Fables: Streghe

Giu 15, 2011

Testi: Bill Willingham
Disegni: Mark Buckingham, David Lapham, Jim Fern
Edizione Originale: Fables: Witches TPB
Edizione Italiana: Planeta DeAgostini, € 14,95

 

Magia.

Pura e semplice magia.

Elemento imprescindibile di ogni fiaba che si rispetti. Presenza palpabile e potente, arcaica e temibile, giocosa o tenebrosa. Un tempo ovunque presente, realmente sentita e vissuta nella vita di tutti i giorni. Quella stessa magia che oggi, invece, raziocinio e scienza hanno con far inquisitorio bollato come semplice superstizione, costringendola a sopravvivere negli spazi più ristretti della sola fantasia. Un luogo dal quale, però, mai potrà essere fortunatamente scacciata.
Nelle fiabe, la magia è un elemento essenziale, spesso nelle vesti di demiurgo, il più delle volte in quelle di deus ex machina. A lei il compito di dettar legge in un universo nel quale la parola impossibile è stata da tempo immemore bandita, e a lei, ancora, il dovere di mettere alla prova l’eroe in vista della vittoria finale.
Il racconto fiabesco altro non è, infatti, che un cammino di evoluzione ed emancipazione, metafora degli antichi riti di iniziazione. L’eroe è il ragazzo che, dopo essersi mostrato degno di un tale onore, può dire addio all’infanzia per entrare a pieno titolo nell’età adulta. La magia assume, quindi, il più delle volte un ruolo di giudice e, allo stesso tempo, si presta anche a fonte di ispirazione per il protagonista, aiutandolo ad essere creativo e coraggioso. In quest’ultimo caso, è la creatura fatata che offre il proprio aiuto, fornendo quegli strumenti necessari per affrontare la prova. Solo all’eroe, però, il peso di capirne il funzionamento e l’onere di utilizzarli.
La magia non è mai gratuita. Non è, cioè, un dio che giunge così, all’improvviso, cambiando le carte in tavola con un semplice soffio. E’ un qualcosa che, qualora se ne accetti l’aiuto, bisogna guadagnare. La magia ha un suo prezzo. Ed i misteriosi inquilini del Tredicesimo piano del Bosco lo hanno sempre ricordato agli avidi abitanti di Favolandia. Nessuno dei loro incantesimi, dai più insulsi ai più imponenti, è stato mai elargito alla buona, senza una giusta ricompensa. La magia costa, e in Fables le cose non vanno diversamente.
Finalmente accantonata la parentesi poco significativa de The Great Fables Crossover, il genio di Bill Willingham riesce a ritornare su quei binari di freschezza, cultura e inventiva che da sempre hanno caratterizzato la serie.
In Fables: Witches c’è intrigo, tensione, sviluppo della trama e dei personaggi. C’è attenzione verso il sapere folcloristico e ritornano, in realtà sempre presenti, riflessioni politiche e sociali:

Non capisci? In tempo di crisi le persone si rivolgono a chiunque possa offrir loro una speranza di salvezza. E’ così che i dittatori solitamente prendono il potere.

L’intrigo trae forza dal personaggio di Ozma, la tensione dall’utilizzo da parte di Willingham di una narrazione sviluppata mediante continui cambiamenti di scena, resi quanto mai frenetici e corrosivi. La trama ne risulta quindi spezzata, ogni sua fetta ambientata non solo in luoghi diversi, ma anche in tempi tra loro più o meno lontani. Una scelta che avrebbe potuto teoricamente produrre caos e disaffezione da parte del lettore, ma che, in realtà, si traduce in ritmo incalzante e colmo di suspance. Willingham riesce ad arbitrare una corsa con decine e decine di personaggi senza colpo ferire. Personaggi perlopiù secondari.
In Witches, Wolf, Biancaneve, Mosca o Pinocchio si fanno da parte, per lasciare spazio a nomi fino a questo momento relegati a posizioni subalterne. Il comico Bufkin, ad esempio, rimasto imprigionato sotto le macerie del Bosco e costretto ad affrontare minacce ben più grandi di lui, in un mix di coraggio e umorismo. Sono sviluppi inaspettati, nuove sfaccettature di personaggi che si credeva di conoscere.
Oltre Bufkin, veri protagonisti dell’arc sono i misteriosi abitanti del Tredicesimo piano, unici depositari della magia di Favolandia. Quella magia, come già accennato, indispensabile per la sopravvivenza stessa di ogni racconto.
Finalmente, ecco rivelarsi qualcosa in più su questi potenti esuli maghi, soffermandosi soprattutto sui giochi di potere interni al gruppo. Perché a Willingham non è mai interessato ciò che con la trama del momento nulla aveva a che fare. Tutti questi anni sono stati ricolmi di fiabe itineranti, perfettamente riconoscibili grazie alla professionalità dei vari disegnatori che si sono di volta in volta succeduti, ma mai realmente al lettore presentati. Ufficializzare un’identità diventa priorità solo quando una di queste comparse assume un vero ruolo nella narrazione. E quando quel nome appare all’interno del balloon, per il lettore ecco giungere il tempo di gioire e sorprendersi, avere dopo anni ed anni di speculazioni la conferma delle proprie teorie. Si, quella strega bambina, con un fiore tra i capelli, è proprio Ozma, e no, quel tizio in cilindro non è Mandrake!
Ogni capitolo di Witches è dedicato ad uno degli stregoni di Favolandia, descrivendone preoccupazioni ed aspettative, mentre, tutt’intorno, la minaccia di Mr. Dark si fa sempre più opprimente e vicina. Ed a Mr. Dark, a quest’incarnazione del nostrano babau che pare esser uscito dalle pagine di un Sandman o di un Hellblazer, è altresì dedicata Boxing Days, l’one-shot posto ad inaugurare questo TP che contiene i numeri #86/93 della serie regolare.
Dopo Witches, altra storia, stavolta ambientata nel pacifico regno di re Acchiappamosche.
Forse la più debole tra le tre parti, The Little Murder ha però il merito di portare alla ribalta interessanti riflessioni filosofiche-politiche, certo non comuni nel fumetto mainstream: in che dose, cioè, la politica debba essere separata da etica e morale, quanto una Città del sole sia effettivamente realizzabile. Perché, anche in un mondo popolato da sole fiabe, come la tradizione insegna, mordere una mela avvelenata è quanto di più facile possa esserci.

