Intro:

Decido che è ora di dare un’occhiata ad Anderville

1999

Sono passati circa tre anni dall’avvento di una delle più grandi rivoluzioni del fumetto Disney, vale a dire dal Numero Zero di “PKNA – Paperinik New Adventures”. In questo periodo sono già uscite alcune delle migliori storie della saga quali Frammenti d’Autunno, Motore/Azione e Carpe Diem. E su questa innovativa testata si sono fatti le ossa sceneggiatori nuovi, giovani e dal grande talento, che hanno saputo usare il progetto PK non solo come mezzo per dare nuovo smalto al personaggio di Paperinik e al fumetto Disney in generale, ma anche come palestra dove affinare la loro abilità in libertà, senza alcuni dei vincoli strutturali tipici delle storie per “Topolino”.
Tra questi autori, ce n’è uno in particolare che, in parallelo all’ascesa del successo di PKNA costruisce su “Topolino” a partire dal 1997 una serie di storie spesso disegnate dall’ottimo Giorgio Cavazzano e con protagonista Topolino, il tutto in trame poliziesche. Tanto che in queste storie spesso e volentieri il protagonista più che il Topo più famoso del mondo è il commissariato di Topolinia, o addirittura l’ispettore Manetta, che conosce qui una seconda giovinezza.
Questo straordinario autore, il mio preferito degli anni ’90, è Tito Faraci. Il quale, mentre sul settimanale si fa conoscere con le storie di cui accennavo qui sopra, creando il personaggio di Rock Sassi, inventando storie memorabili con protagonisti proprio Manetta e Sassi, cercando di scavare più a fondo nell’animo di Pietro Gambadilegno e cercando di dare una dignità al personaggio di Topolino, su PKNA sfornava cose come le Angus Tales o Motore/Azione piuttosto che uno dei suoi capolavori, Trauma .
Faraci sperimentava, quindi: su PK sfruttava al massimo tutte le possibilità che il nuovo modo di concepire il fumetto Disney gli offriva, potendo spingere il pedale della demenzialità e dei tormentoni al massimo, coniugando però nello stesso tempo sceneggiature dalla forte componente seria e con tematiche profonde; su “Topolino” lo sceneggiatore si occupava di ridare la giusta dimensione a Mickey Mouse, personaggio troppo spesso in quegli anni e nei decenni precedenti reso un insopportabile perfettino (con le dovuto eccezioni, vedi Romano Scarpa e Silvano Mezzavilla per fare gli esempi più prestigiosi), approfondendo la sfera del noir, delle trame gialle e poliziesche trattate con un po’ di quell’humor brillante di cui Tito non è certo privo. E’ proprio in quest’ottica che si vede il recupero di Manetta, che viene valorizzato e diventa è protagonista insospettabile di alcune storie decisamente memorabili.
E arriviamo al 1999. PKNA è stato e continua a essere un grande successo grazie alla sua formula rivoluzionaria, e questo successo deve aver convinto le alte sfere della Disney Italia che un’operazione analoga poteva essere ripetuta, avendo un solido precedente alle spalle. Se in PKNA era stata presa una figura tanto amata come Paperinik, per poi rimodernarla in mille modi, evolvendola e spingendo verso un’estremizzazione delle sue avventure supereroistiche, la nuova testata avrebbe preso un’altra icona classica e avrebbe compiuto su di essa un’operazione simile di restyling. Questa icona era la più classica che c’era, Topolino.
La sua figura di investigatore dilettante alle prese con casi banali viene presa ed estremizzata, facendolo diventare un vero detective privato in una situazione del tutto estranea alla sua, ostile addirittura. Se per Paperinik la novità era il covo (dal rifugio sotto casa alla Ducklair Tower) per Topolino è il cambio di città (da Topolinia ad Anderville). Se per Paperinik i nemici da normali ladruncoli diventavano più pericolosi e fantascientifici (dai Bassotti a Evroniani/Razziatore), per Topolino dai soliti noti come Gamba o Macchia Nera si era arrivati a veri e propri gangster e politici corrotti.
E queste sono solo alcune delle analogie tra i progetti PK e MM. Già, perché quest’operazione verrà denominata MM – Mickey Mouse Mystery Magazine. Formato, numero di pagine, target di riferimento… tutto uguale, la molla iniziale è la stessa. E come autore ideatore della serie c’è proprio Tito Faraci, che può finalmente fondere alla perfezione e nella loro dimensione naturale le operazioni che stava compiendo da una parte su PK e dall’altra su “Topolino”.

