Wolverine Origini

Lug 3, 2011

Testi: Paul Jenkins.
Disegni: Andy Kubert.
Edizione Originale: Wolverine – The Origin – Mini di 6 numeri dal Novembre 2001 al Luglio 2002.
Edizione Italiana: Wolverine Origini – Raccolta in tre volumi dal Luglio 2002 al Settembre 2002.

 

Dopo Claremont e Miller (chiusura di un’epoca e antecedenza dell’iconografia)

Negli anni ’70 un personaggio avvolto in un costume giallo canarino e con artigli che spuntano dalle nocche delle mani, col volto celato da una maschera coi baffetti, si lanciava urlante contro il Golia Verde per antonomasia: Hulk.
Costui era un personaggio canadese dal passato non definito e dalle avventure incerte (in origine, Logan, doveva essere biondo).
Da quel fatidico urlo alle avventure degli X-Men, avvenute in antecedenza a tutto ciò, Claremont prese, per la sua Seconda Genesi del tutto personale, lo stesso personaggio di cui sopra, e lo mischiò ad un cast di tutto rispetto: un russo, una kenyota, un tedesco, un irlandese, un pellerossa, un giapponese e via dicendo.
Wolverine, il ghiottone della desolate foreste innevate del Canada, faceva irruzione sulle, e dalle, pagine del mensile, rinato, degli Uomini-X.
Le avventure con gli altri mutanti resero ancor più iconica la sua figura, se  il suo aspetto inizialmente era quello di un poco di buono, col tempo abbiamo imparato che tutta quella bruttura altro non era che il segno indelebile di un passato segnato dall’orrore continuo.
Nel 1982 Chris Claremont e Frank Miller consegnarono alla storia ciò che oggi noi conosciamo come la prima serie su Wolverine: una mini di 4 numeri che segnò lo spartiacque tra il limite ideale del raccontare e del saper narrare (sia nei testi che nei disegni) il personaggio stesso.
La mini giocava sul fatto che il suo passato fosse sconosciuto anche a Logan, contando sul fatto che lui non aveva memoria di sè e possedeva solo alcuni e dubbiosi ricordi di ciò che era stato.
Se la “prosa” di Claremont evidenzia persino l’estrazione degli artigli da parte del Ghiottone stesso, le dinamiche sequenze di Miller ci regalano una delle più grandi influenze del plasticismo e della cinetica del fumetto giapponese portate in un comic book americano.
Lone Wolf and Cub è uno dei manga più belli della storia del fumetto nipponico: narra il peregrinare di un ronin (samurai senza padrone) nel Giappone di epoca feudale (o quello che molti chiamano “Medioevo Giapponese”); Miller studiò tavola per tavola questa colossale opera fumettistica e ne carpì l’ideale taglio che ogni pagina, ogni singola vignetta, poteva apportare alla fluidità delle scene e al sensazionale senso di narrazione inteso come “descrittività visuale”.
L’ambientazione orientale, il gioco delle ombre, i ninja e il senso dell’onore, fecero di questa mini un must dell’eroe stesso e iniziò a presentare il potenziale del character stesso.

1974-2002: Ventotto anni di buio, ventotto anni di luce

In questi anni, in questo lunghissimo periodo, abbiamo vissuto centinaia di avventure con Logan, abbiamo visto il progetto che ha reso il suo scheletro indistruttibile (Weapon X di Windsor Smith), abbiamo scoperto che in passato militava in un gruppo canadese di superesseri (Alpha Flight), siamo stati testimoni della morte di Mariko, una delle donne che ha amato (Wolverine 57 del Maggio 1992) e abbiamo persino visto l’orrore dell’estirpazione forzata dell’adamantio dal suo corpo, da parte di Magneto (Wolverine 75, Novembre 1993), ma ciò che realmente ci siamo sempre chiesti era: quali sono le origini di Logan, di Wolverine?
Nel Novembre del 2001 fa irruzione sul mercato fumettistico americano il numero uno della serie Wolverine The Origin, una mini di sei numeri che prometteva di strappare il velo che per decenni aveva celato la genesi del personaggio stesso.
Ad opera di Paul Jenkins e Andy Kubert, coadiuvato dai bellissimi colori digitali di Richard Isanove, la mini ci trasporta in Alberta, una regione del Canada e l’epoca è la seconda metà del XIX secolo.
In una villa collocata su di una collina, vive la famiglia Howlett: John ed Elisabeth e il loro figlio James.

