Testi: Bill Willingham
Disegni: Mark Buckingham, Michael Allred, artisti vari.
Edizione Originale: Fables: Sons of Empire TPB
Edizione Italiana: Planeta DeAgostini, € 12,95
Figli dell’Impero, Un Natale da Fiaba, Padre e Figlio e Domande a Bruciapelo. Sono molteplici le storie che compongono questo nuovo TPB di Fables, un puzzle di alti e bassi che vede forse in Padre e Figlio, scritta, come le altre, da Bill Willingham e disegnata da Michael Allred, la trama meglio riuscita, in un perfetto mix di avventura, sentimentalismo ed approfondimento psicologico dei personaggi.
Per l’occasione lo scrittore, ritagliandosi dalle vicende generali una di quelle pause alle quali siamo stati ormai abituati, dà vita ad una cornice dal sapore familiare, che vede Luca Wolf tentare di riallacciare anche solo una parvenza di rapporto col padre, il potente Vento del Nord. Un espediente, questo, per far luce su altri aspetti della vita dell’ex sceriffo di Favolandia e, nello stesso tempo, metterne in luce i lati più umani di marito e padre.
Ma sono soprattutto i disegni di Allred, incaricati di rompere il monopolio di Mark Buckingham, ad impreziosire la storia, fornendo un tocco di eleganza e novità ad una serie altrimenti troppo stantia da un punto di vista grafico. Un “pericolo” scongiurato anche da Fables #59, peraltro nuova conferma della voglia di sperimentare propria del creatore di Favolandia.
A differenza di molti altri autori, magari più attenti a non confrontarsi apertamente e costantemente col proprio pubblico, complice, nel nostro caso, anche il fatto di essere stato creatore di un intero universo, Bill Willingham, spesso affiancato dal collega Sturges, ha fin dagli esordi voluto inaugurare uno scambio continuo di idee e pareri con i propri fan, ancor oggi raggruppati in un’intensa internet community sempre pronta a disquisire con gli scrittori in occasione dell’uscita di ogni nuovo numero.
Nell’arco degli anni, tra un topic e l’altro, molteplici e svariate sono state le domande rivolte agli autori, molte delle quali inerenti all’evolversi della trama, molte altre, invece, semplici e simpatiche curiosità relative a personaggi o particolari vignette.
Fables #59 nasce allora come omaggio alla fedeltà di questi lettori, un particolare numero della serie nella quale Willingham, servendosi di storie brevi di volta in volta disegnate da differenti artisti, si è divertito a trovare risposta per alcuni dei quesiti più bizzarri o curiosi.
Leggendo queste pagine possiamo così apprendere cosa stia Frau Totenkinder sferruzzando a maglia, quante donne siano state impalmate dal Principe Azzurro o, ancora, come possa puntualmente Bufkin impadronirsi degli alcolici diligentemente tenuti lontani dalla sua portata.
Paradossalmente, è forse la storia che dà titolo al TPB, Figli dell’Impero, un nuovo tassello della trama generale, a costituire il punto debole dell’intera raccolta (Un Natale da Fiaba, forte la presenza di un caposaldo del folclore come Babbo Natale e la particolare atmosfera di genere che si respira tra le sue pagine, può in ogni caso godere di una trama leggera, per certi versi nostalgica, dalla lettura godibile).
Certo, Willingham continua a far utilizzo di tutte quelle caratteristiche proprie di Fables che ne hanno permesso un immediato e solido successo: originalità nel rimodellare miti e leggende, dialoghi divertenti e frizzanti, e personaggi egregiamente sviluppati. Ma è il prolungare continuo della resa dei conti, questo scontro contro l’Avversario già da tempo annunciato e poi sempre posticipato, a rendere il tutto prigioniero di una sorta di senso di “incompletezza”.
Più e più volte l’autore ci ha dato l’impressione di essere pronto a far suonare una volta per tutte i tamburi di guerra, per poi far tacere le urla di battaglia prima ancora che la prima testa fosse saltata in aria. E’ dalla famosa Battaglia di Favolandia che si attende l’evolversi degli eventi e nulla, ancora, sembrerebbe volersi muoversi. Fables è diventato prigioniero di una specie di limbo.
Ecco perché particolare luce assumono invece tutte quelle avventure che di volta in volta lo scrittore inserisce sia tra un capitolo e l’altro della trama generale (come, nel nostro caso, Figlio e Padre) sia, altre volte, interne ad una stessa storia.
Figli dell’Impero, per esempio, le cui vignette sono occupate dalle rispettive fazioni in guerra impegnate a stilar tattiche e strategie per dar il via alle armi, contiene alla fine di ogni suo numero una storia breve, di una sola pagina, con protagonista una delle fiabe non ancora sviluppate dalla serie. Alcune di queste (Raperonzolo docet) sono delle piccole pietre preziose ricolme di umorismo ed inventiva.
Tutto ciò che or a Willingham si chiede è di non allungare ulteriormente il brodo. E’ ormai giunta l’ora di veder scorrere il sangue.
Who’s Who
(ovvero un breve identikit delle fiabe qui, per la prima volta, apparse).
Hansel
Uno dei punti di forza di Fables risiede senz’ombra di dubbio nell’ottima caratterizzazione dei suoi personaggi, interessanti profili che Bill Willingham ha saputo creare dosando con perizia tradizione e personale inventiva. Un esempio di questa straordinaria capacità intuitiva, indispensabile per fornire versioni quanto mai più credibili delle fiabe classiche è senz’altro la figura di Hansel, in origine protagonista, insieme alla sorella Gretel, della famosa omonima favola narrata dai Fratelli Grimm.
