Testi:Mark Waid
Disegni: Alex Ross
Edizione Originale: Kingdom Come HC
Edizionale Italiana: Kingdom Come, edizione Absolute Planeta De Agostini; Edizioni Serie Oro di Repubblica; “Venga il tuo Regno”, edizioni Play Press.
Nel 1996, a due anni di distanza dall’uscita di Marvels di Kurt Busiek e Alex Ross, la DC Comics decise di rispondere con una storia che potesse essere una celebrazione e un’elegia all’universo editoriale che aveva generato il fumetto supereroistico.
Fu così che, su un’idea proposta ai vertici DC da Alex Ross, si decise di affidare a Mark Waid il compito di scrivere un maestoso inno grafico per il noto Editore, così come la concorrenza lo aveva avuto ventiquattro mesi addietro.
Venne fuori un capolavoro.
Perché come già successe in Watchmen e in tutte le altre opere capaci di guadagnarsi tale attributo, anche in Kingdom Come è possibile riscontrare un importante sostrato metaforico, e una serie di letture che non possono che impreziosire l’opera al di là della sua apparenza superficiale.
Innanzitutto, questa storia potrebbe benissimo essere letta in linea con il precetto dello scrittore inglese Neil Gaiman, secondo il quale i supereroi americani altro non sono che la moderna interpretazione dei protagonisti della mitologia classica. Un’epica moderna, fatta di semidei, di mortali dal multiforme ingegno, di novelli Prometei, che si palesa sotto la forma di un’armoniosa commistione di generi: grafico, narrativo, musicale anche in un certo qual modo, per la suggestione fornita dalla fantasia.
C’è poi un intento polemico più proprio dell’autore Waid, rivolto a una serie di sue considerazioni sui connotati e le caratteristiche che il mondo del fumetto anni ’90 stava via via acquisendo.
Ecco quindi che il conflitto ideologico fra un fumetto didascalico e genuino, fatto di buoni valori, di moralità e di una ben definita semantica dell’ideale, e il fumetto Image che cavalcava con grandissimo successo l’onda dell’iperviolenza, dell’assenza di valori morali, dell’ipertrofismo estetico, si trasforma qui in un conflitto generazionale fra la “vecchia guardia” di Eroi e i nuovi vigilanti animati soltanto dalla smania di potere, dalla voglia di divertimento e dalla ricerca della popolarità a tutti i costi. Una risposta dissennata e fuorviante alla nuova epica creata dal Watchmen di Alan Moore, brutalizzata e snobbata nella sua componente più profonda e riflessiva, e presa a modello di fallace superficialità nel portare avanti un archetipo dell’eroe più oscuro, complessato, paranoico e violento.
Contrapponendo Superman, Batman e Wonder Woman ai “Nuovi Eroi” Waid non vuol far altro che contrapporre al supereroe accattivante e moderno, essenzialmente spettacolare, esteticamente esplosivo, ma privo di spessore e incapace di farsi carico di qualsiasi valore sociale, i pilastri su cui si sono basati quasi sessant’anni (all’epoca) di storia del fumetto americano.
Il successo della storia è dovuto innanzitutto alle sue straordinarie caratterizzazioni. Gli Eroi che Waid ci descrive sono sì i protagonisti di un mondo alternativo o Elseworld, ma prima di tutto incarnano ciò che, nell’ottica del lettore anni ‘90, essi sarebbero costretti a diventare per reggere l’urto del calo di vendite a discapito delle nuove arrembanti realtà editoriali.
Ecco quindi che Superman smette di essere latore di speranza e calore umano per divenire un dio adirato e disilluso, ecco che Flash smette di essere un uomo baciato dalla velocità per disumanizzare completamente la propria essenza, ecco che Batman non è più un paladino del bene e della giustizia prima ancora che un angelo della vendetta, ma diviene un nero giustiziere capace di trasformare la città che lo ha visto nascere in un carcere di massima sicurezza.
Tuttavia, da grande autore quale è, dopo aver scioccato il lettore mostrandogli quel che il trend moderno sta costringendo gli eroi classici a diventare, Waid torna ad indagare coloro che si nascondono dietro le proprie maschere: riscopriamo quindi un Kal che non ha mai smesso di amare e di sperare, un Bruce che ha sempre servito la giustizia e il bene dell’uomo come unico padrone, una Wonder Woman che non è stata mai disposta a sacrificare la propria femminilità all’altare della bellicosità amazzone.
Una trama non particolarmente brillante e originale diviene quindi unica in virtù delle caratterizzazioni delle quali sono connotati i suoi protagonisti. E Waid è eccezionale nell’impreziosire il tutto di un misticismo e di un lirismo biblico dai continui rimandi mitologici.
Puntando forte sui dipinti di un Alex Ross in stato di grazia, Mark Waid è riuscito a regalare ai posteri un capolavoro, primo, vero e unico testamento di una Casa Editrice agli immortali supereroi che ne hanno decretato la grandezza.