La testata non avrà la stessa fortuna e longevità del suo gemello più grande. La sua sorte è molto più simile a quella di PK2, che infatti anche come trame e temi si avvicina di più a MM che a PKNA.
Solo 12 numeri verranno prodotti di questo fumetto, che in pratica può essere considerato una miniserie, anche perché per buona parte dei numeri il filo conduttore è una macrotrama principale che lega insieme le storie. Ad un numero limitato di uscite corrisponde anche una cerchia ristretta di sceneggiatori: Faraci è ovviamente l’autore di punta, seguito dal suo compare Francesco Artibani (l’altro mio sceneggiatore preferito degli anni ’90), e i due in pratica monopolizzano le storie salvo una comparsata di Macchetto e una di Secchi, e la collaborazione a un paio di soggetti da parte di Sisto. I disegni sono dei migliori giovani che si sono esercitati su PK, come Sciarrone e Perina, non mancando Zironi e Mastantuono. Per non parlare della guest star d’eccezione, il Maestro Giorgio Cavazzano, che ha aperto le danze disegnando il primo numero.
Perché questa testata non ha avuto successo? Le ipotesi sono che Topolino possa essere un personaggio che piace poco al lettore comune che ha radicata in sé l’idea del perfettino, oppure che rivoluzionare così le storie di Topolino è stato troppo per alcuni lettori, abituati a una sua versione più “tranquilla”, o che il personaggio-simbolo della Disney non poteva assumere atteggiamenti così “estremi”, oppure che era “troppo adulta” come serie… Non si sa, forse un connubio tra queste e altre cose, fatto sta che purtroppo un fumetto dall’altissima qualità ha riscosso poco successo e ha chiuso i battenti prima del previsto.

Questa retrospettiva vuole rendere omaggio a uno dei magazine Disney di nuova generazione più coraggiosi e adulti, uno dei prodotti più innovativi e qualitativamente migliori che la Disney Italia abbia prodotto, con un Topolino che finalmente torna più simile al se stesso originario nel carattere e nelle avventure in cui si trova, un Mickey Mouse che ricorda molto da vicino quello delle mitiche storie a strisce di Floyd Gottfredson, quando il Grande Topo si batteva con nemici davvero terribili e mortali.
Insomma, un recupero riuscitissimo dello spirito originario di Topolino, detective ma soprattutto uomo comune che finisce in guai più grandi di lui, come le migliori storie di Gottfredson e Romano Scarpa ce lo avevano restituito. Il tutto però in una forma nuova e intrigante.
Mi sembra giusto riportare infine le parole di Tito Faraci stesso su MM, pubblicate su “La Nera di Topolino” (Oscar Best Sellers Mondadori n. 1645):

Per Topolino c’era la volontà di fare qualcosa di simile [a PKNA, ndr]. Un rinnovamento che fosse radicale e, allo stesso tempo, rispettoso della tradizione. Che partisse proprio da lui, da Topolino. Un personaggio gravato dalla nomea di primo della classe, di eroe perfettino. Quando invece, nelle classiche strisce disegnate da Floyd Gottfredson fra gli anni Trenta e Cinquanta, Mickey Mouse rappresentava l’uomo qualunque che finiva per puro caso in storie più grandi di lui. Storie che spesso avevano forti tinte noir e, seppure con il filtro dell’ironia, lasciavano intravedere un mondo duro e pericoloso.
Topolino doveva tornare lì, in quel mondo. E lasciare quella Topolinia dove tutto per lui era ormai troppo semplice. […]
Si dice che per fare un eroe ci voglia una tragedia. Così, scrivendo questa sceneggiatura [Anderville, MM # 0, ndr], ho dato a Topolino la sua tragedia: la perdita di ogni sicurezza e, forse, dell’innocenza. Ma mai del sorriso. Suo e, spero, di chi legge.

