Dopo l’annuncio del rilancio delle 52 testate da parte della DC, dalla quale, dopo una prima ipotesi di coinvolgimento, Brian Wood era stato misteriosamente escluso, lo stesso autore newyorkese spiega i motivi che lo hanno indotto a non proseguire il suo rapporto in esclusiva con la DC Comics.

In questa intervista, Wood tira le somme sui suoi 6 anni alla DC e ci spiega quali sono i suoi progetti futuri.
Anche in accordo a quanto preannunciato qui sotto, è notizia recentissima (trapelata dal FanExpo Canada Convention di Toronto) che lo scrittore sia stato ingaggiato dalla Marvel Comics per scrivere le avventure di un famoso mutante canadese a partire dal 2012. Rimanendo in attesa di ulteriori informazioni, ecco la lunga intervista rilasciata qualche tempo fa a CBR News.

Il nome di Brian Wood è stato sinonimo di Vertigo e DC Comics fin dal 2005 quando è stato pubblicato il primo numero della sua serie distopica intitolata “DMZ”. Con una formazione da visual designer, Wood ha guadagnato per la prima volta la pubblica attenzione nel 2003 grazie a “Demo”, la testata indipendente che condivideva con Becky Cloonan, incentrata su degli adolescenti con superpoteri.
Collaboratore frequente dello scrittore Warren Ellis, nel 2006 Wood aveva firmato il suo primo contratto in esclusiva con la DC Comics ed aveva iniziato a trasformarsi in una macchina per la produzione di fumetti scritti solo da lui e dei quali possedeva i diritti. Lavorando quasi completamente all’ombra del marchio Vertigo, le opere di Wood alla DC includono la scrittura delle due graphic novel “The New York Four” e “The New York Five”, la creazione della serie in stile vichingo “Nortlanders”, una nuova miniserie di “Demo”, la serie limitata “Fight for Tomorrow” ed il reboot di “DV8” per la Wildstorm, oltre ovviamente il suo lavoro sulla testata regolare di “DMZ”.

Nonostante il diffuso successo tra i critici, quest’anno è stato piuttosto agitato per Wood, dal momento che la Vertigo ha annunciato la chiusura di diverse sue testate, tra cui “DMZ” e “Northlanders”. In più, se in un primo momento Wood era stato accreditato dei testi della nuova “Supergirl” compresa nel rilancio di Settembre dei titoli DC, la casa editrice stessa ha annunciato che in realtà il team ufficiale di scrittori sarà composto da Michael Green e Mike Johnson, con il risultato che molti fan si sono chiesti se la prima ipotesi di Wood fosse stata reale o solo una voce di corridoio.

Con la cancellazione di “Northlanders”, la conclusione di “DMZ” e la fine del contratto in esclusiva di Wood con la DC, CBR News ha creduto che fosse il momento più adatto per discutere con lo scrittore a proposito del suo lavoro, delle sue ragioni che lo hanno condotto ad abbandonare uno degli editori di fumetti più popolari e cosa potesse riservare il futuro per questo tenace newyorkese.

 

CBR News: Siamo ormai alla stretta finale di “DMZ”, con l’arco narrativo di storie intitolato “Le cinque nazioni di New York”. Come ci si sente a dover dire addio a Matty, Zee, ed alla “libera” città di New York?

Brian Wood: In realtà è un fatto sia positivo che negativo. Non mi sento propriamente triste nel dover salutare per sempre questa testata, ma è stata una presenza costante nella mia vita fin dal 2005, quindi sono sicuro che ne sentirò la mancanza. Una parte di me si sente quasi liberata nell’andare oltre un progetto che, ripeto, è stato una presenza fissa negli ultimi sei o sette anni. Sono orgoglioso del mio lavoro, come anche nel vedere sempre tutti i volumi nelle fumetterie, e mi mancherà questo team, i miei editor e i collaboratori. Rappresenta comunque una grossa fetta della nostra vita. Quanti titoli di proprietà del loro creatore arrivano a 72 numeri?