Who’s Who

(ovvero un breve identikit delle fiabe qui, per la prima volta, apparse)


Ozma

Una ragazzina bionda ed aggraziata, volto anonimo tra volti anonimi, compariva già da tempo al fianco di Frau Totenkinder. Nessun indizio o informazione che potesse aiutare i lettori a rintracciarne l’identità. Questo fino al Comic-Con 2009, quando delle illustrazioni pubblicitarie dedicate a Fables facevano la loro comparsa tra gli affollati stand della fiera.
Qui, ecco apparire la strega incriminata con indosso una Magic Belt, mentre la didascalia “Non così giovane” torreggiava in bella vista. In Witches la conferma.
La Principessa Ozma è uno dei personaggi più amati e conosciuti dell’intero ciclo scritto da Frank Baum su quella leggendaria Terra di Ozimmortalata nell’immaginario comune di ogni bimbo del globo grazie allo strepitoso successo che tutt’oggi Il meraviglioso mago di Oz continua, mai pago, a conservare. Un classico intramontabile della letteratura fantastica.
Assente in questo primo capitolo, Ozma diventa personaggio ricorrente nei numerosissimi romanzi a seguire (lo stesso Baum ne scriverà tredici), recitando il ruolo della legittima sovrana di Oz, il cui trono è puntualmente messo in pericolo dal sopraggiungere della minaccia di turno.
Appartenente alla genia fatata, Ozma deve la maggior parte dei suoi poteri alla magica cintura che porta in vita, nonostante questa, almeno per il momento, non abbia ancora fatto capolino tra le pagine di Fables. Da Bill Willingham chiaramente descritta è, invece, la sua ambizione: il desiderio, infine esploso, di prendere finalmente il comando del gruppo di maghi di Favolandia come vero motore di Witches.

Gli altri abitanti del Tredicesimo piano

Accanto a Ozma, molti altri i maghi che, dopo un decennio, hanno finalmente visto svelata la propria identità. Maghi che, a causa della partenza di Frau Totenkinder alla volta delle Terre Natie, al fine di scoprire quanto più possibile su Mr. Drake, si vedono costretti ad accettare passivamente la salita al comando della Principessa di Oz.

  • Great Fairy Mother: conosciuta sotto molteplici nomi (Ardesia, Madre Cherish, Madre Birdie, Bulah) è stata il predecessore di Frau Totenkinder al comando. Artefice, peraltro, della costruzione di Favolandia dopo il Grande esodo. Ora, invece, appare essere semplicemente una vecchia strega senza più senno. Innocuamente folle. La Grande Strega, seppur da Willingham stesso indicata come direttamente proveniente dalle pagine di Pollicina (originale: Thumbelina), è comunque l’incarnazione (da qui i molteplici nomi) della figura della strega buona delle fiabe. La vecchina bonaria e ridanciana sempre pronta a far scoccare la propria bacchetta per correre in aiuto dell’eroe.
  • La Tempesta: rappresentata per la prima volta nel 1611, è tra le ultime opere scritte da William Shakespeare prima della morte. Commedia in cui il magico e fantastico la fanno da padrone, The Tempest narra l’esilio di Prospero, legittimo duca di Milano, su una sperduta isoletta, la cui sola compagnia è quella della figlia Miranda, di un deforme nativo chiamato Calibano e dello spirito Ariel. Dagli atti di un tale spettacolo teatrale, ecco venir fuori addirittura tre abitanti del Tredicesimo piano: Prospero stesso, la figlia, e Sycorax, madre di Calibano e precedente fattucchiera in stanza presso quell’isola. Quest’ultima, in particolare, la vediamo scorrazzare per Witches sotto forma di gatto. E’ Maddy, il felino in grado di padroneggiare l’arte dello spionaggio, il Camminatore invisibile, “il riconosciuto specialista in materia di nascondere e trovare” (cit.). In Maddy, ecco celarsi anche la Medea di euripidea memoria.

Driadi

Un tocco di mitologia classica (a parte l’accenno su Medea) lo vediamo intrufolarsi in Witches grazie ad una coppia di driadi, le antiche ninfe dei boschi. Una femmina ed un maschio (nonostante le fonti sembrino parlare delle driadi come divinità di sesso esclusivamente femminile).
Dal corpo come corteccia e dai capelli che richiamavano fluente fogliame, le driadi avevano il compito di proteggere il bosco e le sue piante, nonostante l’indole estremamente pacifica.
Figlie di Nereo e di Dori, per altri di Gea stessa, questa classe di ninfe ha fatto il suo ingresso nella favolistica moderna nel 1868, quando lo scrittore danese Hans Christian Andersen scrive La driade, cruda favola destinata quasi a denunciare la morte della fantasia per mano del progresso scientifico.
Qui, in Witches, Willingham le accompagna a Geppetto, come sigillo di un’alleanza dal vecchio stipulata con la Quercia più antica di un bosco vicino. A loro, il compito di proteggere l’ex Imperatore da qualsivoglia pericolo o minaccia.