Il personaggio, probabilmente uno dei più riusciti dell’intera saga, si vede costruire partendo da un semplice interrogativo: quale potrebbe essere stato il destino di un individuo, da bambino vittima di un pesante trauma perchè imprigionato insieme alla sorella da una perfida strega e destinato a diventare presto cibo per quest’ultima?
La risposta sembrerebbe essere piuttosto chiara, e Hansel si tramuta in un bigotto ed invasato cacciatore di streghe, il cui profilo tanto assomiglia a quello di famosi inquisitori misogini che tanto dolore e morte hanno portato durante il tristemente famoso periodo della caccia alle streghe.
E così, ben lontano dalla famigerata casetta di marzapane ed addirittura reo dell’assassinio della stessa Gretel (da lui giudicata posseduta dal demonio), Hansel opera adesso al servizio dell’Avversario, col compito di scovare e giustiziare quanti osino operare la stregoneria.
Il Re degli Gnomi
Dell’immenso ciclo di Oz, qui in Italia, è stato tradotto poco e nulla. Perlopiù, grazie anche ai molteplici adattamenti cinematografici e televisivi, conosciamo soltanto il primo capitolo della saga, il più famoso: Il Mago di Oz.
Qui, a far le veci di villain è l’altrettanto famosa Strega dell’Ovest, miseramente annientata, a fine storia, da un bel secchio d’acqua.
Constando di ben 26 capitoli, va da sé che il ciclo di Oz offra in effetti riparo ad altre diaboliche creature pronte a fronteggiare gli eroi di volta in volta interessati. Tra tutti, la figura che meglio si avvicina al ruolo di villain ricorrente, arcinemico di Oz, più e più volte dai vari scrittori utilizzato, è senz’altro il Re degli Gnomi, il malvagio sovrano di una stirpe di esseri fatati (in originale chiamata nomes) dal corpo roccioso.
Avido, crudele e desideroso di porre sotto schiavitù la maggior parte degli uomini, il Re degli Gnomi diventa in Fables uno degli alleati più potenti dell’Avversario, governatore di un bel pezzo dell’Impero e desideroso di annientare quanto prima possibile i dissidenti di Favolandia.
Raperonzolo
Uno dei divieti più ferrei, dalla legge di Favolandia duramente punito in caso d’infrazione, consiste nella possibilità di rilevare ai Terreni la propria magica natura fiabesca. Alcune fiabe, fortunatamente dall’aspetto umano, non fanno fatica a rispettare tale legge, altre, le più sfortunate, vengono invece rinchiuse alla Fattoria. Infine, in una sorta di limbo, c’è gente come Raperonzolo, tra tutti gli abitanti del Bosco la più infelice, quotidianamente costretta a combattere contro una natura che, se da un lato la premia con un’apparenza del tutto normale, dall’altra le impedisce di vivere realmente libera.
Altra protagonista delle raccolte di fiabe dei Fratelli Grimm, Rapunzel, per la prima volta pubblicata nel 1812, narra di una bellissima principessa rinchiusa da una strega all’interno di un’alta torre, il cui unico contatto con l’esterno proviene da una finestra posizionata nella parte più alta.
L’unico modo di accedere alla torre è quello di arrampicarsi su per la lunga treccia della ragazza, il cui nome ricorda il raperonzolo, la pianta della quale la madre (prima di cederla alla strega) ne fu ghiotta durante la gravidanza. La fiaba ha, naturalmente, un lieto fine: Raperonzolo sposerà un bel Principe e la strega cattiva resterà a sua volta, legge del contrappasso, rinchiusa nella torre.
Un bel finale che però non si protrae all’esilio di New York, dove la ragazza si ritrova a dover fare i conti con una capigliatura dalla magica crescita (nonostante i tre tagli di capelli giornalieri). Una situazione che la costringe per non destare sospetti nei terreni, a non restar ferma nel medesimo luogo per più di tre quarti d’ora… la magica ricrescita si noterebbe.
Peter Codadicotone, il Porcospino e la Gallina
Altri due nuovi personaggi al loro esordio sono Peter Codadicotone e la bizzarra coppia formata da Porcospino e Gallina, tutti accomunati da una certa giovinezza, tutti e tre nati sul finire del Novecento, frutto di un moderno folclore che, non più prodotto da raccontastorie, menestrelli o serate trascorse davanti al focolare, viene a crearsi grazie a pubblicità e trasmissioni televisive. Caso, per esempio, proprio di Peter, in realtà protagonista letterario dei racconti per bambini dello scrittore Thornton Burgess, ma divenuto famoso grazie ad una canzone del 1950 ed uno speciale televisivo per la prima volta andato in onda in occasione della Pasqua del 1971.
Peter Codadicotone è uno dei tanti conigli pasquali che dimorano nella Valle d’Aprile, il magico luogo da dove provengono tutti quegli oggetti che poi noi Terreni adoperiamo sotto Pasqua.
Suo acerrimo nemico è Codadiferro, un malvagio coniglio il cui intento è quello di rovinare la Pasqua ai bambini. Tra viaggi del tempo, bruchi francesi e ragni sabotatori, Peter riuscirà infine ad avere la meglio sul rivale, divenendo di fatto il capo della Valle d’Aprile.
In seguito alla messa in onda di questo speciale festivo, la figura del Coniglietto Pasquale è andata a fondersi nell’immaginario comune proprio con quella di Peter.
Il Porcospino e la Gallina sono invece protagonisti di una delle storie d’appendice di Figli dell’Impero, e provengono a loro volta da una canzone scritta ed interpretata dal famoso cantautore americano Neil Diamond, il cui testo, velato di un certo nonsense e di uno spiccato gusto fantastico, apre le porte su un bizzarro spuntino.
Con loro, nella breve storiella, anche il famoso Omino di Panzenzero.
Santa Klaus
Uh, serve davvero dire qualcosa?