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CBR: Nell’ultimo albo, il 67, vediamo che alcuni segreti tendono ad increspare il processo di pacificazione che coinvolge il padre di Matty. Ha ragione l’intervistatore del numero 67 — il perdurare nella pace nella “DMZ” rappresenta un tentativo di pacificazione per la Costa Est?

BW: Questa è una domanda davvero pessimista da parte di una persona, ma è anche valida. Una domanda che mi sono posto durante lo svolgimento della serie è stata: “L’America può davvero tornare ad essere quello che era?” Come si esce fuori da questa specie di guerra? Si può? Anche se ci fosse la pace, ci potrebbe essere una America ben definita a godersela?

Matty è proprio nel mezzo di tutto questo, in maniera veramente profonda. Si può anche davvero sostenere che LUI abbia fatto finire la guerra, che le sue azioni abbiano reso possibile tutto ciò. L’aver nascosto delle prove nel nome di un bene superiore, l’aver infranto un patto per risolvere il problema sempre aperto del Parco Delgado e, come hai ricordato, un accenno a quando succederà nell’albo 67, ci avvicinano di molto alla pace.

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CBR: “DMZ” è una serie regolari più longeve della Vertigo, e la tua prima testata mensile. Con l’ultimo albo che uscirà quest’anno, senti che per te questa sarà la fine di un’era?

BW: Sì e no. Suppongo che sia davvero la fine di un’era, nella quale io ho prodotto tutto questo lavoro per la Vertigo e non mi sono solo guadagnato da vivere, ma ho anche sviluppato la mia carriera – dal momento che essere uno scrittore della Vertigo rappresenta una vera e propria carriera. Credo che la condizione odierna del mercato dei fumetti, sommata a tutti i cambiamenti recenti alla DC, mi hanno fatto ritenere che non ci fosse più spazio per tutti. Beh, certamente almeno non per me. Le uscite della Vertigo, secondo quanto dichiarato ufficialmente dalla DC, stanno per essere ridotte e non mi potevo aspettare che mi avrebbero fatto scrivere due o più testate per loro. Cosa che, senza essere esagerati, mi avrebbe spezzato il cuore.

D’altra parte, è l’inizio di una nuova era. Avrete notato che “DMZ” è stata la mia prima testata regolare, ed è così. “Northlanders” è stata la seconda, ed anche quella serie sta per finire. Se si parte dal presupposto che io abbia ancora un mucchio di serie a lunga durata in serbo per il futuro – e spero che sia così — “DMZ” e “Northlanders” ne rappresentano il punto di partenza. Voglio conservare quello che ho imparato da loro per costruire nuove serie ancora migliori, con storie più raffinate e mature.

CBR: Durante il corso della tua permanenza alla DC i temi che hai trattato nel tuo lavoro si sono realmente evoluti, spostandosi dalle relazioni più intime tra le persone come in “Demo” e in “The New York Four” fino al caos geopolitico in “DMZ” e “Northlanders”. È stato un processo consapevole ed un tentativo di trovare il tuo modo di scrivere?

BW: Mi sono reso conto che si stava realizzando un cambiamento quando scrivevo “Demo” e “Local”. Stavo cercando attivamente di “innalzare il mio livello” rispetto a quello che c’era stato prima e di sfidare me stesso. Quando ho iniziato “DMZ” la mia prima preoccupazione era stata quella di concepire una serie regolare che avesse successo. Non stavo cercando di sperimentare nello stesso modo in cui avevo fatto su quelle altre testate, mi stavo concentrando seriamente nello scrivere una serie mensile in senso tradizionale. “Northlanders” in parte è stata concepita come una sfida verso quella stessa tradizione, e mi sono divertito davvero tanto a sfidare non solo me stesso ma anche il lettore con quella serie.

Credo che tutto questo fosse teso a trovare il mio modo di scrivere, e mi rendo conto di quanto sia servito proprio ora che sto lavorando su dei nuovi progetti. Posso guardare indietro a quegli elementi o a certe tecniche e dire, oh sì, questo è venuto fuori da “DMZ” , e questo assomiglia a cià che facevo su “Northlanders”, ecc. ecc. È abbastanza divertente interpretarla in questa maniera. Non sono una persona granché introspettiva, non mi auto-analizzo molto. Un sacco della roba che faccio riguarda l’istinto o nel seguire la mia indole.

