Ergo Proxy

Gen 8, 2012

Ergo Proxy è una serie TV anime di fantascienza, creata da Manglobe e Geneon Entertainment, trasmessa in Giappone nel 2006 per un totale di 23 episodi.

01- Il battito cardiaco iniziale
02- Confessione di un cittadino modello
03- Salto nel vuoto
04- Visione futura
05- Ritorno in patria
06- Ritorno a casa
07- RE-L124C41+
08- Raggio di luce
09- Frammento lucente
10- Esistenza
11- Tra il bianco e il nero
12- Se sorriderai
13- Morte di un’idea
14- Mi ricordi qualcuno
15- Il quiz show degli incubi!
16- Dead Calm
17- Lotta senza fine
18- Investigando al capolinea
19- Il sorriso di una bambina
20- Il sacro occhio del vuoto
21- Il luogo alla fine del tempo
22- Catene
23- Proxy

In breve la sinossi dell’opera:

In un futuro prossimo, sull’arido suolo del pianeta devastato da un conflitto nucleare, sorge Romdo, città-cupola ipertecnologica dove vivono, assieme ad automi chiamati autorev, i pochi esseri umani sopravvissuti. All’esterno, invece, alla mercé di un terribile virus, arrancano in una baraccopoli pochi disgraziati. L’apparizione di una creatura spaventosa, sotto la cupola, sconvolge i cittadini, ignare vittime di una furia animale incontrollabile, e fa incrociare le vite di Vincent Law, ragazzo sfortunato che campa di stenti, e Re-l Mayer, bellissima investigatrice decisa a far luce su un caso che sembra nascondere fin troppi segreti.

“Geneon” e “Manglobe” hanno portato alla luce un opera degna di nota, alquanto particolare ed estremamente affascinante. Ergo Proxy nasce nel 2006 con tutte le migliori caratteristiche possibili in grado di riportare in auge temi estremamente complessi, come la psicologia, la mentalità umana, il rapporto uomo-macchina, il sistema che “regola” e controlla ogni cosa, la religiosità.
Il cast che lo ha realizzato è quanto di meglio ci si potesse aspettare: Shuko Murase (Witch Hunter Robin) alla regia; Dai Sato (Cowboy Bebop, Ghost in the Shell: Stand Alone Complex, Samurai Champloo) alla sceneggiatura; Masui Soichi (FullMetal Alchemist, Beck) e Shinichiro Watanabe (Cowboy Bebop, Samurai Champloo, Eureka Seven) allo storyboard. (In questo senso, l’elemento che risalta è la componente autoriale, sia nella regia che nel chara-design e nei singoli disegni si vede una ricerca maniacale di qualcosa di diverso innovativo)
Volendo fare un parallelo cinematografico, la serie scivola con disinvoltura tra Blade Runner, Lynch e Cronenberg.
Pesca a piene mani dai principi della filosofia cartesiana per porre domande esistenziali sul senso del nostro essere nel mondo. A questo proposito è emblematico già il titolo “Ergo Proxy” che stuzzica il lettore con influenze colte e denomina “Cogito” il virus che infetta gli autorave (nome assegnato agli androidi), andando a riferirsi in modo abbastanza palese all’arcinoto assioma cartesiano: cogito ergo sum, “penso dunque sono”, che, se posto in chiave interrogativa, è il dilemma che poi affliggerà i protagonisti per gran parte della vicenda, insinuando in loro i dubbi e le conseguenti domande che tracciano la loro strada verso un destino enigmatico.
Tale personalità esistenziale, claustrofobica e frenetica, appare evidente dalle prime battute, dove un tripudio di elementi steampunk e postcyberpunk fanno la loro comparsa affiancati ad una sceneggiatura abbastanza criptica.
L’azione è ridotta ai minimi termini e i tempi sono assai dilatati (il trailer della serie inganna un po’ lo spettatore, mettendolo davanti a un’opera che sembrerebbe tutta sparatorie e combattimenti), la realtà è spesso intervallata da divagazioni oniriche e stadi intermedi, a cavallo tra la veglia e il sogno.
Sempre cinematograficamente, sarà chiaro il riferimento ai maestri di genere: Cronenberg e il suo cinema improntato sulle mutazioni fisiche e psichiche, Lynch con i suoi agghiaccianti universi psichedelici e atmosfere alterate, ma anche al rapporto tra uomo e macchina così brillantemente indagato da Ridley Scott in Blade Runner (film “citato” in quasi tutti le opere cyberpunk. Ha veramente segnato un genere)

