Spider-Man: Blue

Mag 18, 2010

Testi: Jeph Loeb
Disegni: Tim Sale
Edizione originale: Spider-Man Blue #1-6 (2002)
http://www.bookdepository.com/book/9780785134466/Spider-Man-Blue-Premiere
Edizione italiana: pubblicato dalla Panini Comics in 3 sottili brossurati (Marvel Miniserie 45-46-47) e nella collana Spider-Man (collezionabile da edicola uscito insieme alla Gazzetta dello Sport) n.13

So che non sentirai mai questa registrazione, ma un giorno.. potrebbe esserci qualcuno che vorrà sapere di te, di noi. Ti chiamavi Gwen Stacy, io sono Peter Parker. Questa è la storia di come ci innamorammo.

Una delle caratteristiche che rende bravo uno scrittore di fumetti è la capacità di raccontare il “cuore” dei suoi personaggi. E con questo non s’intende un sentimentalismo “facile” utilizzato per mascherare lacune narrative, ma la capacità di tessere con delicatezza e sensibilità le emozioni dei protagonisti della propria storia, permettendo al pubblico, a volte inaspettatamente, di vibrare all’unisono con loro e di scavare dentro se stessi.

Jeph Loeb con il suo trittico di “colorati” Marvel dei primi anni 2000 è riuscito proprio a fare questo, ovvero creare un affresco pulsante in cui eroismo e “vita vera” s’incrociano, generando scorci di grande dolore e suggestiva nostalgia. Del resto l’abilità introspettiva di Loeb è uno degli indubbi pregi di questo autore, coadiuvato come sempre in queste sue straordinarie rivisitazioni fumettistiche da Tim Sale, artista fuoriclasse in grado di catturare al meglio l’intensità e le emozioni degli eroi, rendendoli autentici ed espressivi, ed è indubbiamente un dosegnatore perfetto per questo tipo di atmosfere così “retrò”.

Blue è una struggente lettera d’amore di Peter Parker a Gwen Stacy, una delle figure femminili più importanti della storia a fumetti dell’Uomo Ragno, uccisa in maniera atroce da uno degli acerrimi nemici di Spidey, Goblin, su Amazing Spider-Man #121 del 1973. Peter rievoca così i suoi primi anni di università, ripercorrendo sul filo dei ricordi le difficoltà con gli amici, i suoi approcci impacciati con l’altro sesso (è divertente qui vederlo “conteso” tra due ragazze  bellissime come Gwen e la conturbante rossa Mary Jane) e le onnipresenti “grandi responsabilità” derivanti dalla sua attività come supereroe. A rendere questa miniserie una storia riuscitissima è proprio questa commistione di spensieratezza e malinconia, in cui il tenero riecheggiare dei giorni felici si alterna al senso di colpa e al devastante vuoto causato dall’assenza di Gwen.

Loeb e Sale rievocano con grande maestria e perizia (sono tantissime le citazioni presenti in questi albi) gli anni d’oro dell’Uomo Ragno, omaggiando con passione e rispetto le storie Stan Lee, Steve Ditko e John Romita Sr dei primi anni 60. Le vignette sono così arricchite da rimandi visivi e di “continuity” a quell’epoca di grandi splendori, unendo alcune componenti essenziali delle storie del Ragno (le battute di Peter, i supercattivi, i suoi comprimari di sempre) a una ricca e commovente componente introspettiva.

L’incredibile capacità di Loeb di dare forma al dolore immenso che si può provare in seguito alla scomparsa di una persona amata coinvolge ed emoziona, e colpisce ancora di più se si pensa che pochi anni dopo (nel 2005) lo scrittore sarà costretto ad affrontare lo stesso percorso interiore a causa della morte del giovanissimo figlio Sam. Ed è così che questa storia, semplicemente, arriva al cuore, intonando un vero e proprio blues di addio (il blu nella cultura anglosassone è il colore connesso alla tristezza) da parte di di Peter Parker alla “sua” Gwen, aiutato in questo da una dolcissima Mary Jane, che non giudica i sentimenti del proprio compagno, ma anzi li comprende.

Sono anche storie come queste che ci fanno amare così tanto i supereroi: i nostri indomiti guerrieri di carta soffrono, cadono, ma si rialzano sempre. E noi possiamo imparare da loro.