Testi: Ed Brubaker
Disegni: Colin Wilson, Sean Phillips
Edizione Originale: Point Blank #1-5, Sleeper Season One #1-6, Sleeper Season One #7-12, Sleeper Season Two #1-6, Sleeper Season Two #7-12
Edizione Italiana: Sleeper vol.0: A colpo sicuro, Sleeper vol.1: Solo tra le iene, Sleeper vol.2: Solo mosse false, Sleeper vol.3: La storta via, Sleeper vol.4: La lunga strada verso casa
La prima cosa che salta all’occhio del critico e attento lettore di vecchia data, è come la serie noir-poliziesca creata da Ed Brubaker e da Sean Phillips risenta dell’immaturità artistica degli autori, debitori dell’inventiva di Alan Moore e Jim Lee a beneficio dell’Universo Wildstorm, e asserviti a certe convenzioni del fumetto supereroistico che, pur non pregiudicando in nessun modo la lettura, risultano nondimeno superflue in un capolavoro che meriterebbe di essere consacrato all’Arte fine a se stessa. In Sleeper assistiamo alla nascita della stella di Ed Brubaker, ora radioso astro del firmamento fumettistico, vediamo il suo genio frenato da imposizioni che non gli permettono di uscire da certi confini, ma non possiamo che rimanere affascinati da un potenziale che è talmente vasto da sconvolgere.
Immaginate un uomo felice. Devoto allo Stato, al suo lavoro. Innamorato, ma disposto a sacrificare la sua felicità sull’altare della giustizia e del senso di responsabilità nei confronti dei suoi superiori. Holden Carver accetta di diventare un agente sotto copertura, infiltrato in una delle organizzazioni terroristiche più complesse e pericolose del pianeta, quella guidata dall’intelligenza artificiale TAO (Tatticamente Aumentato Organismo), arrivato nel giro di pochissimo tempo a costruire un vero e proprio impero criminale.
La prima cosa che apprendiamo di Holden, è la caratteristica che decide il titolo della serie. Holden è condannato a un sonno perenne. Un sonno dei sensi. Non può provare dolore, non può provare piacere, non prova niente. Il suo corpo, in seguito al contatto con un misterioso manufatto alieno, è divenuto incapace di qualsiasi sensazione. Un corpo immortale, ma privo di “vita”, perlomeno come la intendiamo noi. Per questa maledizione che i suoi superiori ritengono un dono, Holden viene incaricato di divenire un infiltrato. Tutto ciò che lega Holden alle autorità, file, documenti, stipendi, matricole, tutto viene cancellato per favorire una piena infiltrazione e per rendere il tutto più credibile.
Ma la perizia delle autorità nel far scomparire l’uomo dai propri archivi si ritorce contro il nostro protagonista allorché l’unico contatto vivente a conoscenza della sua vera identità di infiltrato e capace quindi di restituirlo alla sua vita, Lynch, va in coma a seguito di un colpo di pistola (la vicenda è narrata nel numero 0 della serie, Point Blank). Anche Lynch è un “dormiente”, colpevole indiretto della deriva esistenziale del protagonista. Il suo coma lo costringe a un sonno che, se per lui è ristoratore, per il suo infiltrato è il principio della fine.
Comincia infatti qui la nostra storia, e i guai di Holden Carver. Senza soffermarci ulteriormente su un inutile resoconto della trama, mi sembra invece di maggiore interesse soffermarci su quelli che sono i punti di forza della storia.
Il fiore all’occhiello della narrazione è sicuramente il maniacale lavoro di approfondimento psicologico che Brubaker conduce sul proprio protagonista. La lunga permanenza in un’organizzazione criminale fa sì che egli sviluppi al suo interno amicizie, legami, amori, allentando sempre più le sue solidità morali e i suoi dogmi. Di certo non possiamo parlare di “deriva morale”, dal momento che parlare di un protagonista che passa dal bene al male apparirebbe davvero troppo semplicistico e riduttivo, sicuramente ingiusto per una serie del genere. Holden apprende l’esistenza di una cricca di Illuminati che da secoli guidano i destini del mondo senza che nessuno possa anche solo contestarli, non essendo nemmeno a conoscenza della loro esistenza. Comprende che i suoi diretti superiori non si fanno scrupoli a ordinargli di far esplodere un aereo pieno di persone, solo per far sì che la sua copertura non salti. Capisce che non sempre nella vita si ha scelta, e che potersi schierare fra bene e male è spesso un lusso. Sono molte le persone che non scelgono. Molte semplicemente vivono, nell’unico modo in cui sanno farlo.