Non sarò solo in questa lavoro di approfondimento: a dividere l’onore con il sottoscritto ci saranno Bruno Torrini (già al mio fianco nell’analisi di PKNA), Emmanuele Baccinelli e Roberto Fabbricatore, validissimi utenti del forum del Papersera che grazie alla loro passione e competenza mi affiancheranno nella recensione dei 12 numeri della serie. Ringrazio fin d’ora questi ottimi collaboratori per il loro lavoro.
Avanti, fatevi guidare per le strade di Anderville…

Andrea Bramini

MM # 0 – Anderville

Un giorno come un altro, a Topolino viene comunicato che è comproprietario di un’agenzia di investigazioni ad Anderville, metropoli che intuiamo essere a non eccessiva distanza da Topolinia.
Il suo socio è Sonny Mitchell, vecchio compagno di università di Topolino, tanto amico quanto diverso nel carattere: Sonny infatti ha intestato la sua agenzia a entrambi, all’insaputa di Topolino, e ora che Sonny è sparito (la sua auto è stata trovata in un fosso, vuota) il nostro eroe deve andare ad Anderville per sistemare le pratiche.
Con quest’incipit parte Anderville (Faraci/Cavazzano), una delle storie più belle scritte da Tito Faraci per la Disney, una delle sue più riuscite. E direi anche che parte la creazione di un microcosmo (come suggerirà il titolo dell’ultimo albo della serie) geniale quanto ben descritto, tanto da far empatizzare il lettore con i nuovi personaggi fin da questo numero zero.
Ricalcando l’esperienze di PKNA, infatti, si decide di non far partire la numerazione dal canonico 1 ma dal più moderno e accattivante 0. E come nel più classico degli esempi, il numero zero introduce alla nuova realtà, alle nuove situazioni e ai nuovi personaggi che popoleranno questo nuovo fumetto.
Topolino arriva ad Anderville, dicevamo, e subito si accorge anche solo dall’aspetto esteriore di come questa città sia diversa dalla sua Topolinia: in luogo delle casette con giardino, del rassicurante centro cittadino e delle vie tranquille abbiamo grattacieli altissimi, palazzi imponenti e a volte inquietanti, strade sporche e quartieri malfamati. Una città dura fin dalle apparenze. E il commissariato, dove Topolino si reca per le pratiche dell’agenzia, è altrettanto estraneo alle atmosfere topolinesi. Come direbbe Little Caesar, “è un posto interessante si ti piace il genere duri e cattivi”.
Little Caesar? Be’, in una città del genere non può mancare il tipico bar-tavola calda americano, dalla parvenza malfamata e dal cibo non certo fresco o di qualità: Topolino ci entra quasi per caso, ma quel posto diventerà il posto in cui trascorrerà più tempo il nostro Mickey. Il proprietario si chiama Little Caesar, un tipo grosso e massiccio dai modi rozzi e irresistibili, che conosce tra poliziotti e delinquenti tutta Anderville. A completare il quadro abbiamo Ray e Dash, due avventori del bar onnipresenti, che passano le loro giornate lì a scambiarsi battute a raffica sul cibo di Little Caesar, sfidando la sua ira. Quest’ambiente con questi personaggi (a cui aggiungere Stan l’edicolante, Eddie il bookmaker e Burke il tassista) formano un setting praticamente perfetto per l’atmosfera che evoca: uno sfondo decisamente azzeccato per le indagini e avventure che Topolino si troverà ad affrontare, un’atmosfera raccolta e allo stesso tempo  divertente e divertita, una cricca leale con chi sa guadagnarsi la sua fiducia (come riesce subito a fare Topolino) ma anche fondamentalmente cazzara.
Già da questo numero, in effetti, Topolino avrà modo di scoprire quanto può essergli utile in una città come questa il supporto di Little Caesar e degli altri: si dà il caso che il Topo dalle orecchie tonde incappi nelle mire del Professore, docente di crimine applicato, un uomo che si occupa di mantenere l’ordine e la gerarchia all’interno del crimine di Anderville. E’ questi un personaggio a mio parere estremamente interessante, e mi spiace che sia stato poco sfruttato (comparirà in futuro solo nel # 6). Il Professore ha un compito per Topolino, quello di individuare e far arrestare un sicario che viene da fuori, esterno al crimine organizzato della città e che quindi non è ben visto per il suo ruolo destabilizzante nel sistema.
Le risorse che Topolino e i suoi nuovi amici mettono in campo per trovare questo Rud Kaminsky li portano a scoperchiare un “vaso di Pandora” non da poco, e le cui conseguenze si ripercuoteranno nei prossimi numeri. Infatti in seguito alle implicazioni di  quest’operazione, l’ispettore Jan Clayton gli vieta di lasciare la città. Motivo per cui Topolino deciderà di prendere le redini dell’agenzia di cui è socio.