Dog, Rose e il Giardino Segreto

Il Giardino Segreto (The Secret Garden) è il libro più famoso di Frances Hodgson Burnett.
Scritto nel 1909 narra la storia di Mary Lennox, piccola orfana inglese, e di come riuscirà a far rivire un giardino ormai spoglio e cambierà la vita di un triste uomo e di suo figlio, Colin, bimbo sempre malato e segregato in una antica villa isolata nella campagna inglese.

Rose è una ragazza che giunge a villa Howlett per essere affiancata al malaticcio James Howlett, secondogenito di John ed Elisabeth; il piccolo James non esce quasi mai di casa e come unico amico ha Dog Logan, figlio di Thomas Logan, giardiniere del maniero.
Rose cambia radicalmente la vita dei due ragazzi: in primis riesce a trasportare James in un mondo nuovo, quello della coesistenza tra più persone, senza mai provocare attacchi di panico al giovane debilitato, poi porta una ventata di rinnovamento in quella casa che, sembra, collassare su se stessa a causa di dissapori tra John e il suo vecchio e rabbioso padre e il mistero che circonda Elisabeth.
Sullo sfondo di queste trame se ne sviluppa una tutta alternativa: il mistero di John Howlett Jr.
Il fratello di James, il primogenito della famiglia, è morto e sembra che non debba essere nemmeno nominato, grava come un’onta sul casato intero e, in più, in una sequenza vediamo Rose che entra nella stanza di Lady Elisabeth mentre si cambia, e sul corpo della donna vi sono gli inconfondibili segni di tre artigli.
Dog è il figlio di Thomas e da quando suo padre giunse alla villa, con la mansione di giardiniere, è sempre stato l’unico amico del piccolo Howlett: Dog è un ragazzo puro nel cuore ma su cui grava una forte rabbia, è infatti perenne vittima delle violenze perpetrate da un padre alcolizzato e quindi succube di una figura piena di ira e violenza.
I tre ragazzi passeranno un periodo di grande fratellanza, in cui, col tempo, spunteranno i germogli della rivalità: Rose è molto legata a James e Dog inizia a nutrire una forte attrazione per la ragazza, quando questa collisione raggiungerà un punto cruciale (Dog uccide crudelmente Callie, il cucciolo di James) l’orrore sarà solo una amara conseguenza.
Thomas, dopo l’ennesimo richiamo da Lord John decide di farsi strada verso la villa a suon di fucilate, e riprendere ciò che è suo: Lady Elisabeth aveva una relazione extraconiugale col giardiniere.
Logan fa irruzione, seguito da Dog, alla villa e spara a bruciapelo a John, che muore sul colpo; il giovane James, in un impeto di oscura rabbia, estrae dalle proprie mani sei artigli ossei (tre per ogni mano) e si getta con veemenza su Thomas, uccidendolo e nello stesso tempo sfregiando il volto a Dog.
Elisabeth, assistendo alla scena, esclama: “Non un’altra volta, tu no. James!”
Una frase che chiude un’epoca (l’innocenza) e getta una forte luce sul futuro (l’ignoto).
Un urlo nel buio della villa rivela il mistero sulle origini di Wolverine: Logan si chiama James Howlett, è nato in Canada nella seconda metà del XIX secolo e tutto ciò che conoscevamo su di lui era solo mistero.
Qui si fa la storia del mutante più famoso dei comics, qui si porta il lettore verso la vera evoluzione di un personaggio.
Qui conosciamo Wolverine.

