Wonder Woman

Mar 30, 2010

STORIA DI UN’ICONA: WONDER WOMAN

La guerriera che ama la pace

E’ probabile che il grande pubblico, nel sentire il nome Wonder Woman, pensi al telefilm degli anni 70 (1975-1979) con Lynda Carter, che conferì una popolarità notevole al personaggio e mostrò alcune delle sue caratteristiche principali: il costumino aderente e succinto raffigurante la bandiera americana, uno splendido sorriso, l’indubbia (ma rassicurante) avvenenza e ovviamente i famosissimi braccialetti indistruttibili capaci di deviare fendenti e proiettili.

In realtà  Wonder Woman è ben più di questo e, anche se moltissimi non lo sanno, si tratta di uno degli eroi più longevi della storia dei comics: la sua serie (come quelle di Batman e Superman) è tra le pochissime pubblicate con regolarità dalla DC fin dagli anni 40, se si eccettua una breve pausa nel 1986. E proprio insieme all’Uomo D’Acciaio e al Cavaliere Oscuro Wonder Woman costituisce la trinità dell’universo DC, rappresentando da sempre uno dei punti riferimento editoriali della casa editrice.

L’alter ego “civile” (anche se questo termine è piuttosto inappropriato) di Wonder Woman è Diana (diventato Diana Prince in occasioni particolari), principessa di Themyscira, isola abitata da un popolo di sole guerriere denominato Amazzoni, dirette discendenti degli dei. E’ stata creata dal Dr. William Moulton Marston e Harry G. Peter nel 1941, ed è comparsa per la prima volta su All Star Comics #8 Il suo ideatore (il Dr.Marston) è l’inventore di uno di quei congegni che anticiparono le famose “macchine della verità” così popolari al giorno d’oggi. Egli riutilizzò poi questa sua idea proprio per le storie a fumetti di Diana, che da sempre ha fra le sue “armi” un “lazzo”, dono degli dei, che costringe appunto le persone che ne sono avvolte a non mentire mai.

L’origine mitologica del personaggio è una delle sue caratteristiche distintive, e, anche se agli amanti “puristi” della tradizione greco-latina questo può far storcere il naso, in realtà ha permesso di creare attorno a Diana un contesto interessante e denso di eroismo, realizzando un’innovativa commistione fra tradizione e innovazione, passato e presente. Si trattò del primo tentativo di portare alla ribalta un supereroismo “al femminile” in un mercato dominato (allora come oggi) dagli eroi di sesso maschile, e questa componente femminista del personaggio, accentuata o al contrario sfumata a seconda degli autori, è comunque una delle caratteristiche principali di Wonder Woman, nata in un periodo in cui le lotte per i diritti delle donne (seppur limitate principalmente al contesto anglosassone) stavano diventando una tematica di rilievo. L’Amazzone diventa così portabandiera di un nuovo modello di ragazze: forti, indipendenti, capaci di sostituire in tutte le mansioni i propri mariti, fidanzati, padri e fratelli partiti per la guerra.

Inizialmente, come moltissimi supereroi dell’epoca, oltre a supercattivi di ogni genere, Wonder Woman ha combattuto i nazisti durante il secondo conflitto mondiale, diventando prima membro della JSA (1941) e poi della JLA, supergruppo ideato nel 1960, in piena Silver Age. In questo periodo si cercò di unire due aspetti essenziali della storia di Diana: il suo glorioso passato (e dunque la lotta contro le forze dell’Asse) e il presente, rappresentato dall’interazione costante del personaggio con il mondo degli umani, a volte difficile e densa di ostacoli. Le avventure dell’epoca erano molto variegate, e spaziavano dallo spionaggio alla mitologia più fantasiosa.

Fu George Pérez , in seguito all’evento del 1986 Crisi sulle Terre Infinite a rilanciare il personaggio insieme a Len Wein e Greg Potter in un famosissimo ciclo di storie proposto per intero in volume dalla Planeta DeAgostini. Qui Wonder Woman assunse un ruolo che la caratterizza ancora oggi: Diana è incaricata di fare da intermediario tra il suo mondo di origine e quello “patriarcale” degli umani, educandoli al reciproco rispetto e alla pace. La mitologia si intreccia in maniera convincente con elementi moderni, creando storie avvincenti che catturarono il pubblico. Diana divenne quindi un modello di lealtà, amore, forza e comprensione, acquisendo uno spessore sempre maggiore.