Come dicevo, la sceneggiatura è un’armonia magica e incantevole, mai stonata e che riesce a introdurre tutto quello che è importante per MM riuscendo anche a metterci subito una storia interessante e avventurosa e definendo i contorni di questo nuovo mondo. Perché i particolari (il commissariato, Little Caesar, le strade…) derivano tutti dall’insieme, da Anderville stessa, che Faraci si è divertito a costruire partendo dagli esempio di città “malate” che compaiono in tanti film e romanzi hard-boiled, città in cui dilaga la corruzione della politica e la malavita seria e pericolosa. Insomma, tutta un’altra storia rispetto a Topolinia, e Topolino se ne accorge in fretta. Ma altrettanto in fretta impara: lo scontro che ha contro un “pesce piccolo” fuori dalla tavola calda dimostra come, anche se appena arrivato, Topolino sa già destreggiarsi in un ambiente noir dato che, come ha sottolineato l’autore, le sue storie a strisce lo vedevano coinvolto spesso in situazioni del genere.
Faraci quindi costruisce l’architettura del nuovo mondo partendo dalla città (in fondo, anche in PKNA Paperopoli viene in parte modernizzata, mostrando un centro città con un grattacielo come la Ducklair Tower, e ancora di più la città verrà stravolta nella terza serie di PK, con il concetto di Paperopoli 2.0) e definendo i particolari, ma anche inventando personaggi che già dalla prima storia si mostrano molto tridimensionali e realistici, sempre rifacendosi agli stilemi del noir più classico. Little Caesar, Clayton, il pesce piccolo, Kaminsky fanno tutti parte di un immaginario comune e ben radicato in certa narrativa, ma che mai come allora aveva trovato uno spazio così ben sfruttato e non parodistico nel mondo Disney (Gottfredson a parte). C’è anche la figura delle femme fatale, incarnata dalla fidanzata di Sonny, Vera Ackerman, una ragazza piuttosto ambigua e misteriosa. Simili comprimari costituivano un aspetto atipico decisamente esaltante, specie per chi già amava PK.
Sono inoltre degni di nota due particolari importanti che sono presenti qui e che torneranno nelle prossime storie: l’ironia da una parte e i pensieri di Topolino dall’altra!
Forse non è nemmeno il caso di sottolinearlo, parlando di Faraci, ma è bene ricordare che il suo particolare stile di sceneggiatura ricolmo d battute salaci e di sarcasmo a go go trova in MM uno sbocco particolarmente felice, forse perché anch’esso tipico della letteratura noir (il detective classico ha sempre la battuta pronta). La cosa si riscontra moltissimo nel terzetto Ray, Dash e Little Caesar, ma anche Topolino stesso non si risparmia un linguaggio brillante e spigliato che lo rende molto credibile e simpatico.
A questo si aggiunga il fatto che Tito può sviluppare al pieno delle potenzialità quello che è un suo marchio di fabbrica nelle sue storie: le didascalie che riportano i pensieri in tempo reale del protagonista. Usata in alcune storie per “Topolino” (vedere la prima tavola di Dalla Parte Sbagliata per capire) e in almeno due storie per PK (Trauma in PKNA # 10 e Tutto e Niente in PK2 # 13), è una tecnica molto stuzzicante, specie perché spesso i pensieri che possiamo leggere sono o perle di saggezza dal valore riflessivo o ancora battutine ironiche che aumentano il loro effetto umoristico immaginandosi che il protagonista non le dice ad alta voce a benefici di un “pubblico” ma le formula tra sé e sé. Fantastico! Questo, insieme all’indicazione di luogo e tempo in cui ci troviamo scritto dentro uno “squarcio nero” saranno due caratteristiche delle tavole di MM.
In tutto questo popò di modernismo e coraggio narrativo, ai disegni abbiamo un Maestro Disney, Giorgio Cavazzano. Se non è strano vedere Cavazzano fare coppia con Faraci (molte delle più belle storie dello sceneggiatore di Gallarate sono disegnate da Giorgio), è già più atipico vedere un grande nome del fumetto disegnare una storia per un fumetto Disney di Nuova Generazione. Cavazzano è l’unico Maestro infatti che collaborerà a queste realtà editoriali (prima di questa storia aveva già disegnato due storie brevi per lo Speciale 97 e lo Speciale 98 di PKNA), e si occupa di definire il character design dei protagonisti, tracciando una linea d’ispirazione per tutti gli artisti che verranno dopo di lui, e riuscendo a coniugare il suo stile classicamente disneyano con sfondi più arditi a inusuali, e con la struttura delle tavole più aperta (vedi le bellissime due tavole mute in cui predomina il blu). Sfondi a parte ogni personaggio benedetto dalla matita di Cavazzano è uno splendore, non solo tutti i nuovi personaggi ma Topolino stesso, che è davvero meraviglioso, classico ma slanciato e vivo, esaltato anche dalle chine.
Insomma, una partenza col botto sotto tutti i punti di vista. La nuova realtà di Topolino, con i suoi limiti geografici e i suoi comprimari e antagonisti è fissata, ora occorre solo svilupparla. E le prossime storie lo sapranno fare in modo egregio.
Questa storia è stata ristampata in Italia nel volume “MM – Le Origini”(uscito come cartonato nel 1999 e come Disney Time # 27 nel 2001) – insieme ai due numeri successivi – e in “La Nera di Topolino” (Oscar Best Sellers Mondadori n. 1645).