CBR: Spostiamoci su “Northlanders”, la cui annunciata cancellazione ha sorpreso molte persone. Quando ti sei reso conto che la “Trilogia islandese” avrebbe rappresentato la conclusione della serie?

BW: Un po’ di tempo fa, forse sei mesi prima che la notizia uscisse su BleedingCool. È stata una grossa sorpresa, dal momento che ritengo “Northlanders” il titolo nel quale mi identifico maggiormente, il progetto che ho fatto diventare una specie di mio marchio di fabbrica. La DC mi ha concesso un sacco di tempo per dargli una conclusione, prima fino al numero 45, poi estendendola fino al 50. Riguardando ora tutto questo, con un po’ più di tempo per metabolizzarlo e con il senno di poi, è stata probabilmente la cosa migliore. Quello dei cinquanta numeri è un traguardo mostruoso per una testata come quella, un fumetto storico in stile criminal di ambientazione vichinga, con una trama ed un team creativo mai fisso. E come ho detto in altre occasioni, non c’è assolutamente niente che mi possa impedire di iniziare un altra testata in stile vichingo. Di sicuro ho ancora un bel mucchio di storie da raccontare a quel proposito.

CBR: Come ti sei trovato a dover concludere una serie che per sua stessa natura è composta da episodi? La notizia della sua cancellazione ti ha costretto a modificare completamente i tuoi piani in vista della “Trilogia islandese”?

BW: Mi è giunta la notizia mentre stavo scrivendo “L’assedio di Parigi”. Dal momento che la testata si sarebbe dovuta chiudere con il numero 45, questo fatto ha davvero incasinato i miei progetti. Avevo deciso di abbandonare“La Trilogia islandese” e ne è venuta fuori una storia in quattro parti che potesse concludere la serie. Ma quando la fine è stata spostata al numero 50, ho recuperato “La Trilogia islandese” così com’era e tutto ha acquistato maggiore senso compiuto.

Per quanto riguarda il modo in cui concludere la serie, credo che uno dei pregi insiti in una serie come questa è che non abbia una fine naturale. In teoria potrebbe durare all’infinito. Oppure, mettendola in un’altra maniera, la fine di uno qualunque degli archi narrativi avrebbe potuto essere la conclusione della serie.

CBR: Hai detto prima che, mentre lavoravi sulle tue serie Vertigo, hai accumulato un mucchio di muovo materiale. È questa la ragione in parte per la quale non ti sei affrettato a firmare un nuovo contratto con la DC? Volevi allargare i tuoi orizzonti creativi ancora un po’?

BW: Sì – una cosa così. Per quanto ho detto prima, una esclusiva per la DC non avrebbe avuto senso. Se mi fossi limitato al massimo ad un solo progetto Vertigo, avrei dovuto invece prendermi carico di un sacco di lavoro sul DCU, ma non mi è stato mai offerto nessun lavoro nel DCU.

CBR: Devo chiedertelo, ci sono state delle voci secondo le quali avresti scritto “Supergirl”, ed un post sul sito dei Nuovi 52 della DC ti aveva perfino inserito come lo scrittore di “Supergirl”. Ci sono stati davvero progetti che riguardavano la tua gestione di “Supergirl” che poi hai deciso di abbandonare per seguirne altri nuovi?

BW: Questa è una domanda un po’ insidiosa, dal momento che la DC, come suppongo sia avvenuto per tutti gli altri, mi ha fatto firmare un accordo che mi impedisce di rivelare qualsiasi cosa riguardi il lavoro sui “nuovi 52”. Non so davvero cosa posso e cosa non posso dire a riguardo, anche adesso. Ma per rispondere almeno in parte alla tua domanda, io non ho rinunciato a “Supergirl”. Mi sarebbe piaciuto essere lo scrittore di “Supergirl”. Avevo già quasi un anno di bozze sulle storie per “Supergirl” è diverse sceneggiature già pronte.
Non sono sicuro di cos’altro posso dire.

