All Star Superman

Feb 22, 2012


Testi:
Grant Morrison
Disegni: Frank Quitely
Edizione originale:  All Star Superman 1-12, 2005-2008, Grant Morrison, DC Comics
Edizione italiana: Libro cartonato, 304 pp., colori, Planeta De Agostini.

Un male incurabile che ti lascia poche settimane di vita.
È normale che la persona a cui viene diagnosticato si guardi indietro per tracciare un bilancio della propria vita o dedichi il tempo rimanente a fare quanto avrebbe voluto (potuto) ma, per una ragione o un’altra, ha sempre rimandato.
È normale: fa parte della natura umana.
Cosa accade però quando una simile, spietata diagnosi riguarda un essere che di umano ha solo l’apparenza (o i sentimenti?), qualcuno che si è sempre ritenuto invulnerabile, un eroe che nella sua lunga vita editoriale ha dovuto affrontare la propria morte solo per mere logiche editoriali e in quel caso per mano di un avversario di certo letale (Doomsday, nomen omen) ma a cui poter opporre i propri superpoteri e non di un nemico subdolo che non può schiacciare grazie ai propri pugni d’acciaio o ridurre in cenere grazie alla propria vista incendiaria?
In “All Star Superman”, Morrison affronta tale questione con l’intelligenza che ha reso molte delle storie da lui create gemme di scrittura anticonvenzionale, tanto sincera da risultare spesso disturbante, con la gelida lucidità di chi sa “leggere” tanto bene le sfumature dell’anima da sapere che, per chi lo ha conosciuto e gli ha voluto bene, la morte di un eroe non è solo la perdita di un simbolo di speranza ma un pezzo di sé che andrà perduto per sempre.
Su questa dicotomia si sofferma l’autore nei dodici numeri che scandiscono questa storia, analizzando da una parte le (re)azioni del morituro mentre la fine si avvicina e, dall’altra, come i personaggi con cui Superman/Clark Kent interagisce reagiscono all’idea che l’eroe possa morire e a quella, per parafrasare il titolo di un vecchio strillo, di “un mondo senza Superman”.
Sotto il primo profilo, a Superman non è concesso il lusso – a cui accennavamo all’inizio – di fermarsi a riavvolgere il nastro della propria vita per valutare se è stata degna di essere vissuta. Il suo ruolo, il suo essere esempio e baluardo lo “costringono” a spendere quanto gli rimane da vivere dedicandosi – come ha sempre fatto da quando ha vestito il rosso e il blu – agli altri, a salvare il prossimo, in un parossismo di abnegazione che è l’essenza del personaggio, talmente pura da trascendere la semplice idea di bontà e trasformarsi in (nel) sacrificio (più grande che a qualcuno sia chiesto). Emblematica ed estremamente commovente in tal senso la scena in cui, mentre rivolge l’addio alla donna amata, è costretto a lasciarla per salvare una ragazza decisa a morire: sicuri che il “dovremo accontentarci di questo” che Superman rivolge a Lois sia riferito alla sola incompatibilità genetica a cui lui stesso accenna come limite invalicabile a una loro possibile storia d’amore e, non tra le righe, all’impossibilità di un rapporto a cui non potrebbe dedicare tutto se stesso perché in ogni momento Lois dovrebbe condividere l’uomo che ama col mondo che ha costantemente bisogno di lui?
Tale impossibilità di affrontare la morte imminente come un qualsiasi essere umano viene compensata da Morrison grazie a un raffinato espediente: l’uso delle dodici prove, una per ciascun episodio di “All Star Superman”, come cornice metanarrativa grazie a cui all’eroe è concesso di trovarsi faccia a faccia con personaggi e situazioni che lo hanno reso quello che è.
Tali prove, il modo in cui Superman le affronta e (seppure con sempre maggiore difficoltà) le supera, permettono a lui, pur mantenendosi fedele al proprio ruolo di eroe, di riflettere sulla sua vita e a noi di fare i conti con l’immaginario di cui la figura di Superman si è nutrita nel corso di decenni di storie, delineando così un personaggio molto più sfaccettato, un essere meno “d’acciaio” di quanti certi superficiali giudizi di altri personaggi (“è facile essere forti quando si viene da Krypton”, chiosa stizzito Luthor) e certe affrettate valutazioni dei (mancati) fruitori delle sue storie possano ritenere (e chi scrive recita qua il mea culpa per un proprio personale pregiudizio in merito).
