Da NEWSARAMA

Alla convention C2E2 di Chicago Brian Azzarello ha quasi recitato la parte dell’eroe di casa.
Lo scrittore, che risiede a Chicago, non solo ha trasformato di nuovo Wonder Woman in un titolo da top 20 in classifica dopo anni di vendite mediocri, ma avrà anche un ruolo chiave nel chiacchierato evento in arrivo questa estate ed intitolato Before Watchmen.
Aggiungeteci anche la sua nuova riunione con il collega di 100 Bullets Eduardo Risso sulla miniserie in corso Spaceman, e vi renderete conto che Azzarello sta vivendo uno degli anni maggior visibilità nella sua intera carriera.
Naturalmente, questa enorme visibilità sta venendo fuori anche grazie alle reazioni verbali dei suoi fan di vecchia data, che non sempre hanno risposto positivamente ad autori come Azzarello che amano comportarsi in maniera “imprevedibile”. Quest’anno Azz ha apportato molti grossi cambiamenti al mito di Wonder Woman, e non ha nemmeno esitato di fronte alla possibilità di gestire due dei prequel di Watchmen, nonostante alcuni fan fossero convinti che quei personaggi non andrebbero toccati.

Ma il fatto che il suo lavoro sia al centro delle discussioni tra orde di fan non deve essere per forza un fattore negativo. Quando Before Watchmen uscirà a giugno con una serie di testate settimanali realizzate da diversi team creativi, Azzarello si ritroverà di sicuro ancora più gente a discutere delle sue collaborazioni con J.G.Jones su Comedian e con Lee Bermejo su Rorschach.

Ecco un’intervista rilasciata da Azzarello al sito specializzato Newsarama, tradotta per voi da DC Leaguers.

Brian, so che questo suona un po’ strano, ma mi accingo a farti una intervista su Before Watchmen, senza parlare delle cosiddette “polemiche”, perché credo che di quelle ci si sia già occupati in maniera esauriente, non credi?

 Sì, e sai bene che tutti hanno parlato di questa polemica, ma in realtà non ce ne è mai stata veramente una. Voglio dire che non riesco a leggere tutto quello che la gente scrive.

Certo, il progetto deve andare avanti indipendentemente da dove è arrivata la diatriba. Quindi a questo punto parliamo proprio del progetto. E tanto per cominciare, devo confessarti che sono una di quelle persone che ha letto Watchmen molti anni dopo che è stato pubblicato. Un novellino, suppongo.

 Io invece l’ho letta quando è stata pubblicata la prima volta.

Sì, e lo hanno fatto anche un mucchio di altri fan. Ma ad essere sinceri, quando mi sono procurato quel fumetto, nonostante fosse fantastico e molto toccante, mi è sembrato che in qualche modo fosse un po’ datato. Come se fosse di fatto una storia propria del suo tempo, mi capisci?

Oh, sì.

Una parte di questa tua sfida di Before Watchmen è costituita dal tentativo di adattare questo mondo e di descrivere i suoi personaggi per un pubblico più moderno?

Beh, certo. Quello che voglio dire è che lenti attraverso cui noi osserviamo adesso sono molto diverse da quelle di trent’anni fa. Capisci? I problemi globali che abbiamo ora sono diversi. Dal mio punto di vista, uno dei concetti fondamentali della serie originale era quello di voler salvare l’umanità da se stessa, cosa che principalmente si concretizza in una guerra nucleare. Ma nel mondo di oggi la guerra nucleare non fa più parte del panorama globale allo stesso modo di allora. Quella minaccia oggi è stata sostituita dal terrorismo.

Quindi dal punto di vista della sceneggiatura, per rimanere fedeli al mondo che Alan Moore ha creato, sarai in grado di ritrarlo ancora in maniera precisa, affinché possa avere lo stesso tipo di risonanza per il pubblico di oggi?

Beh, quella sarà la vera sfida, no? E ti assicuro che adesso non sono in grado di risponderti. In realtà non sta neanche a me risponderti. Saranno i lettori a dirlo nel momento un cui verranno pubblicati gli albi, non credi ?

 Ma tu ci ha ragionato in maniera esplicita. Tu stesso hai ammesso che la lente di osservazione è cambiata dai tempi della Guerra Fredda.

Beh, sì, quello è infatti uno dei motivi per cui lo sto facendo, proprio perché è una sfida. Una del tipo, qual è il giusto approccio per raccontare questi personaggi al giorno d’oggi? Noi andremo a raccontare storie che sono avvenute nel passato, ma nessuno vorrebbe che quelle storie apparissero datate.
Quello che sto cercando di fare è di rendere in queste due serie trent’anni di cambiamenti culturali.
Proprio come Watchmen è un prodotto del periodo storico in cui è stato scritto, queste testate avranno lo stesso valore. O almeno spero.
Ripeto, l’approccio che sto usando, sia che abbia successo o no, non deve essere discusso da me.

