Fables: Lupi

Lug 10, 2010

Testi: Bill Willingham
Disegni: Mark Buckingham, Shawn McManus
Edizione Originale: Fables: Wolfes TPB
Edizione Italiana: Planeta DeAgostini, € 9,95

Fables: Fiabe d’Arabia può essere considerato il primo palcoscenico incaricato di farsi portavoce delle personali convinzioni in politica estera del suo creatore. In quella storia, Willingham ha infatti approfittato delle proprie vignette per esprimere il suo personale parere riguardo al cosiddetto “problema mediorientale”, peraltro brillando di una soluzione che vedeva in un’ottica palesemente americana ed occidentale la sola strada da imboccare. Tutto ciò, approfittando della recente visita delle fiabe arabe all’interno dei confini di Favolandia.
In Fables: Lupi, il discorso riprende, assumendo un tono ancor più limpido, esente da ogni sorta di ambiguità, per esprimere, con tutta la forza possibile, la propria posizione filo-ebraica in una dichiarazione di pieno appoggio alla causa d’Israele nell’ormai decennale conflitto che la vede opporsi ai confinanti territori arabo-palestinesi.
Ripensando alla figura di Yusuf, il perfido visir de Fiabe d’Arabia, è il mondo arabo ad essere visto come unica causa della violenta instabilità geopolitica della regione mediorientale, mentre Israele è nazione vittima, costretta a subire il dramma della guerra solo perché attaccata e centro dei piani di conquista delle nazioni confinanti. Dalla sua parte c’è la ragione di chi agisce per legittima difesa.
Ciò che più qui colpisce non è la trasposizione da parte dell’autore delle proprie convinzioni politiche, bensì la sorprendente “violenza”, chiarezza, con la quale queste si palesano. Non c’è, cioè, alcun intermediario simbolico al quale consegnare il messaggio, quanto piuttosto una diretta trattazione del problema. L’occasione è fatalmente offerta dalla trama stessa.

Da tempo ormai, dopo la Battaglia di Favolandia, il Principe Azzurro sta tentando di portare il conflitto verso una nuova fase, con l’intento principale di apparire al nemico non più come un debole gruppetto di esuli timorosi di poter essere da un momento all’altro attaccati, quanto invece una degna realtà da rispettare e, anche, temere.
Ed è proprio su questi binari che si muove il parallelismo Favolandia-Israele, come Luca Wolf, personaggio finalmente rientrato a far parte del cast, tanto enfaticamente rivela a Mastro Geppetto durante la missione punitiva alle Terre Natie: “Israele è un minuscolo paese circondato da nazioni più grandi che vogliono la sua distruzione. Quelli di Israele sopravvivono perché sono un mucchio di piccoli bastardi che, ogni volta che qualcuno gli fa qualcosa, gliela fanno pagare. Al mondo c’è chi si lamenta del ciclo infinito di attentati e rappresaglie, ma dato che l’alternativa è scomparire, gli Israeliani restano determinati. Hanno un bel po’ di fegato. Io sono un loro fan” (cit.).