CBR: Parliamo allora dei prossimi fumetti sui quali stai lavorando, il più importante dei quali è la miniserie di “Supernatural”. Lavorare su un fumetto basato su una serie tv sembra una scelta piuttosto inusuale dopo tutto il tuo lavoro originale. Cosa ti ha portato a fare questa miniserie?

BW: Le tempistiche di questo lavoro sono state abbastanza divertenti. Avevo firmato per questa miniserie già un po’ di tempo fa, molto prima che il reboot della DC fosse appena un barlume in lontananza, ed il fatto che verrà pubblicato ad Ottobre lo fa quasi sembrare come se ne facesse parte. Invece no, il mio editor su “DV8” Ben Abernathy mi aveva ingaggiato per scriverla già quando “DV8” stava per chiudere. C’è solo voluto un po’ di tempo per portarlo avanti e seguire la scaletta.
Mi rendo conto che sembri strano, ma essere stato coinvolto in quel titolo mi dava molta libertà, e fino ad oggi anche un bel po’ di divertimento. Una cosa che ho capito seguendo questo progetto, insieme a quel one-shot promozionale de “Il Signore degli Anelli”, come anche quella testata non ancora annunciata sulla quale sto lavorando, è che può essere davvero liberatorio lavorare su titoli di proprietà di qualche compagnia o coperti da licenza. Non devo essere il capitano della nave – posso semplicemente scrivere la storia e godermi questa attività senza dovermi stressare su ogni dettaglio (come invece faccio nei miei lavori per i quali detengo i diritti). Rappresenta un bel cambio di ritmo.

CBR: Tra i tuoi lavori sappiamo che hai anche un nuovo fumetto per la Dark Horse intitolato “The Massive”, del quale avevi parlato con CBR a Luglio. Dal momento che anche il mondo di “The Massive” deve fronteggiare un crollo sociale, questa serie sarà simile come argomento e toni a “DMZ”?

BW: Sì, “The Massive” è stato concepito come un “rimpiazzo” per “DMZ”. La pongo in questi termini   per darli una minima collocazione – dovrebbe sostituire “DMZ” nel piano delle uscite e vuole dare ai lettori una testata verso la quale si possano trasferire senza trovare interruzioni. Non è un sequel o qualcosa di simile, ma ha uno stile e dei toni simili. In realtà, per essere più precisi, “The Massive” rispecchia una politica ed il modo di costruire un mondo tipici di “DMZ”,  ma con l’umanità di “Northlanders”.

Devono ancora uscire un bel po’ di notizie su “The Massive”. Per il NYCC l’intero obiettivo del progetto verrà rivelato.

CBR: Per chiudere, quali sono i tuoi obiettivi come autore dopo essere uscito da una esclusiva per la DC? Vorresti seguire di più dei lavori di tua concezione o avere degli incarichi a pagamento?

BW: Molti più incarichi a pagamento, sì. E più lavori di mia proprietà. Dal momento che i miei due titoli più grossi per la Vertigo andranno a chiudere, mi sento come se avessi raggiunto un traguardo, come se avessi dimostrato qualcosa in quanto scrittore di titoli creator-owned. Se guardiamo il mio punto di vista, e solo il mio, ho dimostrato che ce la posso fare, che mi posso costruire una carriera dal nulla, lavorando teoricamente solo su titoli di mia proprietà, mantenere me stesso, la mia famiglia, comprarmi una casa, ecc.ecc.
Ed avendolo fatto, ora sento che mi posso rilassare un po’ e prendere qualche lavoro a pagamento senza sentire che la mia identità di autore autonomo sia compromessa. Durante la mia permanenza in esclusiva alla DC ho realizzato 22 titoli di produzioni autonome, qualcosa di cui posso andare fiero.

Per cui quando il NYCC sarà passato, l’intero scenario del mio lavoro post-esclusiva DC verrà svelato. Attualmente credo che sarà diviso equamente tra lavori di mia proprietà e su licenza di altre compagnie, con l’intenzione di non scendere mai sotto al 50% di lavori autonomi. Come ho detto, ho un sacco di progetti a cui dedicarmi.