Batman: Freakout

Giu 22, 2010

Testi: Garth Ennis
Disegni: Will Simpson
Edizione originale: Legends of the Dark Knight 91-93
Edizione italiana: Batman La Leggenda 97

Garth Ennis è uno scrittore molto furbo: tutte le sue opere, da Preacher per passare al Punisher (sia in veste Marvel Knights che Max) contengono i medesimi ingredienti: personaggi grotteschi, ultraviolenza e linguaggio “colorito”. Questa serie di Legends, Freakout, non si sottrae alle regole, seppur presentando alcuni elementi in modo attenuato, per ovvietà di cose (Batman è pur sempre un personaggio main-stream, e come tale deve attenersi ad alcune regole editoriali più o meno inviolabili). La trama (il cui inizio mi ha ricordato tantissimo Predator 2, ma tant’è) ruota attorno alle nebulose azioni di Mr Freak, assuefatto fabbricante di droga (LSD2000, la cui particolarità è quella di derivare dal…no, non ve lo dico, andate a leggervi la storia), che mira a “far sballare” (cito testualmente) tutta Gotham. Ovviamente arriverà Batman a mettergli i bastoni fra le ruote (che vediamo, in una scena presso la sua caverna, starnamente incuriosito dagli effetti che la droga può generare in lui), ma non solo: due detective dai modi efferrati cercheranno di perseguire la propria vendetta personale sull’emulo di Lennon.

Gli elementi per trarne una storia suggestiva ci sono tutti (la droga; i segni che la “sporca guerra” ha lasciato su chi vi ha partecipato), ma Ennis non li sfrutta o meglio, li piega in funzione di una trama poco incisiva che non lascia il segno, risultando poco convincente. Alcuni passaggi poi sono particolarmente confusi (come le pagine iniziali), mentre determinate situazioni vengono fatte cadere nel vuoto, senza essere adeguatamente riprese (mi riferisco al colpo di scena alla fine della seconda Legends). Il disegnatore, Will Simpson, dal tratto grezzo e sporco, è decisamente adatto alla vicenda (lo vedrei anche su serie Vertigo), pur non raggiungendo l’eccellenza di altre matite viste sulla serie.

Per tirare le fila, Freakout è un’occasione persa: poteva essere una delle migliori storie del Pipistrello, viste le caratteristiche, ma si riduce ad essere l’ennesima prova artistica, scritta con lo stampino, di un autore che ha basato la sua carriera sugli ingredienti sopra descritti.