La straordinarietà di Sleeper sta nella sua sconvolgente modernità: Brubaker si diverte ad annientare le certezze e i preconcetti del lettore, giocando a fare l’equilibrista sulla linea che divide il bene e il male. Dopo poche pagine di lettura si capisce subito che qui la suddivisione manichea fra buoni e cattivi non esiste. Fra i buoni forse c’è ancora più cinismo, ferocia e disumanità che fra i loro avversari. Per non parlare poi del protagonista, sempre più sprofondato nell’abisso per farlo poi riaffiorare improvvisamente verso il bene, con lampi di improvvisa lucidità. Giusto e Sbagliato divengono semplicemente i nomi di due fazioni in lotta fra loro per il potere, senza alcuna connotazione morale. Sta anzi al lettore giudicare di volta in volta cosa sia giusto e cosa no, il protagonista, così come l’autore onnisciente, non si schiera.
Brubaker non perde mai la presa sulla narrazione, non annoia mai, riesce sempre a risultare convincente, spiazzante, generoso nel regalare una ricca sequela di colpi di scena.
La deriva morale del protagonista alla fine dei conti si risolve in una insofferenza nei confronti del potere assoluto e dello stesso Lynch, che pretende di governare e manovrare gli uomini; quella di Holden non è malvagità, ma voglia di libertà, desiderio di svincolarsi da questo gioco che non lo vedrà mai come vincitore.
La fascinazione del male diviene a un certo punto impossibile da combattere per Holden, che si ritrova ad essere solo fra due fuochi, incapace di scegliere da che parte stare, ma mai così certo su ciò che finalmente desidera: uscire dal gioco, riprendere in mano la sua vita, vivere secondo il suo codice, e non secondo ciò che gli viene imposto da altri.
Una nota particolarmente vera e dolente è quella rappresentata dall’amore fra Holden e Miss Misery. Un amore fatto di una complicità e una comprensione che esulano da ciò che si dice, si pensa o si vede. Una complicità viscerale, un rapporto di attrazione e repulsione che è azzeccato quanto appassionante, che è incredibilmente forte ma altrettanto difficilmente interpretabile. Nessuno oserebbe mai dire che una donna ama quando si concede ad altri uomini. Eppure è proprio questa la prova d’amore massima che Misery regala a Holden, svendendosi per la libertà e felicità di lui.
Si potrebbe poi parlare per ore del rapporto fra Lynch e Tao, del tutto avulsi dai loro ruoli di funzionario pubblico o di criminale, ma più che altro intenti a intavolare una sfida personale nella quale solo la confutazione dell’orgoglio e dell’intelligenza dell’altro è materia di vittoria. Va da sé poi che le vittime e i sacrifici che questo gioco comporta siano spendibili, il che già di per sé è sufficiente a catalogare i due soggetti.
La comprensione delle futilità di tutto ciò che sta vivendo, e forse della vita stessa dell’uomo, mai lasciata via di fluire libera, ma costretta da mille legami, da mille vincoli, a essere sempre indirizzata verso la mortificazione di se stessi e l’infelicità, spinge Holden alla ribellione completa e totale contro il sistema stesso in cui l’umanità ha deciso di spendere il suo dono più grande.
Il lieto fine non è poi così lieto, ma è forse l’unico consentito. In un mondo che sanguina, che urla, dove i buoni e i cattivi altro non sono che cowboy e indiani che si ammazzano a vicenda solo per l’illusione di aver conquistato un metro di terra in più, dove nemmeno quelle che dovrebbero essere “le autorità” neanche lontanamente immaginano che esista un potere occulto e inarrivabile che tira i fili del mondo in vece loro, dove l’amore e la felicità sono barchette di cartapesta in balia delle onde del destino, può esistere solo una fine veramente lieta. Un sonno eterno, perenne, addolcito dal sogno. Un sogno di felicità, un sogno in cui il mondo è come tu lo vuoi. Dove tu dormi, ma non sai di farlo. Dove tu, dormiente, sorridi, mentre il mondo attorno a te piange.
A cura di Marco Cecini