Vi siete seduti tutti ad un tavolo ed avete parlato di questa sfida, discutendo su quale tipo di approccio utilizzare in tutte queste varie miniserie?

Ci siamo riuniti e ne abbiamo parlato. Credo che fosse lo scorso Ottobre quando ci siamo incontrati. Ed è andato tutto incredibilmente liscio. Era previsto che l’incontro durasse due giorni interi, ma non ci siamo visti tutti e due i giorni per trovare un accordo su queste idee.
Abbiamo avuto punti di vista abbastanza concreti per questi personaggi, con motivazioni davvero molto solide sul perché dovessero essere affrontati in una certa maniera.

Questo è un aspetto interessante, perché mi sarei aspettato una certa divergenza di opinioni. Credo che questo sia stato dovuto al fatto che la storia originale avesse una concezione estremamente chiara della provenienza di questi personaggi e del modo in cui era conformato il loro mondo?

Sì, credo che sia così, ma partendo da quella struttura ci sono tutta una serie di direzioni diverse in cui uno può muoversi. Il modo di vedere di Len [Wein], ad esempio, su Ozymandias non è quello che avrei avuto io su quel personaggio, ma nonostante ciò è lo stesso molto forte. E posso dire di essere completamente d’accordo con quello che sta facendo e con l’approccio che ha intrapreso.
Voglio dire, non credo che la storia originale di Watchmen indirizzi troppo il modo in cui questi personaggi debbano essere gestiti nel momento in cui li si vuole far uscire da quel tipo di storia per creare qualcosa di diverso in cui possano muoversi.

Ci sono anni ed anni da coprire nelle loro storie. Come avete fatto ad individuare il punto in cui volevate riprendere le vicende di ogni personaggio?

The Comedian si svolge negli Anni Sessanta, e Rosrshach nei Settanta.
Credo che gli aspetti più rilevanti di questi personaggi siano richiamati in quelle decadi nelle quali li ho riportati. Secondo me, Rorshach in una New York fine Anni Settanta funziona bene. La New York di quel periodo passato è un posto molto diverso da quello che è oggi.
Il Comico negli Anni Sessanta, vorrei dire, che epoca tumultuosa è stata per l’America. Secondo me valeva la pena esplorare quel periodo in particolare con quel personaggio, su come esso lo abbia influenzato o come ne sia stato influenzato.

Il Vietnam in qualche modo lo ha definito, vero?

 Il Vietnam – non so se lo abbia definito, ma di sicuro lo ha evidenziato.

 Quindi in qualche modo lui è già stato laggiù?

 Beh, sì, credo che ci sia già stato.

 Subito per primo ti era stato offerto Rorschach, vero? Solo quello all’inizio?

Sì.

 Sai, quando ho riflettuto sulla tua decisione di lavorare su questo fumetto, mi sono ricordato di una cosa che mi avevi detto a riguardo di Wonder Woman. Avevi detto che la DC all’inizio aveva discusso con te del loro approccio con Diana, e che tu decidesti di scrivere quella serie perché pensavi che ne avresti potuto tirare fuori qualcosa di ancora migliore. Mi ricordo bene?

 Sì, ma è andata a finire così perché ero convinto che quello che volevano fare loro fosse sbagliato.

Certo, ha cercato in qualche modo di proteggere il personaggio. O questa come definizione è troppo forte? Proteggere?

Credo che cercassi di proteggerla. [Ride]

 Non posso fare a meno di chiedermi, quando ti hanno offerto Rorschach, l’idea di dover proteggere il personaggio ha influenzato la tua decisione? O diresti che è stata una forma di egoismo, quella di volere il personaggio tutto per te?

Beh, non lo definirei egoistico. Ma sai, non ho nemmeno pensato di dover essere “protettivo”. Ma ora che me lo hai ricordato, Lee ed io stavamo discutendo la cosa – se volevamo accettare Rorschach o no – e il dibattito si è incanalato in un discorso del tipo “Lo sai che lo faranno comunque, sia che tu accetti, sia che rifiuti”.
E quindi è diventato del tipo “Beh, allora è meglio se lo facciamo noi, perché almeno sappiamo che sarà fatto bene.”
Quindi sì, c’è stata una qualche forma di supponenza, credo. Senza dubbio anzi, è stata una forma di presunzione.
E credo che fosse mia intenzione essere “protettivo”. Lee ed io ce la siamo immaginata come se fosse una cosa tipo “Faremo una strage con questo progetto!”.

Credo che molti fan sarebbero d’accordo. Voglio dire, è evidente che tu ad oggi realizzi dei prodotti che sono molto più di un qualcosa di tetro e crudo, come si evince dal tuo lavoro su Wonder Woman e Spaceman. Ma se noi lanciassimo una sfida ai fan per far loro decidere una lista di autori ai quali far scrivere Rorschach, scommetto che il tuo nome ci sarebbe, e probabilmente proprio in cima.

 [Ride]E cosa si dice su di me?

 Non lo so. Però sei molto adatto anche per il Comico, per cui forse dal loro punto di vista tu hai un tocco più oscuro e realistico

Sì, è probabile.