Così Superman ha modo di rivivere la propria giovinezza a Smallville e il dramma della perdita del padre, di affrontare su mondo Bizzarro la solitudine di un “estraneo” a fianco di esseri (soltanto) all’apparenza uguali a lui, di capire – affrontando Bar-El e Lilo – come la condivisione dei valori migliori del genere umano gli abbiano impedito di trasformarsi in un dispotico tiranno a cui sarebbe risultato facile schiacciare sotto il proprio gioco gli uomini, di confrontarsi (nel climax della storia) con la fonte del proprio potere (il sole) che, giocoforza, nel quadro di una vicenda in cui è il sovraccarico di radiazioni emesse dalla nostra stella a condurlo verso la morte, diventa metafora del percorso di morte (il computer solare come fonte di distruzione) e rinascita (Superman trasformato in energia pura che guarisce il sole) cui tutto l’arco narrativo di “All Star Superman” sembra sottendere.
Altrettanto rilevanti risultano i punti di vista dei vari supporting characters che, come facce di un prisma, integrano e arricchiscono la figura dell’eroe, da Perry White a Jimmy Olsen, da Leo Quintum a Lois Lane. Sarebbe troppo lungo soffermarsi su ciascuno di essi.
Vale la pena però spendere due parole sulla nemesi di Supermam.
Morrison tratteggia Lex Luthor, come un essere che, a dispetto della propria intelligenza superiore alla media (o forse proprio a causa della stessa) trova inconcepibile l’idea della presenza sulla Terra di Superman, individuando in lui la causa del proprio fallimento, l’avversario che gli ha impedito di assurgere a quei successi che ritiene dovuti al proprio genio superiore e che Superman ha frustrato, finanche della propria mortalità (“io sto invecchiando e lui no”).
Tale astio sfocia in una vendetta che ha, ai suoi occhi, il gusto del contrappasso (uccidere il proprio nemico servendosi della fonte stessa dei suoi poteri) e che ne spoglia le motivazioni di ogni possibile architrave logica, trasformandole in puro odio (“Nessuna psicologia nella battaglia”, spiega lui stesso).
Nel finale tuttavia quando acquisisce i superpoteri (diventando, seppure per breve tempo, un superuomo, Superman appunto), Luthor si trova – proprio malgrado – a vedere il mondo con la stessa visione del mondo di colui che fino a quel momento non aveva compreso. E sembra proprio la complessità di tale prospettiva, l’acquisita consapevolezza della propria meschinità di fronte alla “forza” morale della propria nemesi, più che gli artifici scientifici (narrativi) a cui Superman (Morrison) ricorre durante lo scontro, a determinarne la sconfitta.
L’eroe vi giunge provato dalla malattia, che la mano di Quitely (magnifico nel rendere i sentimenti sui volti dei personaggi con pochi tratti puliti, privi di orpelli o facili effetti) traduce in un progressivo disfacimento dell’aura di forza che emana all’inizio dalla figura di Superman, sporcando progressivamente la nitidezza delle tavole con schizzi di sangue, disfacendo il corpo all’interno del costume e conducendo verso un destino segnato sin dall’inizio.
Non c’è salvezza per Superman in questa storia ma la sconfitta a cui i piani di Luthor l’hanno condannato si trasforma in una vittoria grazie alla guarigione di  quel sole che tanto ha rappresentato per lui.
Sotto tale aspetto, c’è una splendida simmetria in “All Star Superman” che inizia nel sole e nel sole si conclude.
E a rafforzare tale simmetria le pagine finali dell’opera in cui la P.R.O.J.E.C.T. e il suo anfitrione paventano la possibilità di restituire un giorno al mondo Superman, saldando così il debito contratto con lui nel momento in cui, salvandoli, ha condannato se stesso.
D’altra parte Leo Quintum lo aveva promesso al kryptoniano. “Troveremo il modo di salvarti. O di sostituirti”.
Perché il sogno, l’ideale dietro il costume rosso e blu, non può morire. E se è vero, come sosteneva Schopenhauer che “ogni separazione anticipa la morte, ogni nuovo incontro la resurrezione”, allora le dodici tappe di “All Star Superman” scandiscono sì il percorso verso la prima ma grazie ai tanti confronti con coloro che hanno conosciuto, celebrato, affrontato, (perché no?)  odiato l’eroe, con quelli soprattutto che l’ hanno amato e continuano ad amarlo anche adesso che non c’è più, non possono che condurre alla seconda.