Schermo nero.
Parte la musica, quando cominciano a scorrere le immagini dei nostri fumetti preferiti, integrati poi in quella scritta “Marvel” che gasa un po’ chiunque.?Poi le stelle della Paramount, che dal basso dello schermo danzano fino a circondare il monte della casa di produzione.?Qualche altro attimo di attesa.?Svizzera, 1999.
Comincia così il terzo capitolo del Vendicatore Dorato. Niente più AC/DC, bensì Eiffel 65. Che non vogliono essere un rimpiazzo, sia chiaro, quanto sistemare lo spettatore alle porte del Duemila, con un brano simbolo di quegli anni e che, con le parole (tradotte e parafrasate) “Ehi voi, ascoltate: ecco la storia di un piccolo ragazzo che vive in un mondo blu, ed il giorno e la notte quel che vede è solo blu, come lui, come la sua casa blu dalle finestre blu. E tutto è blu per lui, perché non ha nessuno che lo ascolta…” già anticipa lo stato d’animo del protagonista, e ne riprende un po’ il carattere.
Il signor Kevin Feige con i suoi Marvel Studios è riuscito nell’impresa di creare un universo alternativo (cinematografico, appunto) con i nostri amati eroi. E’ riuscito a cogliere il meglio di ogni personaggio e a renderlo funzionale su schermo. Nell’impresa, però, è stato aiutato da un gruppo di persone che hanno materialmente trasportato le sue idee nei cinema di tutto il mondo. In questo Iron Man 3 il suo braccio destro risponde al nome di Shane Black.
Chi è questo Black? Se cercate su Wikipedia, trovate solo due film all’attivo, come regista (Iron Man è il secondo, per la cronaca). Quello che, magari, una persona poco informata non si aspetta di trovare nel suo curriculum, è il suo ruolo di sceneggiatore in storie come Arma Letale 1 e 2, Last Action Hero, Monster Squad, e lo stesso Kiss Kiss Bang Bang che ha segnato il suo debutto dietro la macchina da presa.
Insomma, senza farla tanto lunga, la mano di Black in questo film si vede, eccome.
E per esser ancora più limpidi, il timbro dello scrittore si nota soprattutto in ambientazione (Natale), co-star come il bimbo che utilizza per rappresentare la parte più innocente di Tony Stark, o le battute argute e precise come il “Mandami la fattura” dopo aver lanciato il telefono di un giornalista contro il muro, o lo scambio con la donna-extremizzata:
Lei: “Tutto qui? Un trucchetto sfigato e una battutaccia?”,
Tony: “Tesoro, potrebbe essere il titolo della mia autobiografia!”.
Shane Black, però, non è solo questo.
La trama scorre liscia come l’olio lungo i tornanti tracciati dallo sceneggiatore, con twist a dir poco sorprendenti (complice anche una GENIALE campagna promozionale della Marvel, tanto di cappello!), risvolti interessanti, temi doverosi (come le crisi di panico post-battaglia aliena) ma gestiti con sapienza, gag a puntino fini alla narrazione, e una cinepresa che si muove con addirittura troppa maestria, essendo che questo Black dovrebbe essere (in teoria) quasi un’esordiente dell’obiettivo.
Il film sa sorprendere, regala un tono introspettivo a questo terzo capitolo di Tony Stark alias Iron Man, dove l’uomo deve cercare di prendere il sopravvento sull’armatura, e tentare di riemergere dalle tenebre in cui il suo ego, in buona fede o meno, l’aveva fatto sprofondare.
Robert Downey Jr. interpreta brillantemente ancora una volta (che di certo non sarà l’ultima) il genio, miliardario, playboy, filantropo, facendo squadra questa volta con un cast più competitivo che mai.
Partiamo dalle due rivelazioni: su tutti Guy Pearce, che offre una gran prova di recitazione, rendendo il suo personaggio più credibile che mai. Altra grande sorpresa, Don Cheadle nei panni di Rhodey, che ho preferito decisamente nelle scene in cui è fuori dall’armatura di quel War Machine sapientemente tramutato in Iron Patriot.
E se il Killian interpretato da Pearce rappresenta il lato opposto del genio chiamato Tony Stark (una sorta di What If…? se Tony avesse continuato a costruire armi per profitti, ad esempio – ma non solo), Rhodey diventa l’amico che ti copre le spalle, il compagno di avventure degno di ogni protagonista di polizieschi d’azione anni ’80.
Poi c’è Sir. Ben Kingsley, attore che nessuno avrebbe mai creduto potesse concorrere per un ruolo in un cinecomic, ma che regala un personaggio crudelmente meschino e beffardo, che di certo rimarrà negli annali dei villain più imprevedibili (e chi ha già visto il film sa di cosa parlo…).
A proposito di villain: il Mandarino, mente criminale di questo film, se ne esce a testa alta di fronte ad altri cattivoni del cinema. Anzi, è probabilmente una delle figure più sadiche, potenti, terrificanti e calcolatrici che si siano viste sugli schermi da molto tempo, nonché uno dei migliori villain che siano mai apparsi in un cinecomic.
Ma la cosa che spaventa di più, è che questo personaggio immaginario è tremendamente reale, e punta il dito contro quegli Stati Uniti così ossessionati dalla lotta al terrorismo.