Andrea Bramini

MM # 1 – The Link

Un certo libro in cui sono riportati i nomi di persone implicate in un giro di scommesse clandestine finisce nelle mani di due agenti, e un certo nome crea una serie di conseguenze a catena.
Intanto Tomoka Marshall, imprigionato nel carcere di Older per una rapina di qualche anno prima, viene inaspettatamente scarcerato, e i presunti complici (mai traditi da Tomoka e mai accertati) iniziano a subire attentati. Topolino viene incaricato di trovare Tomoka, che uscito dal carcere è sparito dalla circolazione.
The Link (Faraci & Sisto/Perina) riesce a inserire quello che un po’ era mancato nel # 0, il giallo in senso stretto. In Anderville non c’era un colpevole da scoprire, bensì un’esaltante caccia all’uomo. Qui invece, anche se apparentemente all’inizio sembra ripetersi la cosa, verranno fuori intrecci insospettabili che Tito costruisce con grande abilità di giallista a fumetti. Manda Topolino in una palestra di savate, gli fa girare Anderville sul taxi del folle Burke, lo fa indagare in lungo e in largo e alla fine gli fa svelare il mistero, mostrando per la seconda volta di fila come ad Anderville nulla è mai quello che sembra, e le connivenze tra “buoni” e “cattivi” non sono rare (roba impensabile fino a pochi anni prima in un fumetto Disney, una cosa del genere!).
La storia è degna d’importanza perché anche se sembra slacciarsi momentaneamente da ciò che è stato lasciato in sospeso nel # 0, intanto presenta un personaggio come Leopold Millighan che rivedremo nei prossimi numeri, e inoltre ritengo sia stata una mossa intelligente mostrare un’indagine “di routine” nella nuova vita di Topolino, prima di approfondire seriamente la macrotrama che dominerà la prima parte di MM. Macrotrama che viene sibillinamente annunciata nelle ultime tavole della storia.
A proposito delle ultime tavole, è da notare che parte qui un’abitudine che ci porteremo dietro fino al # 5, quella di avere ala fine della storia un’ultima tavola, muta, in cui vediamo Topolino guardare al cinema o in televisione, come se fosse un film, la storia che abbiamo appena letto. Voci di corridoio affermano che sia stato un tentativo di mettere una certa distanza dal Topolino classico a quello di MM, come se la variante di questa nuova testata fosse solo una finzione cinematografica.
Dal punto di vista grafico abbiamo il valido Alessandro Perina, all’epoca quarantenne, disegnatore che io apprezzo molto soprattutto con i Paperi. Ma su “Topolino” si contano numerose ottime prove di Perina con Topolino e il suo universo, così come lascerà il segno disegnando ottimamente il primo numero di “X-Mickey” oltre che un’altra storia per MM e molte copertine di questa testata, creando in quest’ultimo campo dei piccoli capolavori grafici. Comunque anche in questa storia se la cava egregiamente, riprende alla perfezione le linee guida di Cavazzano e le fa sue, con uno stile forse un po’ legnoso in alcune pose ma nel complesso molto buono.

