REVISIONISMO SI O REVISIONISMO NO?

 

Passiamo ora a Frank Miller e al suo Daredevil.

Breve digressione.
Marshall Law è una serie scritta da Pat Mills e disegnata da Kevin O’Neill, apparsa per la prima volta nel 1987 ad opera della Epic Comics (in seguito è stata pubblicata anche dalla Apocalypse Comics, dalla Dark Horse e dalla Image Comics).
Al suo interno i supereroi classici vengono derisi e messi in ridicolo; una frase tratta da quest’opera recita:

Sapete perché i supereroi portano la maschera? Per la vergogna.

Focalizziamoci su questa citazione, che per me è la chiave di tutto.

Questa frase potrebbe essere applicata senza alcun problema ai protagonisti di Watchmen (la celeberrima graphic novel realizzata da Alan Moore e Dave Gibbons), ai quali calzerebbe a pennello.

Come descrivere infatti Il Comico? Oppure Ozymandias? O Rorschach? Che cosa dire riguardo lo “schifo morale” (se mi si consente l’utilizzo di questa espressione grezza e decisamene forte) che permea i rapporti fra i membri dei Minutemen e degli Acchiappa-Crimini?

Il Comico è un agente governativo che, in nome della realpolitik, si trova solamente a compiere il suo dovere, un uomo cinico che ha una visone dei sentimenti e dell’amore decisamente anticonvenzionale e tutta propria oppure è semplicemente un volgare omicida e stupratore?
Ozymandias è un terrorista genocida oppure una mente brillante e illuminata che, operando una scelta in base ad una fredda e razionale valutazione basata sul principio dell’analisi dei costi e dei benefici, regala all’umanità, forse per la prima volta nel corso della sua storia, una fase di pace e cooperazione a livello planetario?

Rorschach è un giustiziere duro ma coerente che persegue fino in fondo la ricerca della verità oppure è un un feroce vigilantes, un brutale assassino, uno psicopatico violento, misogino e omofobico che, con le sue ultime azioni, potrebbe far nuovamente precipitare l’umanità nel baratro della guerra?
I giornalisti del The New Frontiersman sono degli estremisti faziosi che promuovono aberranti cacce alle streghe in nome di visioni ideologiche esecrabili oppure, come potrebbe suggerire la vignetta conclusiva dell’opera, rappresentano l’ultimo baluardo per la difesa e la diffusione della verità?

Come si vede, in Watchmen tutto è sfumato, tutto è indefinito.
Il lettore si trova di fronte a dilemmi difficilmente risolvibili (o forse non risolvibili affatto), i ruoli sono ambigui e i giudizi risultano assai ardui.

Quello che è certo è che difficilmente ad un lettore verrebbe spontaneo accostare il termine “eroe” ad uno dei sopraccitati protagonisti di Watchmen.
Anzi, in Watchmen il concetto stesso si supereroismo classico viene prepotentemente intaccato, subendo delle veementi sferzate.
In una parola, grazie al genio di Alan Moore, con abilità e con maestria viene messo in discussione alla radice e, come si è soliti dire, viene “decostruito”.

Nella produzione supereroistica mainstream di Frank Miller invece (ovvero quella che riguarda Daredevil e Batman) a mio modesto parere ciò non avviene.
Nelle storie di Frank Miller assistiamo alla presenza di una prosa cruda, di un linguaggio volgare, di scene di violenza estrema, ma in riferimento ai protagonisti in esse tratteggiati non scorgo le ambiguità di cui si parlava sopra.

Nessun lettore si sognerebbe di provare empatia o di parteggiare idealmente per Bullseye o Kingpin piuttosto che per i poliziotti corrotti che appaiono in Batman: Year One.
I ruoli sono chiari.
Daredevil e Batman sono gli eroi, Bullseye, Kingpin e i poliziotti corrotti del Commissariato di Gotham City sono i villain.

Non solo, riprendendo la citazione tratta da Marshall Law, il Batman di Miller “non prova alcuna vergogna” in riferimento al suo ruolo di supereroe, ma lo interpreta anzi in modo estremamente fiero (e questo sia agli albori della sua carriera, descritti in Year One, sia in età anziana, come visto in The Dark Knight Returns prima e in The Dark Knight Strikes Again poi).
La stessa cosa vale per il suo Daredevil.
L’ultima tavola di quella pietra miliare del fumetto che risponde al nome di Born Again rappresenta un inno alla speranza, alla positività e alla voglia di rialzarsi e a gurdare con ottimismo e fiducia al domani, nonostante tutti i colpi che la vita è in grado di infliggerti (e nel ciclo di Miller la vita gliene assesta di veramente duri).
Un modo di affrontare la realtà proprio appunto di un eroe.