 Sembra quasi che tu abbia parlato con Lee Bermejo di questo progetto ancora prima di accettarlo. Hai avuto lui in mente fin dall’inizio per realizzare Rorschach? E perché ritieni che sia la persona giusta?

È la persona giusta. Sì, mi è spuntato in mente subito, quindi mi sono incontrato con Dan [Di Dio], dopo che lui mi aveva offerto il personaggio – in realtà, credo anche prima che ciò avvenisse. Appena aveva detto “Rorschach”, mi è venuto da pensare “Ok, se lo faccio, chi vorrei…Lee”. È stato immediato. Era già deciso. A posto.

Lee ha uno stile molto ricco di realismo.

Sì, ed a volte quello che fa è difficile da guardare. Mi capisci?

Sì, riesce a rendere anche i dettagli più brutti.

Proprio così. E riesce a disegnare anche le verruche e ogni particolare.

Quindi devo dedurre che questo mondo che voi due state esplorando nella New York Anni Settanta non sia poi tanto carino.

No, non lo è. Ed è per questo che credo loro debbano ripulire la città.

Esplorerete anche le conseguenze della Legge Kean? Perché è stata prodotta negli Anni ’70, vero?

Esatto. Rorschach si svolge dopo la promulgazione della Legge Kean.

È una storia di formazione per lui, o per l’intero mondo di Watchmen?

Non vorrei entrare troppo nei dettagli. Diciamo solo che è una storia adatta a Rorschach. Non è una di quelle che sconvolge il mondo o lo riesce a cambiare, o una cosa così. Si tratta di Rorschach che fa quello che Rorschach fa di solito.

È lo stesso tizio che noi conosciamo in quel momento preciso della storia originale?

Sì, è lo stesso tipo.

Non sapevo se tu lo avresti mostrato in maniera diversa, come se si fosse evoluto da allora.

No, è il Rorschach che la gente vuole vedere. Tu vorresti leggere qualcosa su Rorschach prima che impazzisca? Io credo di no.

E tu non vorresti scriverlo?

Beh, non è quello che rende il personaggio così affascinante. Di sicuro ci saranno elementi del suo passato che sono interessanti. Ed io farò degli accenni a quel tipo di roba. Ma ho voluto collocarlo alla fine degli Anni Settanta perché lui appartiene a quel periodo.
Rorschach è un prodotto del suo ambiente. E il suo ambiente non è bello.

Quando dici che farai degli accenni al suo passato, vuoi dire che andrai a raccontare di nuovo quello che lo ha reso così com’è?

No, non credo che ci sia bisogno di farlo. È stato già fatto nel primo volume originale. Noi sappiamo cosa ha reso Rorschach quello che è. Probabilmente è il personaggio che è stato meglio definito nella serie originale. Quelli che hanno letto quell’opera sanno chi è Rorschach, da dove viene, qual è il suo passato, e perché è proprio così.

Parliamo di J.G. Jones. So che voi due volevate lavorare insieme già da un po’, giusto?

Sì, volevamo lavorare insieme, e questo progetto ci è sembrato proprio quello adatto. E la DC voleva che J.G. ne fosse coinvolto. Quindi è capitato al momento giusto. Le tessere del domino sono cadute nell’ordine corretto.

J.G. può fare qualsiasi tipo di cosa, per cui senza avere davanti i disegni è difficile dire come saranno. Ci puoi dare qualche indicazione su quello che stai vedendo e su come lui interpreti il mondo del Comico?

È grandioso. Ed è stato grande lavorare con lui. Ti confesso che è riuscito a descrivere perfettamente gli Anni Sessanta. È riuscito a ricreare una grande atmosfera. Porta alla luce, come dire, un autentico – c’è questo realismo virile, credo, nel modo di disegnare di J.G. ed era proprio quello di cui aveva bisogno il Comico.

Sì, virile è un buon aggettivo per il Comico.

Sì. [Ride]. È un vero uomo.

Hai ricordato che le origini di Roschach sono state raccontate in Watchmen. Ma questa miniserie è stata scritta per persone che hanno già letto quell’opera? O stai lavorando piuttosto dal punto di vista di quelle persone che partiranno con questa e solo dopo leggeranno Watchmen?

Sto scrivendo per costruire una storia coerente in se stessa. Se hai già letto Watchmen, bene. Se non lo hai fatto, dovresti. E non credo che ci sia veramente qualcuno che si avvicinerà a queste miniserie senza avere dimestichezza con Watchmen, mi capisci? Comunque vedremo. Come al solito, verrà dimostrato che mi sono sbagliato. Probabilmente qualcuno si presenterà da me e mi dirà “Mi hai fatto scoprire Watchmen”. E mi sembra anche giusto. Ma l’unico modo che ho per ottenere qualcosa di questo tipo sarà quello di scrivere una storia solida su questi personaggi e renderli affascinanti, facendo in modo che la gente voglia leggere ancora di più su quel personaggio in particolare.