Andrea Bramini

MM # 2 – Estrelita

Il titolo del # 0 corrispondeva a quello della città co-protagonista a tutti gli effetti di MM. Il terzo numero usa ancora come titolo il nome di una città. Estrelita (Artibani/Zironi) è una storia di svolta sotto molti aspetti. Il più evidente è lo sceneggiatore, che stavolta non è più Tito Faraci ma Francesco Artibani, altro leone degli anni ’90 in casa Disney e che a quattro mani con Tito ha pure scritto alcune storie (su tutte Topolino e il Fiume del Tempo e Un Papero in Rosso). Artibani diventerà praticamente l’unica alternativa a Faraci nello scrivere le storie di MM, dato che fatto salvo i nn. 8 e 9 tutti gli albi sono firmati da costoro, dividendosi di fatto il progetto MM praticamente al 50 % a testa.
Appare chiaro che i due scrittori abbiano lavorato a stretto contatto e sviluppato la serie insieme già da questa storia, che riprende i fatti riguardanti Sonny Mitchell e il politico di Anderville Henry J. Lasswell (narrati nel # 0) portandoli a una momentanea prima conclusione. Grazie a un depliant pubblicitario Topolino scopre che Sonny non è scomparso, ma ancora vivo e presumibilmente ad Estrelita, cittadina del Messico vicino al confine. Insieme a Vera Ackerman, Topolino viola il divieto di lasciare la città e si mette alla ricerca di Sonny.
Verrà così a conoscenza di un piano molto ben ordito, che include magagne politiche, loschi traffici, protezione di testimoni e connivenze tra potenti e gangster. Una storia più grande di Sonny, insomma, e forse anche per Topolino, che qui sembra vedersela brutta più di una volta!
“L’arte di complicarsi la vita non si impara, è una dote innata. Ve lo dice uno che se ne intende” pensa Topolino nel corso di quest’avventura, e a noi lettori viene un po’ da pensare che sia vero. Ma anche che siamo felici che questo piccolo topo si cacci in guai simili e riesca a uscirne senza essere un’insopportabile so-tutto, ma uscendone come un uomo comune.
E’ da notare come in questa storia la violenza politically un-correct non manchi, da quella paventata degli sgherri nelle prime tavole a quella effettiva – la terribile sparatoria che Topolino, Sonny e Vera subiranno nell’ufficio, che lascerà il segno sui muri ben visibili nei prossimi numeri. Ma anche quella degli agenti di Estrelita che portano in cella Topolino è notevole, insomma scene forti per l’ambito di Topolino che sul settimanale non avremmo certo visto.
Artibani, come dicevo, è sulla stessa lunghezza d’onda per quanto riguarda la gestione di questo mondo così particolare, e lo dimostra con un’ottima padronanza degli ambienti e dei personaggi nuovi, oltre che di questo Topolino “straniero in terra straniera”. È coadiuvato alle matite da Giuseppe Zironi, artista decisamente poliedrico che sul settimanale ha già lavorato su ottime storie, alcune anche scritte da lui, e che graficamente erano caratterizzate da un certo spirito innovatore. Anche qui non è da meno, distaccandosi più di quanto non ha fatto Perina nello scorso numero dal modello cavazzaniano (vedi ad esempio Little Caesar) ma rendendo sempre i personaggi riconoscibili. Il tratto “sporco” di Zironi ben si confà alla storia, ambientata in una città di confine polverosa, adatta secondo me ad essere rappresentata con questo tocco. Il Topolino di questo artista risulta comunque molto plastico e godibilissimo da vedersi, in uno stile caratteristico che lo fa ricondurre subito al suo autore.
Concludo dicendo che le ultime tavole, con Topolino che nonostante si senta ancora un estraneo ad Anderville si senta meno solo sapendo che Sonny non è morto come credeva nel # 0, è molto commovente e sceneggiata benissimo.