Si potrebbe poi osservare che il Batman di Miller rispetta un rigido codice etico-morale che gli impedisce di uccidere.
In ogni caso, il suo mancato rispetto non segnerebbe comunque il passaggio dallo status di eroe a qualcosa di diverso.

Nel paragrafo precedente si faceva riferimento agli eroi dei poemi epici antichi come agli antenati dei moderni supereroi.
Nonostante l’oggetto della poesia apica fosse quello di raccontare “i fatti nobili” e di ispirare gli uomini attraverso le loro gesta essi erano comunque degli essere fallibili, e quindi in quanto tali talvolta commettevano errori e azioni censurabili.
La stessa cosa, specularmente, avviene anche con i moderni supereroi.
Flash ha ucciso il Dottor Zoom. Il Superman di John Byrne ha giustiziato dei criminali alieni. Wonder Woman ha ucciso Maxwell Lord spezzandogli il collo. Hal Jordan ha ceduto alla disperazione e alla paura lasciandosi possedere da Parallax e sterminando il Corpo delle Lanterne Verdi.

Nessuno però si sognerebbe di sostenere che Superman, Flash, Wonder Woman o Lanterna Verde non sono degli eroi. E questo perchè una singola scelta errata non può determinare un giudizio sommario su un personaggio, se egli in fondo all’animo è un eroe (e attraverso le sue azioni cerca di riparare ai suoi eventuali errori).

D’altra parte il concetto di “fallibilità” fa parte già da molto tempo del patrimonio genetico dei moderni supereroi.

Almeno da quando Stan Lee ha coniato il celebre motto “supereroi con super problemi”, dando vita a personaggi psicologicamente complessi, insicuri, tormentati e che, appunto, commettono errori (in una parola: estremamente umani).

Ritornando a Miller, prendo in prestito parte di un mio intervento su di lui scritto qualche tempo fa:

Miller mostra i lati più torbidi dell'esistenza umana, anzichè proporre una visione tanto idilliaca e imbiancata quanto utopistica e falsa della società sceglie di far vedere il peggio di essa.
Ma nello scegliere di adottare questa prospettiva non esalta affatto la "sporcizia" generata dall'uomo, tutt'altro.

I protagonisti delle sue storie sono persone che si trovano a dover agire all'interno di contesti "duri" e difficili, ma che nonostante ciò non adottano un atteggiamento remissivo, accettando passivamente soprusi, prevaricazioni, che non si omologano allo squallore morale e intellettuale che li circonda, ma che al contrario decidono di reagire.

E lo fanno gettandosi nella mischia in prima persona, senza delegare ad altri il compito.

Io in Daredevil: Born Again vedo l'esaltazione assoluta del concetto di eroismo nella sua forma più pura e ideale.
C'è un eroe che anche se vive e agisce in un ambiente che è una galleria delle peggiori bassezze e meschinità umane è animato da ideali nobili, che cade dopo essere stato tradito dagli affetti più cari e nonostante ciò trova la forza per rialzarsi.
E' un inno alla speranza.

Lo stesso eroismo permea la pagine di Batman: Year One, de Il Ritorno del Cavaliere Oscuro e de Il Cavaliere Oscuro Colpisce Ancora, dove un uomo vecchio e stanco trova ancora una volta la forza per fare la cosa giusta, a differenza di un Superman che sceglie di accantonare parzialmente i suoi ideali in nome di un approccio più "pragmatico" diventando di fatto un ingranaggio di un sistema corrotto che pratica la coercizione.

In ultima battuta mi piace sottolineare come i protagonisti delle storie di Miller, anche quando non sono persone comuni ma supereroi, non sono mai delle pseudo divinità.
Perchè è facile fare la cosa giusta quando si è un Dio o quasi.
Lo è molto di più quando si è una persona normale che deve affrontare i mille problemi che le vengono posti continuamente davanti dall'esistenza quotidiana.
Quello che però Miller vuole dire tra le righe è che se i suoi personaggi, che non hanno i poteri di Superman piuttosto che di Thor, sono in grado di avere uno scatto di orgoglio e di provare a fare qualcosa, allora tutti noi possiamo fare altrettanto.

