Copertina-DD-337-p-La-copertina-definitiva

Testi: Roberto Recchioni
Disegni: Nicola Mari
Editore: Sergio Bonelli Editore

Hype accumulato su hype. Preview accumulate su preview, bozzetti e foto rubate da “dietro le quinte”. Eccoci arrivati alla “Rivoluzione” dell’Old Boy, all’atteso downgrade annunciato da Recchioni & co.

Siamo al capolinea. Il vecchio Dylan è morto (ma già era ben sotterrato alla fine del centesimo numero della gestione Sclavi, visto che ciò che ne è seguito ne era solo un pallido riflesso), e il “nuovo” Dylan è nato. Ma quanto è “nuovo”, “fresco”, “aggiornato” questo indagatore dell’incubo? Lo è, nella misura in cui si può considerare il Dylan dei tempi d’oro come tutt’ora attuale e vivo. Perchè di fatto, il buon Recchioni (che dispetto a quanto dice pecca un pò troppe volte di “alto” ego) e la sua allegra compagnia hanno fatto l’unica cosa che si poteva fare, dopo ben 200 numeri di niente:hanno lavorato (al meglio) per riportare il Dylan degli anni ’80 ai giorni nostri, con tutto il suo bagaglio di belle storie e capacità di raccontare il presente.

Semplice, pulito. Un’operazione giusta e sicuramente apprezzata dal padre fondatore della testata. Un pò come questa storia, “Spazio Profondo”, un racconto di fatto chiaro e fruibile anche fra le schiere dei nuovi lettori. Un buon racconto! Non eccezionale, ma genuinamente “preparatorio” al Dylan che verrà. Un racconto sicuramente al di sopra della mediocrità impoverita degli ultimi numeri.

Il miglior modo per raccontare il nuovo Old Boy? Lo piazziamo nel futuro, a bordo di un’astronave abbandonata nello spazio siderale (che è il luogo perfetto per parlare di rinascite e riflessione esistenzialista), fra creature e atmosfere che spaziano da Alien a Solaris (per fortuna Recchioni cita l’originale!). Un futuro in cui il corpo e la mente di Dylan Dog sono stati clonati per creare una squadra di soccorso.
Si viaggia nella fantascienza, passando per l’incubo e la claustrofobia, per finire (guarda caso) ancora una volta: all’inferno. E qualche inferno migliore può attendersi un indagatore dell’incubo? L’oggi, il suo quotidiano, il suo riflesso al mattino.

I disegni di Mari rendono bene l’impostazione narrativa tesa e veloce di Recchioni, rafforzata dall’uso sapiente e essenziale del colore (altra chicca di questo albo speciale!). Certo, un bianco e nero tradizionale avrebbe forse delineato con maggior forza i silenzi e l’eternità dello spazio siderale, ma in sostanza “ci accontentiamo”. Il lavoro fatto è di tutto rispetto, studiato nei minimi dettagli e spiccatamente cinematografico.

Un buon albo, si diceva. Più preparatorio che altro, ma di sicuro impatto. Lancia spunti per il futuro e ci (ri) presenta il Dylan del passato, mascherando il tutto sotto la cornice del manifesto mediatico (chi non ha notato il giochetto Dylan originale/Dylan clonato come una presa di coscienza delle più moderne e, paradossalmente, più povere interpretazioni del personaggio?). Non resta quindi che ritrovarsi in edicola fra un mese e… incrociare le dita.