Andrea Bramini

MM # 3 – Lost & Found

Dopo tre numeri in cui ci si è dedicati in pieno alla trama principale del fumetto, in Lost & Found (Faraci & Sisto/Sciarrone) Faraci decide di prendersi una piccola pausa dalle vicende Lasswell e di sfornare così una storia più autoconclusiva. Che in realtà si divide in due storie ben precise, anche se di diversa importanza, che alla fine si uniranno in una conclusione comune.
Il primo  – e più importante – caso di cui deve occuparsi Topolino gli viene affidato dalla signorina Jennifer Power, figlia di uno dei più grandi finanzieri della città, il quale è a capo, con il signor Steven Smithson, della società Smithson & Power, uno dei più potenti colossi economici di Anderville. La signorina intende ritrovare un certo Dirk Morris, amico e dipendente della ditta di famiglia sospettato di un ammanco dalle casse della società di ben un milione di dollari.
Il secondo caso riguarda Peter Gamo, ingenuo e bonaccione ragazzo di campagna al quale è stata sottratta una cospicua somma di denaro.
Entrambi i piani narrativi sono condotti da Faraci con grande maestria e pur essendo praticamente scollegati dalla trama principale coinvolgono non poco il lettore grazie al solita maniera adulta e avvincente con la quale Tito li sa trattare.
Il nostro sceneggiatore, però, non dimentica completamente le vicende narrate nei precedenti numeri, e coglie l’occasione di presentarci tre importantissimi personaggi che saranno determinanti per l’andamento della serie, riuscendo anche talvolta a legarli mirabilmente alla storia dell’albo: si tratta della infida Gloria Gump, direttrice del carcere di Older e detentrice, insieme a Lasswell e Millighan, di ogni potere e controllo su Anderville, del procuratore Stanson, conduttore delle indagini e delle accuse contro Lasswell, e di Muck Rackers, talentuoso quanto sbruffoncello giornalista che si rivelerà un prezioso alleato per Topolino.
Certo è che il numero è da ricordare anche per l’esordio ai disegni di uno Sciarrone in forma smagliante, il cui comparto grafico fa impallidire quello pur ottimo di Cavazzano nel primo numero. Ambientazioni strepitose, dettagli a profusione, personaggi perfetti e finalmente meno caricaturali del solito, scene d’azione dinamiche. Impossibile non restare affascinati da tale meraviglia visiva.
Da segnalare sicuramente un altro esordio, quello, in chiusura, delle storie brevi che già all’epoca di PKNA spopolarono fra i consensi dei lettori. Qui ad aprire la consuetudine è la miniserie True Stories, Real Life, con l’episodio Lo Scoop (Ziche) che narra le dissacranti avventure di Chester Soup, scapestrato giornalista dell’ “Anderville Star Tribune”. Impossibile che il tratto grafico e il colore di Silvia Ziche non ricordino nei PKers più accaniti le esilaranti avventure delle Angus Tales di pikappica memoria, nel loro essere espressivissimi e adattissimi alle atmosfere comiche della breve.

Bruno Torrini