Ecco perchè sotto la superficie "truce" che caratterizza le sue storie, spesso in Miller leggo l'esaltazione dell'eroismo e non scorgo alcuna deriva "fascista", come invece denunciato da molti suoi detrattori.

Alla luce di tutte le considerazioni fin qui esposte, ritengo che le presunte affinità fra le opere realizzate intorno alla metà degli anni ’80 da Alan Moore e da Frank Miller siano più di carattere superficiale che non concettuale.
Ovvero, laddove Watchmen è una storia CON supereroi ma non DI supereroi e quindi non collocabile esclusivamente all’interno del perimetro costituito dal supereroismo di matrice classica, le storie di Miller con protagonista Daredevil risultano splendide e innovative ma non hanno l’intenzione di andare “oltre” il supereroismo per approdare a qualcosa di diverso.

Fissati questi paletti, mi riallaccio a una delle recenti questioni fonte di attrito fra alcune fasce di lettori a cui si accennava all’inizio dell’articolo, ovvero la decisione della Marvel di affidare le redini di Daredevil allo scrittore Mark Waid.
Io non metto in discussione il fatto che la storia di Daredevil sia stata segnata in modo indelebile dall’opera di Frank Miller.
Così come non contesto il fatto che il Daredevil recente (ho preso a titolo di esempio quello di Bendis perchè si tratta di una gestione a suo modo significativa e importante) sia un personaggio tremendamente borderline, molto più vicino al ruolo di villain che a quello di eroe.
Contesto il fatto (in virtù di quanto detto fin qui) che questo rappresenti l’evoluzione logica e coerente di quanto iniziato da Miller, il suo approdo naturale, e che in quanto tale sarebbe meglio non mettere in discussione.

La mia intenzione non è quella di mettermi a sindacare sui giudizi individuali circa la qualità delle storie realizzate nel recente passato, ma quella di difendere la legittimità dell’operazione decisa dalla Marvel.
Quello che mi ha colpito è stato leggere molti commenti estremamente negativi che prescindono dall’analisi delle storie del nuovo ciclo (che d’altra parte devono ancora essere pubblicate) e che vertono sul fatto che un’operazione di questo tipo è non solo concettualmente sbagliata, ma addirittura moralmente censurabile, portando quindi la discussione molto al di là rispetto ad una valutazione strettamente artistica del nuovo corso (valutazione che come è ovvio è totalmente opinabile).

In concluione: il nuovo ciclo di Daredevil firmato Mark Waid darà un apporto positivo al personaggio oppure no?
Ovviamente solo il tempo (e i gusti personali di ciascuno di noi) potranno rispondere a questa domanda.

 

UN PASSO IN AVANTI E DUE PASSI INDIETRO?

Esaminiamo adesso la questione relativa alla decisione della DC Comics di tornare ad utilizzare il personaggio di John Constantine (autentica icona della linea editoriale Vertigo) anche all’interno del DC Universe tradizionale.

Si potrebbe preliminarmente rilevare che non si tratta di un “trasferimento” dall’Universo Vertigo a quello DC, dal momento che la serie Hellblazer continuerà a venire pubblicata, mentre in secondo luogo si potrebbe far notare che le apparizioni di John Constantine nel DC Universe tradizionale non influiranno in alcun modo con le vicende narrate sulle pagine della sua serie personale, in quanto la soluzione adottata dalla DC sarà identica a quella adottata dalla Marvel nei confronti del Punisher, prevedendo la creazione di due continuity separate (il Punisher che interagisce con il resto dell’Universo Marvel segue una continuity, mentre il Punisher protagonista della serie MAX ne segue un’altra, interna alla testata e assolutamente autonoma rispetto al resto della produzione supereroistica della Casa delle Idee).

Di fatto quindi si tratterà di due personaggi diversi.
Questo non dovrebbe bastare per sgomeberare il campo da dubbi, timori, preoccupazioni, perplessità, malumori e lamentele?
La risposta è no, in quanto i termini della questione sono un po’ più complessi, esulando dal caso specifico in esame e non consentendo quindi di liquidarla così semplicemente.

Il punto nodale è: prendere un personaggio e inserirlo all’interno di un contesto differente rispetto a quello nel quale si è storicamente affermato rappresenta una mancanza di rispetto verso i suoi fan?
E, nel caso si tratti di un personaggio la cui vita editoriale è a rischio, è lecito utilizzare quella del cambio del contesto come ultima carta nella speranza di rivitalizzarlo oppure è più dignitoso lasciarlo morire?

