Letta
La morte di Jean DeWolff.
Avendola recuperata sul n. 20 de
Le Storie Indimenticabili, non ho avuto il piacere di leggere anche il seguito, ma per ora mi accontento di aver fatto questa bella lettura.
Peter David ha un approccio noir particolarmente acuto e apprezzabile, che si applica sorprendentemente bene al personaggio di Spider-Man. Dico "sorprendentemente" perché lo vedo più appannaggio di Daredevil, in casa Marvel (che in effetti, non a caso, è co-protagonista della vicenda), mentre al ragnetto associo in genere storie più solari, o più supereroistiche in senso assoluto. Questa mini-maratona che sto compiendo sembra confermare questa mia visione, al netto di alcune significative eccezioni (
L'ultima caccia di Kraven, o le prime storie dello
Spider-Man di McFarlane).
Ma lo sceneggiatore dimostra che il personaggio può interpretare tranquillamente avventure più tipicamente hard-boiled, con indagini e criminali normali, comuni, tutt'altro che super. Magari psicopatici, ma in ogni caso possibili, concreti.
In tal senso, anche il mal sopportato (da me, beninteso) costume nero trova la sua ragion d'essere: muovendosi in questo tipo di atmosfere e in una New York più sporca e urbana che mai, si rivela essere una
mise assolutamente azzeccata, oltre che rappresentare esteriormente quella violenza latente che sta attraversando l'animo di Peter Parker (siano lodate le introduzioni dei volumi della Gazzetta, che almeno contestualizzavano il periodo editoriale delle singole saghe pubblicate, spiegando un po' questo atteggiamento).
Bello lo spunto iniziale, bello lo sviluppo con tanto di classicissimo stratagemma di molti gialli
bello il team-up (anche "litigarello") tra Spider-Man e Daredevil, bella la risoluzione. Anche i disegni di
Buckler non sono male, anche se non sono esattamente la mia tazza di tè devo dire che non mi sono dispiaciuti e hanno accompagnato mediamente bene la sceneggiatura di David.
Forse una lieve pecca è che si dà poco spazio alle motivazioni, alla molla che ha spinto il colpevole ad assassinare in nome di quella "ossessione divina". Ma la storia non ne esce danneggiata perché alla fine lo stampo ossessivo che guidava l'omicida poteva essere già visto di per sé come spiegazione.
Molto ben descritte e realistiche sono invece le reazioni della folla verso l'assassino, e la tentazione dell'Uomo Ragno di cedere alle stesse pulsioni di rabbia e ferocia di quelli che chiedevano la testa del colpevole, quasi pronti a trucidarlo in pubblica piazza. Sentimenti molto umani e che si possono vedere nella realtà, che non stonano nemmeno se applicati a Parker: intanto per via del momento "nichilista" che stava passando, ma anche a riconferma del carattere molto umano del personaggio. In tal senso affidare a Matt Murdock, uomo di legge, la voce del buonsenso e della difesa del diritto di ciascuno di essere giudicato secondo le regole di uno Stato civile, appare particolarmente sensato e calzante, e contribuisce a dare corpo e robustezza alla finale della storia.