Il Ritorno di Bruce Wayne numero 6 non è un fumetto che lascia indifferenti, come in precedenza la sua completa run e il suo evolversi costante, Grant Morrison continua a suonare su quella armoniosa arpa chiamata “continuity” e gioca con la vita dei personaggi (tridimensionali) come solo il migliore dei demiurghi.

Ecco allora il nostro piccolo “Orfeo” che ci regala, per l’ultima volta, il passaggio cronale del più semplice degli uomini, al cospetto della “guerra del Tempo”.
La sua unica pecca è data dal fatto di essere geniale e se nella vita del povero Cavaliere Oscuro succedono eventi oscuri altrettanto, la causa va trovata lì, all’origine del mito, durante l’alba dei tempi e oltre.

Il tema del RDBW e uno dei topos più antichi che nel linguaggio e nella letteratura si avvicendano: l’eroe caduto che compie un viaggio per ritrovare se stesso.
Ora l’unica vera domanda che Morrison si è posto in precedenza alle sue prime stesure è forse questa: e come si comporterebbe “Batman” in una situazione simile?

Detto, fatto.

IRDBW è il principio della nuova era di “THE BATMAN”, è la vera apologia del fumetto batmaniano (e non solo) ed è la reale costante di equilibrio tra la continuita precedente e il futuro del brand della DC Comics.
Non è possibile in alcun modo restare indifferenti dinanzi a questa serie di opere, non si parla di una run, ma della “RUN” ed è lo stesso, la stessa identica cosa che è capitata quando il signor Grant prese le redini dei mutanti Marvel: donò al mondo della letteratura fumettistica e della cultura del balloon un capolavoro e un testo unificato da usare nel tempo e, per alcuni, da “venerare”.

Tremo solo al pensiero di cosa realizzerà per ACTION COMICS, tremo perchè conscio del fatto che sono/siamo/saremo testimoni di un evento, come lo siamo stati adesso, come lo stiamo vivendo ora, come lo vivremo domani e pure dopodomani.

Il suo modus operandi è lo stesso che usa Bruce Wayne per “tornare indietro”/tornare a casa: l’investigazione.
E (congiunzione) non è un azzardo poter dire che ciò che leggiamo, da Batman e Son sino ad ora, Morrison lo ha realmente “vissuto”.
Non vi sono le regole del comicdom, vi è la splendida carta bianca che si offre solo ed unicamente a chi è capace di scrivere, di farlo davvero e poi di creare una entropia non caotica, una valenza quantica, una “agnosia”.

La splendida valenza di cui sopra sta nel fatto di creare quasi ex novo un personaggio e di reintegrarlo in una epoca ben precisa, non lacunosa, ma effettiva; una zona d’ombra celata ma invelata: magnifico.

Siamo pienamente coscenti del fatto che in un dato luogo, in differenti epoche, siano accadute cose apparentemente mai collegate, ma ricche di un legante che travalica tempo, spazio ed infinito: il legante è il personaggio, il piano il luogo e l’ancora risiede in quel simbolo che assume persino un valore, una valenza (di nuovo) sacra.

E (ancora congiunzione) se eravamo partiti, nel 1986 da una semplice frase (Sì, padre. Sarò un pipistrello), è proprio lì che facciamo ritorno.
Tra demoni secolari e visioni futuristiche, Morrison getta Bruce Wayne in un vortice di follia innaturale e senza precedenti: questa è la sola ed unica parallasse (se il mondo si muove e lui sta fermo un motivo dovrà pur esserci).

Dal numero 1 al numero 5 non abbiamo visto niente, nulla, zero.

Bugia.
Ma Morrison ci ha abituati a questo ed altro, ciò nonostante non rappresenta una perdita di idee e di originalità (GIAMMAI!), è solo la mente di un uomo che ha scelto di “perdersi” assieme al personaggio di cui sta narrando.

I Guardiani del Tempo? Vi prego, non prendiamoci in giro!

Grazie per aver scelto di leggere questo capolavoro, grazie per la somma totale delle parti (la matematica non sarà mai il mio mestiere, HA HA HA).
Bellissima la costante di frattura che separa i primi 5 numeri dal deflagrante numero 6, Bruce sarà pure tornato, ma che il Mondo sia pronto a questo, o ci salvi dal suo collasso!

Era davvero tutto collegato?

No, sul serio?
Ancora avete bisogno di altre “prove”?
Non dico più nemmeno cose del tipo: “rileggete tutto da Crisi Finale” o altro.
Non vi sono parole davanti alla polarizzazione di un fatto.

Ma il capolavoro di Grant Morrison non stà nel saper scrivere Batman, sta nel saper regalare la reale presenza di un personaggio che vive, respira, muore, ritorna, pensa:

La prima verità di Batman: Io non sono mai stato solo. Ho avuto aiuto.