Il Mandarino, un uomo che diventa un simbolo, qualcosa da temere, qualcosa che solo a vederne i primi segnali di un’apparizione televisiva genera un panico di massa.?Un segnale di terrore che ricorda i vari Bin Laden oSaddam Hussein, peraltro citati nella pellicola: i loro corpi potranno pure esser stati uccisi, ma la loro paura rimarrà sempre, un brivido che per correre lungo le schiene degli americani impauriti ha utilizzato i due terroristi come marionette, come capri espiatori, quasi come attori che recitano una parte in una commedia sanguinolenta. Il Mandarino è proprio questo: il brivido gelido, il terrore agghiacciante, l’ombra nel vicolo, il mostro sotto al letto.
Ma quel che è peggio, è che non lo vedrete mai arrivare.
Iron Man, giunto appunto al suo terzo capitolo, ha numerose altre avventure alle spalle, raccontate perlopiù in quelle vignette che hanno fatto sognare i suoi estimatori per cinquant’anni.
Non tutto del fumetto è stato rispettato nei vari film (e questo non riguarda solo Tony, anzi): il Boss Feige ha frugato nell’anima di questi personaggi, assorbendo ciò che poteva rendere su schermo, e rimettendo il superfluo al suo posto, dove l’ha trovato.
Quindi al cinema non vediamo un Tony che si perde in un bicchier d’alcol (come nell’Universo Marvel Classico di Terra 616), o con un tumore al cervello che addirittura gli parla (Universo Ultimate), o non vediamo un Thor con un martello grande quanto una falce (Ultimate) ma nemmeno con gli stivaloni zebrati-gialli come quelli disegnati da Simonson (616), o un Mandarino con anelli magici che avrebbero stonato un bel po’, o un Nick Fury dalla pelle bianca e sigaro sempre acceso…
Il bello di questo nuovo universo è l’essere imprevedibile, anche perché è decisamente più golosa l’attesa per un film che non ricalca spudoratamente una serie a fumetti (senza contare che tradurre alcune run per il cinema sarebbe a dir poco ridicolo ed insensato).
Un esempio che possiamo trovare in Iron Man 3, è rappresentato da Extremis.
Originariamente una storia in sei parti scritta da Warren Ellis ed illustrata da Adi Granov, Extremis (2005) è l’avventura che ha ridefinito il Vendicatore Corazzato e la sua tecnologia per i lettori affezionati e non solo (lo stesso Granov ha curato il design per l’Iron Man cinematografico). Extremis è il tecno-virus che aveva l’obiettivo di sviluppare ulteriormente il corpo umano (un po’ come quando si dice che utilizziamo solo una parte del nostro cervello). Una manna per l’umanità, capace di guarire quelle malattie altrimenti incurabili ma, che in forma sperimentale, nelle mani sbagliate può rivelarsi una vera e propria bomba…
Oltre a questa storia, che regala l’incipit a questo terzo episodio, Iron Man 3 pesca a piene mani da Invincible Iron Man dell’apprezzatissimo duo Matt Fraction e Salvador Larroca (senza dimenticare i colori di Frank D’Armata), lunghissima run di oltre 60 numeri appena conclusasi in Italia (e qualche mese fa negli USA).
In alcuni frangenti, inoltre, qualche passaggio può ricordare la guerra delle armature tanto cara ai lettori più affezionati, rendendo quest’avventura su schermo più varia che mai.
Il vero focus del film, però, è un tema piuttosto caro alla letteratura di genere: è l’uomo che fa l’armatura, o l’armatura che fa l’uomo?
La parabola di questo eroe dall’ego smisurato, se osservata col senno-di-poi dopo la visione del quadro d’insieme, risulta decisamente ascendente: Tony dovrà decidere chi essere, dovrà capire cos’è realmente importante per lui e capire come agire dopo gi eventi che l’han visto coinvolto nell’invasione aliena di The Avengers. E, se inizialmente può sembrare il solito Tony che indossa una maschera di narcisismo per impedire ai pensieri di affacciarsi alla sua anima, questa volta dovrà aggrapparsi alla sua unica ancora di salvezza, all’unica cosa senza la quale non potrebbe vivere: Pepper.
La rossa piccante, interpretata ancora una volta dalla genuina Gwineth Paltrow, si dimostra come il tassello insostituibile nel mosaico della vita di Tony, l’unica cosa che probabilmente – ora come ora – lo mantiene dall’altro lato di quel ring che lo vede fronteggiare Killian sul fronte della creatività (il What If…? del quale parlavo poco sopra).
Un po’ la ragazza che tutti vorremmo.
Insomma, da fan ho adorato questo film.
A sentire i pareri, c’è un solo elemento che può far storcere il naso, ma sta a voi spettatori capire qual’è (un po’ come quando andate a caccia dei vari cameo di Stan “il Sorridente” Lee, ovviamente presente pure qui). E dico “andare a caccia” perché questo Iron Man 3 è, sostanzialmente, una goduria per tutti i sensi, un film intelligente che tutto è tranne un episodio forzato.
Gli spunti per parlare dell’ultimo lavoro di Shane Black e dei Marvel Studios sarebbero molteplici, il ché rende questo episodio piuttosto tridimensionale (a proposito, il 3D non è fastidioso come al solito, anzi, è quasi piacevole!), ma non voglio star qui ad annoiarvi.
Piuttosto, discutetene con noi nel forum!
Benvenuti, signori, alla Fase Due dell’Universo Cinematografico Marvel.
E se il buongiorno si vede dal mattino…
Titolo originale: Iron Man 3
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: USA, Cina
Anno: 2013
Durata: 130 min