Ecce Wolverine

Tutto ciò che segue alla trama stessa è solo l’evoluzione di un storia mai narrata ma così intima: nel momento della rivelazione, nel momento in cui scopriamo che James e Logan sono la stessa persona, veniamo scossi dal fattore “magnificenza”.
Qui Jenkins (che per la stesura della storia collabora con gli allora vertici Marvel: Bill Jemas e Joe Quesada) smette di narrare una storia decadentista e inizia con la consapevolezza di collegare gli eventi al futuro del mutante stesso: ecco allora che nel momento in cui la maturazione del giovane James è quasi completa, inizia a vestirsi delle sue tipiche corse tra le foreste coi lupi e i ghiottoni; ecco il legame col Giappone, quando l’uomo che lo accoglie nella miniera (Smitty) in cui Logan si rifugia con Rose, e dove passerà molti anni, gli dona un libro sui samurai.
La vita nella miniera porterà a James enormi soddisfazioni, ma non gli negherà le continue vessazioni da parte del cuoco (Malone, un insoddisfatto che farà di tutto per contrastare il lato gentile ed umano di James).
Col passare del tempo vediamo anche l’emergere della femminilità di Rose: la ragazza che un tempo aveva salvato Logan, ora è una donna che inizia una relazione con Smitty e chiede di essere benedetta da colui che reputa un fratello.
Il giovane Howlett inizialmente è restio, ma poi comprende che Rose avrà una vita migliore sposando l’uomo che ama.
Rose è la prima donna che Logan abbia mai amato ed il suo archetipo rappresenta quello che poi, sarebbe stato uno dei grandi amori di Wolverine: Jean Grey.

Il Ritorno di Dog Logan (Paul Jenkins insegna)

Prima del lieto fine, prima ancora della vita di James, Rose e Smitty, l’ombra di Dog iniziava a tendersi sempre più verso una famiglia che stava per nascere.
Quando il nonno di Logan gli ordina di ritrovare suo nipote, Dog si mette sulle tracce dei due e, infine, riesce a scovarli alla miniera: ciò che il passato aveva cancellato, con prepotenza il presente lo riporta in vita.
Dog sarà la causa più dolorosa della frattura intrinseca a questo cerchio che si era originato da una stessa frattura del passato.
Nella trama siamo venuti a conoscenza del fatto che Dog Logan è una delle figure chiave del passato di Wolverine, tuttavia dal 2002, anno in cui questo personaggio fu creato, ne abbiamo perso le tracce: da sottolineare che l’enorme successo della mini The Origin portò gli autori a confermarne un seguito (che poi, in parte, è stato trasportato nella mini Wolverine: The End) che però, ad oggi, ancora non abbiamo visto.
Da dire anche che lo stesso Jenkins continua a confermare che The Origin 2 verrà pubblicata, dando un seguito alle avventure “originarie” di James Logan Howlett/Wolverine.

Andy Kubert: Wolverine e le Origini

La famiglia Kubert da decenni ci insegna che le possibilità nei comics non hanno limiti e se li trovano sono destinati a cadere o cedere.
Andy Kubert ha dipinto (coadiuvato dagli splendidi colori digitali di Richard Isanove) alcune delle pagine dei comics americani più belle della storia recente: immergersi nelle tavole che mostrano una natura selvaggia e ricca di pulsazioni permette ad ogni osservatore l’immedesimazione nella vibrante realtà che circonda, in principio, i tre protagonisti.
Arrivare a disegnare l’espressività iconografica di una emozione e saper distinguere uno stato dell’anima da un concetto superfluo, ci offre la possibilità di scoprire tutto lo spettro emozionale che pervade James, Rose e Dog in quegli anni in cui loro erano innocenti ragazzi che stavano per essere, e venire, inghiottiti da una terribile tragedia.
La bellezza della paesaggistica in cui gli autori ci traportano è uno dei pochi esempi in cui il fumetto americano incontra la catalogazione e la documentazione intrinseca al valore stesso di ciò che sta narrando.
Ecco allora che La CollinaInferno e ParadisoPolvere alla Polvere divengono tre esempi di un continuum inscindibile; eccone la forza che il Jenkins citazionista (con la bellissima The Tyger di William Blake) accumula per regalare le origini reali di un uomo fatto mutante, un mutante fatto animale, un animale a cui viene donata un’anima.