Per provare a rispondere a questi interrogativi facciamo un passo indietro.
Riportiamo per una attimo le lancette dell’orologio più o meno ad un decennio fa, ovvero a quando, all’alba del nuovo millennio, Joe Quesada ha assunto il ruolo di editor-in-chief della Marvel Comics.

Una delle linee guida più apprezzate da una certa fascia di pubblico da parte della Marvel di Joe Quesada è stata quella che ha visto il mettere al timone di molte serie scrittori provenienti dal mondo delle produzioni indipendenti, con la conseguente irruzione di atmosfere, situazioni e tematiche diverse (e in alcuni casi difficilmente conciliabili, se non addirittura antitetiche) rispetto a quelle della produzione supereroistica classica.
In questi anni i sostenitori più entusiastici del nuovo corso hanno spesso bollato le inevitabili rimostranze dei lettori più a loro agio e più in sintonia con un tipo di produzione supereroistica di stampo classico come retrograde ed eccessivamente conservatrici, indice di una scarsa apertura e di una mancanza di voglia di sperimentare.

Quando la Vertigo è nata ha attinto a piene mani dal versante mainstream, rivitalizzando personaggi nati nell’alveo del DC Universe tradizionale (come ad esempio SandmanBlack OrchidHuman TargetHouse of SectresKid EternityAnimal ManDoom PatrolShadeUnknown Soldier) ma che in quell’ambito erano ormai editorialmente agonizzanti o comunque relegati a posizioni di secondo piano.

Perchè invece l’eventuale percorso inverso sarebbe oggetto di critica accesa, venendo visto come qualcosa alla stregua di un salmone che risale la corrente?

Se si sposa la linea di pensiero secondo la quale gli universi narrativi devono essere qualcosa a compartimento stagno, rigidamente separati da tutto il resto, allora questo impone l’essere refrattari a contaminazioni di qualsivoglia tipo e in qualsivoglia senso (compreso il transito dei personaggi sull’asse mainstream-autorialità e viceversa).

Se invece si riconosce un valore positivo al concetto di “contaminazione” e la si accetta si dà per scontato che il mercato editoriale sarà perennemente caratterizzato da periodici cicli e ricicli, da flussi e da riflussi (il che ovviamente contempla anche la possibilità che un personaggio precedentemente oggetto di “sperimentazione” venga ricondotto su binari più vicini a quelli del supereroismo tradizionale), come se ci si trovasse di fronte a una massa instabile e in perenne movimento, che ora si espande e ora ripiega su sè stessa.

E’ opinione diffusa che la varietà dell’offerta sia un fattore sempre e comunque positivo.
Anche io sono di questo avviso, e non solamente per quanto riguarda il mondo dell’editoria.

Più su ho parlato della svolta impressa da Joe Quesada dopo aver assunto il ruolo di editor-in-chief della Marvel.
Un tipo di commento che mi è capitato di leggere piuttosto frequentemente in merito a svariate serie pubblicate dalla Marvel negli ultimi anni è stato quello che più o meno recitava: “è praticamente una serie Vertigo” (ovviamente sottointendendo che ciò rappresenta un fattore positivo e implicitamente auspicando che questa tendenza si diffondesse quanto più possibile all’interno della produzione mainstream).

Laddove questo auspicio si trasformasse in realtà genererebbe però un paradosso.

Ovvero: se la Vertigo (per forza di cose!) fa la Vertigo, e il settore supereroistico mainstream fa anche lui la Vertigo, questo non produce un’omologazione dell’offerta e una riduzione della scelta uguale e contraria a quella rappresentata dall’assenza di variazioni sul tema rispetto ai classici supereroi a causa di una scena indipendente morente?

Ovviamente, così come non sarei felice della scomparsa della produzione supereroistica di stampo classico, allo stesso modo guarderei con estrema preoccupazione a uno scenario caratterizzato ad esempio dal crollo totale della Vertigo, della Image Comics e della Dark Horse, auspicando invece un mercato in equilibrio.

La domanda successiva che sorge spontanea è: quali sono le ragioni che in questo momento sembrano determinare, per l’apprensione di una non trascurabile fascia di lettori, un mercato poco bilanciato che va verso una supposta sovraofferta supereroistica mainstream?
Proverò a spiegarne le ragioni nei due paragrafi successivi.