Dunque come mai, nonostante altre gestioni di rilievo (John Byrne, Phil Jimenez, Greg Rucka) che si sono succedute nel corso degli anni, Wonder Woman  stenta nelle vendite ed è spessissimo ai margini delle preferenze dei fan? Innanzitutto è giusto rimarcare come il supereroismo femminile sia di frequente in ombra rispetto a quello maschile, e come sia difficile proporre al pubblico (al di là della bravura degli scrittori) serie che vadano al di là del semplice concetto di “pin up in calzamamaglia”. La stessa DC ha diverse responsabilità in tutto questo, dato che non ha saputo comunque valorizzare il personaggio con continuità, alternando ottime gestioni a periodi piuttosto anonimi. Fortunamente nell’ultimo anno e mezzo, grazie alle storie di Gail Simone, autrice spregiudicata e graffiante, Diana sembra avere ritrovato una direzione precisa, con storie che stanno restituendo consistenza a questa illustre eroina.

Inoltre, considerando anche le oggettive difficoltà incontrate da Superman, questo sembra essere un periodo poco fortunato  per gli eroi “positivi”, dato che il pubblico, da anni ormai, è indubbiamente affascinato da personaggi borderline e senza freni morali.  La nuova direzione prettamente “eroica” però (si vedano i progetti Brightest Day e Heroic Age targati rispettivamente DC e Marvel) impressa al proprio corso editoriale dalle due case editrici più importanti forse aprirà nuovi spazi per storie più luminose ed epiche, considerando anche lo straordinario successo ottenuto negli ultimi anni da Geoff Johns e dalla sua gestione fenomenale di Green Lantern.

E’ lecito inoltre porsi questo quesito: può un’eroina nata nel 1941 farsi portavoce di un femminismo “nuovo”? Può Wonder Woman rappresentare ancora un punto di riferimento per il pubblico femminile? Difficile dare una risposta. Sicuramente l’aspetto femminista di Diana, come evidenziato in precedenza, è una componente forte del personaggio, ed è stato evidenziato in anni recenti, oltre che da Gail Simone, attentissima da sempre a queste tematiche, da Frank Miller in All Star Batman and Robin e da Darwyn Cooke in The New Frontier, anche se in maniera differente: Miller ha raggiunto esiti quasi caricaturali, ma la caratterizzazione finale è eccellente, e lo stesso si può dire per Cooke, che ha conferito a Diana una forte valenza politica e di “opposizione” rispetto alla scelte del governo americano in Vietnam e Corea negli anni 50-60.

Dato che ritengo che il fumetto possa essere davvero un veicolo di riflessione su tematiche storiche, sociali e politiche importanti, desidero davvero che Wonder Woman continui ad essere un’icona culturale importante, e che rappresenti anche un modo per riflettere su argomenti di rilievo riguardanti i diritti delle donne, senza rinunciare alla componente eroico-mitologica della Principessa delle Amazzoni. La DC nell’ultimo periodo ha sicuramente ricominciato a valorizzare con continuità i propri personaggi femminili, e l’arrivo di Straczynski sulla serie regolare del personaggio (che per l’occasione ripartirà con la vecchia numerazione dopo la pubblicazione dell’albo celebrativo Wonder Woman #600) a partire da luglio 2010 rappresenta sicuramente un’opportunità per rilanciare alla grande le avventure di Diana, tornata di recente alla ribalta anche grazie al riuscitissimo lungometraggio animato (mai arrivato in Italia, purtroppo) uscito per la Warner Bros nel 2009. Ci si augura davvero che questo possa essere l’inizio di una nuova era di splendore per l’Amazzone DC.

Fatevi conquistare anche voi dall’indomito fascino di Diana di Themyscira, la principessa guerriera messaggera di pace e speranza.

A cura di Elena Pizzi