Questo meraviglioso “citazionismo” non sarebbe sufficiente senza le riflessioni che scaturiscono dall’analisi dei personaggi che cambiano al cambiare degli sviluppi della trama: inizialmente frenetica, col proseguire tende a stabilizzarsi (ma non in senso negativo) al fine di sottolineare l’equilibrio dovuto a quel recupero dei veri valori vitali da parte dei personaggi, di esternazione di emozioni semplici paradossalmente dimenticate o, per quanto riguarda Re-l, rinnegate.
Insomma la serie non cala di tono, anche se così può sembrare, ma prova a dare spazio ad una crescita caratteriale dei protagonisti alquanto necessaria e intelligente.
Nello specifico:

Il rapporto tra realtà\apparenza…

…caratteristica che tormenterà l’animo della protagonista Re-l.
L’obbiettivo è quello di indagare sugli effetti che hanno le cosiddette “menzogne di stato” promulgate per il bene (?) di una comunità. E’ giusto mentire per proteggere un nucleo di persone credendo che l’ignoranza le aiuti a star meglio?

Il viaggio intrapreso dai tre protagonisti…

…è esso stesso una sorta di esperienza onirica, che scava a fondo nella coscienza dei personaggi allo scopo di ritrovare\riappropriarsi di una memoria perduta, di un’identità spezzata.
Il viaggio, metaforicamente, diventa una sorta di psicoterapia, la ricerca del senso attraverso l’esperienza, del rimosso, della percezione della realtà.

La vicenda significativa di Pino…

…piccola autorave infetta che accompagna Vincent ( “infettata” da “Cogito”, una sorta di tecno-infezione che contagia i droidi di fattezza umana costruiti per servire l’uomo e li rende senzienti, in grado di provare emozioni ma non sempre di capirle), creata al fine di compensare l’amore materno di una donna in una realtà dove è vietato partorire e poi gettata via appena riconosciuta come infetta. Da tutto questo, è giusto considerare privi di anima gli oggetti\creature che con la nostra umana superbia giudichiamo inferiori? Cos’è quest’anima che diciamo di avere solo noi umani?

La regia è eccellente: perfetti giochi di prospettiva, ottimi cambi di scena fra passaggi introspettivi e in altre situazioni analoghe, non dimenticando i combattimenti adrenalinici (quando ce ne sono)
E’ permeato di ambientazioni cupe che combaciano alla perfezione con l’atmosfera, che verrà spezzata solo da qualche rara scena luminosa, per altro significativa. I colori scuri e cupi, utilizzati in quasi tutti gli episodi, e le atmosfere post apocalittiche di desolazione totale (città devastate, discariche a cielo aperto, cielo quasi sempre grigio – nero) accrescono il senso di oppressione. La computer grafica è ben inserita, presente ma non eccessiva, mista ai disegni a mano.

Un cenno quantomeno doveroso va alla bellissima colonna sonora, nella quale vibrano le note della trascinante opening, Kiri, dei Monoral e dell’ipnotica, malinconica e quanto mai azzeccata ending, Paranoid Android, dei Radiohead.
Ike Yoshihiro realizza un lavoro meraviglioso e veramente attinente. Suoni freddi, robotici e sincopati che sanno donare sapientemente atmosfera a tutta la vicenda! Se potete recuperate anche solo la colonna sonora e ascoltatela, ne vale la pena.

Il doppiaggio dell’edizione italiana è altalenante, ma buono: inizialmente, di primo impatto, le voci possono sembrare poco consone ai personaggi, ma i doppiatori svolgono un ottimo lavoro. l migliore probabilmente è Christian Iansante, colui che dà voce a Vincent Law; egli saprà approfondire ancora di più la psiche contorta di questo personaggio. All’inizio sarà insicuro ma, mentre prosegue, si sente come cambia la voce insieme al personaggio. Insomma, renderà molto bene vocalmente l’evoluzione del personaggio stesso.

In conclusione Ergo Proxy non è assolutamente per tutti (chi non è abituato a visioni impegnative, principalmente cinematografiche, si troverà sicuramente in difficoltà e avrà la tentazione di spegnere), a volte è lento, in alcuni dialoghi dovremmo avere pazienza nel capirne il senso e soprattutto nel non dimenticarne i dettagli che sono importantissimi perchè niente viene lasciato al caso, e se consideriamo che il doppiaggio è tra i migliori che possiamo trovare, vale la pena vedere questo piccolo capolavoro d’animazione.