aveva sempre sognato viene conquistata con il sacrificio di una piccola percentuale di tutta l’umanità sulla Terra; i compagni (Spettro di Seta II, Gufo Notturno II, Dr. Manhattan) acconsentono a mantenere il segreto:“ma è pace!” li ammonisce Adrian quando gli fanno notare che è generata da una carneficina, ma qui entra in gioco la geniale mente di Veidt. Davanti al fatto compiuto e alla verità degli eventi (conflitto USA-URSS terminato, pace tra occidente e oriente) gli altri non riescono a rivelare al mondo la realtà, e cioè che chi avrebbe dovuto osservare sul genere umano è diventato colui che li ha distrutti, seppur in parte, ma li ha comunque decimati in un olocausto che è anche una menzogna, sotto gli occhi del mondo intero. L’unico di loro che tenta di rovesciare questo omertoso silenzio è Rorshach, ma ancora una volta, il sibillino sguardo di Veidt, posatosi su Manhattan, ne decreta la morte: la scomoda e silenziosa pace è pur sempre pace.
La capacità di influenzare le masse in positivo o in negativo è comunque una capacità che tende al controllo; Ozymandias influenza gli “Osservatori” del genere umano (quelli che lo stesso Comico aveva rinnegato voltandogli le spalle, colui che per primo aveva compreso il piano di Veidt, ispirandolo inconsciamente), che qui rappresentano una sorta di “potenti” e di conseguenza tutti coloro a cui potrebbero far fronte (la stessa umanità che hanno promesso di proteggere), nessuno escluso: non è un caso che sia New York ad essere colpita. Città simbolo dell’American Way of Life e multietnica rappresentazione del futuro coeso, da sempre (porto certo per tutti i migranti) centro universale del Melting Pot occidentale. New York diventa la città simbolo (tristemente profetico il fumetto di Moore) e di conseguenza è anche la più vulnerabile; le prime masse a credere nella nuova pace saranno proprio quelle colpite a casa loro, nelle loro intime esistenze e nella loro realtà di tutti i giorni; parafrasando lo Spirit di Eisner “la mia città urla!” e il gioco di Adrian risiede proprio in questo. L’attentato a NY diventa la chiave della pace per i Watchmen e il campanello d’allarme per l’umanità intera, che si ritrova nel giro di poche ore totalmente unita a combattere un nemico comune che (forse, probabilmente) non arriverà mai dalle stelle.
“Non c’è nessun Void, Bob.”
Norman Osborn è il fondatore delle industrie Oscorp, capo del dipartimento ricerca e sviluppo e geniale magnate che nel tempo ha portato le Oscorp a livelli concorrenziali elevati. Norman è un uomo che ha da sempre bramato il potere: storico nemico di Spider-Man, assunse l’identità criminale di Green Goblin (il Folletto Verde) e portò più volte la morte a bussare alla soglia del povero Peter Parker. Egli è il responsabile principale della morte di Gwen Stacy (il primo grande amore di Peter), della perdita da parte di Mary Jane (moglie di Parker) del figlio che portava in grembo (fece avvelenare la donna e lei perse la bimba), poi le sue manie si ripercossero su zia May (la zia di Peter) e Ben Reilly (clone di Spider-Man) morì per salvare l’Uomo Ragno da un attentato di Goblin. L’ossessione di Osborn per la famiglia di Parker non ha mai conosciuto fine, è così radicata all’interno della sua mente (malata) da risultare ossessione a sua volta (in alcune sue fantasie egli si vede come se fosse l’Uomo Ragno a sua volta: amandosi ed odiandosi profondamente); la stessa ossessione generata da esperimenti che hanno portato la sua natura folle ad emergere, creando la figura letale del Goblin. Ma in tutto ciò, probabilmente, quello che più appare di impressionante nelle storie che coinvolgono Osborn, sembra non accadere tra le pagine del fumetto del tessiragnatele, bensì la sua incarnazione più letale, o comunque più arcigna la si deve a storie decostruttiviste per l’universo Marvel, scritte ed introdotte in continuity negli ultimi anni da colui che ha gettato un ponte tra il modo di scrivere i comics alla fine gli anni 90 e l’attuale struttura che vige nella Casa delle Idee: Brian Michael Bendis.
Bendis piega ormai da anni al suo volere tutto ciò che tocca: per molti è un bene, per altri una maledizione; la verità è che a questo talentuoso “creativo” (Cit. TRON e TRON: Legacy, 1982 – 2010) si devono alcune delle storie più belle o più significative degli ultimi 10 anni; parabole come “Vendicatori Divisi”, “I Nuovi Vendicatori” e “House of M” sono solo alcuni dei tasselli che gettano le basi per quello che sarà l’Osborn del “Dark Reign”. Un Norman che non è più Goblin da anni ormai, che ha scelto una sorta di redenzione (semi-impostagli) alla guida di ex criminali ora eroi (i Thunderbolts) e che partecipa alla difesa dell’umanità quando si rivela il piano di invasione alieno ad opera della razza stellare nota come Skrull. Questi alieni si sono infiltrati per anni tra gli umani come tra gli eroi, sostituendoli e fingendosi loro per poter poi assumere il pianeta Terra nel grande impero degli Skrull; Osborn arriva a NY quando gli eroi rimasti stanno per essere sconfitti, e uccide sotto gli occhi del mondo intero (potenza dei moderni mass media) la regina e guida degli Skrull, Veranke.