Da qui, allora, la decisione delle fiabe esuli di fare proprio tale modello: “Ogni volta che ci fai qualcosa [Geppetto], noi ti faremo qualcosa di molto peggio. Succederà per sempre. All’infinito. Tu sei l’unico che può mettere fine al ciclo. E ricorda una cosa. Hai un grande impero da proteggere. Sorveglia i dieci milioni di bersagli più probabili e ne potremo sempre colpire altri cento milioni incustoditi” (cit.). Chiaro e diretto.
Al di là di questa lettura politica, Lupi non presenta però molteplici altri punti d’interesse in grado di ritagliarle un posto d’onore rispetto ai precedenti capitoli già pubblicati. Relegando la trama generale in un angolo, queste storie (il TPB è composto rispettivamente da LupiFelici e ContentiGrandi e Piccoli) sono state perlopiù incaricate di fornire una lunga parentesi di riposo dagli eventi cardine, preoccupandosi di narrare un’avventura quanto più leggera possibile che si consuma di fatto nel ritorno di Luca Wolf a Favolandia e nel suo matrimonio con Bianca Neve.
Sono storie di passaggio, più attente ad un semplice intrattenimento piuttosto che a quell’intreccio di generi al quale Willingham ci ha finora abituati.
Mentre la storia d’amore tra l’ex vicesindaco di Favolandia e l’ex sceriffo si corona, l’ultima parte del volume, con la storia Grandi e Piccini, è totalmente dedicata alle rocambolesche avventure di Cenerentola, uno dei tre “turisti” e personaggio in continua crescita di notorietà presso il pubblico di lettori.
La spietata, ma allo stesso tempo divertente, Cenerentola è forse uno degli esempi più riusciti di quel “ribaltamento” operato da Willingham per permettere a molte delle sue fiabe d’imporsi immediatamente sulla scena grazie al netto contrasto con l’immagine tradizionalmente posseduta dalla fiaba.
Egli ha tentato, cioè, di fornire una versione quanto più dissacrante di alcuni personaggi, in modo tale da fornire loro delle sicure chiavi di successo allontanandoli dai classici binari sui quali fino a quel momento si erano mossi. E così, mentre il discolo e giocoso Pinocchio diventa uno sboccato e volgare adulto mai cresciuto, e Riccioli D’Oro un’anarchica comunista dai facili costumi sessuali, l’elegante e principesca Cenerentola assume le vesti di ligia spia e convincente assassina. In vista per lei, una personale miniserie.

In Grandi e Piccini, Cenerentola si ritrova però costretta a mettere da parte lo spionaggio per dedicarsi ad una missione diplomatica atta a convincere il Regno delle Nuvole, un gigantesco impero che si sviluppa sopra le nostre teste, al di là delle nuvole appunto, ad allearsi con Favolandia contro le mire dell’Avversario.
Una parentesi, quest’ultima, strutturata prevalentemente in funzione comica, destinata a divertire il lettore senza aggiungere nulla di davvero importante (ad eccezione del trattato che consente ora alle Fiabe esuli di giungere nei regni delle Terre Natie senza servirsi dei portali magici ma calandosi direttamente giù dalle nubi) per la trama bellica generale.

Who’s Who
(ovvero un breve identikit delle fiabe qui, per la prima volta, apparse)

Il Macellaio, il Panettiere ed il Fabbricante di Candele

Il matrimonio tra Luca Wolf e Bianca Neve, avvenimento di una certa importanza data l’identità dei personaggi coinvolti, avrebbe forse meritato una trattazione ben più attenta e spalmata nel tempo. Il tutto avviene, invece, nel giro di poche pagine, non permettendo così al lettore una piena partecipazione all’evento.
In quelle poche vignette dedicate allo sposalizio, impegnati ad offrire una piena partecipazione all’organizzazione del banchetto nuziale, appaiono tre anonimi personaggi, protagonisti, in realtà, di una delle filastrocche inglesi forse più bizzarre ed ambigue di sempre. Tutto ciò, in pieno contrasto con le sembianze del tutto banali dei diretti interessati: un macellaio, un panettiere ed un fabbricante di candele.

Rub-a-dub-dub
Three man in a tub.
And how do you think they got there?
The butcher, the baker,
The candlestick maker,
They all jumped out of a rotten potato,
Was enough to make a man stare.

Leggendo il testo, la cui prima pubblicazione è datata Londra, 1798, una domanda potrebbe sorgere spontanea: che ci fanno, in una filastrocca indirizzata ad un pubblico di bambini, tre uomini in una vasca? Mettendo da parte la chiara natura nonsense della maggior parte delle nursery rhymes, il messaggio avrebbe potuto, dato il contesto, essere quantomeno giudicato ambiguo.
Una parziale risposta sembrerebbe essere stata tratta dallo studio di altre versioni della filastrocca antecedenti alla metà dell’800.
A trovarsi, in origine, all’interno della vasca sarebbero infatti state tre maids (fanciulle), mentre il macellaio, il panettiere ed il fabbricante di candele, come illustrano altre differenti parti del componimento, avrebbero solo rivestito i ruoli di voyeur, spettatori di un piccante spettacolo fieristico.
Col tempo, arrivata la censura, le fanciulle spariscono dalla scena, facendo di quei tre artigiani tanto desiderosi di aiutare Bianca Neve gli unici protagonisti della filastrocca.

Rub-a-dub-dub,
Three man in a tub.