Costei muore sotto i colpi di un Osborn così motivato da gettare una luce di compassione persino in chi, per anni, lo aveva odiato; è un Ex-Goblin che abbraccia le persone, sorride e combatte al fianco degli eroi, gli stessi che anni prima aveva sfidato e minacciato. E alla fine del conflitto, quando molti degli eroi che avrebbero dovuto vegliare sull’uomo (Iron Man, Capitan America su tutti) si sono dimostrati inefficaci, il Governo USA guarda a colui che ha ribaltato le sorti della guerra e che con il suo manipolo di criminali redenti (davvero?) ha salvato tutti. Ha inizio l’ascesa al vero potere di Normy, quel potere che aveva bramato per decenni, quello che permette di governare anche l’ingovernabile e di manipolare tutto e tutti. Non è un caso se Osborn, poi, tornerà ad usufruire più volte di quel mezzo che lo ha consegnato agli altari della gloria: la TV di oggi, il potere dei media, quello che rende famosi nel giro di pochi secondi e procura migliaia di contatti in meno di 10 minuti. Norman diventa il Capo della Sicurezza Nazionale, prende il posto di Stark allo S.H.I.E.L.D. (che viene subito smantellato e rifondato col nome di H.A.M.M.E.R.) e con il consenso dell’Amministrazione procede a fondare una sua squadra di Vendicatori (gli Oscuri Vendicatori), composta da ex criminali che fingono di essere eroi, iraconde divinità ingestibili e uomini col potere di mille soli in esplosione.
Qui, in questa nuova squadra di Vendicatori, torna a farsi viva quella forza di cui Norman è sempre stato padrone: la manipolazione. Robert Reynolds è l’essere più potente dell’Universo; Sentry, il guerriero dorato col potere dei soli che esplodono è una creatura così fragile ed ingestibile che persino Stark è riuscito a malapena ad individuare, a comprendere. Osborn, a differenza dei suoi predecessori, compie un percorso totalmente inverso: egli sa benissimo di cosa sia capace Sentry, ma conosce anche la sua duplice natura, quella che pone l’oscurità davanti alla lucentezza dell’eroe; quella parte che risiede in lui e che potrebbe rivelarsi persino più incontrollabile del potere stesso. Void. Questi è una creatura fatta di male primevo, signore dell’abisso e nel contempo natura legata al contesto dell’eroe dorato; Void è la nemesi di Sentry ma è anche Sentry. Un corpo unico con due nature all’interno, e chi meglio di Norman Osborn può comprendere la duplicità dell’insieme? Chi se non colui che ha diviso la sua mente con quella del Folletto Verde? L’ex Goblin da il via ad una serie di sedute “terapeutiche” volte (apparentemente) alla negazione e alla repressione della natura Void all’interno della mente di Robert, sedute che col tempo si riveleranno in parte capaci di fornire un certo controllo sull’eroe e sul suo doppio malvagio. Deriva dalle manipolazioni di Norman la possibilità di gestione di Sentry, ma col tempo esse si riveleranno ulteriormente un fallimento, tale da scatenare Void in modo inqualificabile (Assedio) e solo la potenza congiunta di molti eroi porrà fine a tutto ciò.
Nel suo lungo periodo al potere, Norman spesso usò il mezzo televisivo per mostrare alle masse che quello che appariva loro altri non era che un ex criminale in cerca del modo di redimersi, modo che lui fece sembrare dettato dal suo nuovo status di Direttore della sicurezza nazionale, ma che tutto poteva rappresentare, tranne che la ricerca e il mantenimento della sicurezza stessa. La verità è che Osborn era capace di scegliere se per fermare alcuni criminali (con altri criminali) c’era il bisogno di manipolare gli stessi media con delle tragedie dirette alla popolazione; lo stesso incidente che poi diede il via all’assedio di Asgard altro non fu che un suo pretesto omicida ai danni degli spettatori di uno stadio, solo ed unicamente per dichiarare guerra alla mistica città fluttuante su territorio americano. Ma, ironia della sorte, per tutto il periodo in cui Norman fu al potere un altro grande manipolatore muoveva i fili essenziali che portarono a tutto ciò: Loki, Signore dell’Inganno e delle Illusioni. Chi altri se non lui.
UN RIGIDO INVERNO. UN’AMARA STORIA
La storia a cui abbiamo fatto riferimento in precedenza è la medesima che ci insegna che spesso e volentieri, anche nel passato più vicino a noi, i grandi oratori, quelli ricchi di carisma e capaci di insinuare con le loro idee le menti (sia più semplici che non) delle masse, sono anche coloro che positivamente o negativamente, spesso hanno saputo manovrare la direzione della storia stessa, verso cammini differenti da quelli che avrebbe potuto scegliere senza interventi diretti. La storia a sua volta è una manipolazione indiretta della costante a cui non riesce a sfuggire, una costante da sempre presente sin da quando si è iniziato a parlare di storia: l’uomo. Tralasciando gli aspetti della creazione dell’universo e della formazione del pianeta Terra, da quando la creatura denominata uomo (Homo Sapiens) ha cominciato il suo viaggio ha scelto alcune fondamentali linee da seguire, tra queste la capacità di indirizzare una o più persone verso un destino differente dal loro è forse una delle prime forme di dominio, diretto o indiretto. Ma pur sempre tale.