Skyfall

Gen 12, 2013

Titolo originale: Ian Fleming’s 007 in SkyFall
Titolo italiano: 007 SkyFall
Paese: USA, UK
Anno: 2012
Regia: Sam Mendes
Cast: Daniel Craig, Judi Dench, Ralph Fiennes, Javier Bardem, Naomie Harris, Bérénice Marlohe, Ben Whishaw, Ola Rapace
Durata: 155 min.

 

23

Il numero dopo il 22 e prima del 24.
Ma non solo un numero, 23 è IL numero (perfetto), considerando ciò che la produzione bondiana ha realizzato per SkyFall.
Sì, il cielo cade, ma anche e rovinosamente, crolla un mito fatto perfetto e indistruttibile, il mito riflesso di un sogno antico (ma non troppo, il primo film è del 1962).
La Sony, la MGM, i Broccoli’s (of course), il mito di Ian Flemigs, la Aston Martin, M & Q, il remake e la strizzatina d’occhio (che chi scrive adora, considerando anche GoldenEye e 006), il citazionismo british (ma non solo), la VERVE, la connotazione sexy, le Bond girls (due, stupende), il ritorno al passato, Adele e la stupenda opera musicale dell’opening (Let the sky fall, when it crumbles, We will stand tall, Face it all together…), l’azione (buona, buona davvero), le location (belle, come in ogni Bond che si rispetti) e, forse per la prima volta, il velo sollevato sul passato dell’agente segreto di sua Maestà per antonomasia: SkyFall.
Ci si aspettava un film che desse neo lustro al franchise con Craig (come se ne avesse davvero bisogno e, malgrado tutto, Quantum of Solace era una pellicola più che buona), abbiamo ricevuto (forse, a detta di molti) il miglior Bond di sempre.
Personalmente non ci interessa sapere se ciò corrisponda al vero o meno, ci siamo anche stancati delle classifiche; personalmente io mi ricordo, mi ricordo che SkyFall era/è una pellicola stupenda e, prima di tutto, ricordo che Craig (e la produzione) ha centrato un altro capitolo del franchise più lungo della storia del cinema.
Ciò mi basta. Lunga vita a Bond!

SKYFALL

Il ricco citazionismo, anche della trama stessa (GoldenEye), porta poco alla volta al centro di una spy story atipica, fatta di momenti molto drammatici (la caduta) e di enorme riscatto (non tanto sociale, quanto come dignità di un uomo colpito, o di una istituzione), di sottili ed invisibili fili che poi culminano in un assetto che diventa colpo, ben assestato dalla figura sfaccettata di un “villain” degno di Bond.
M rappresenta, simbolicamente, la vecchia guardia ed è lo stesso Mallory a far notare che le cose, inevitabilmente, cambiano e mutano implicitamente a ciò che il flusso degli eventi porta; non è un succedersi di poteri, ma è naturale che ciò che è stato in passato, M è destinata a continuarlo, o no?
Bond, abbandonato e “morto” risorge (He will rise again) in difesa di ciò che ha sempre protetto; se precedentemente ha tentato di salvare le donne della sua vita (lo fa dal 1962, prima le ama, poi le mette in pericolo ed infine tenta di salvarle –a volte riesce, altre no-) ora si trova a dover affrontare suo “fratello” che tenta di far pagare a M i peccati di un passato che fatalmente torna.
Ma se un ex agente dell’MI6 riesce dove i peggiori insurrezionalisti falliscono, se un ex agente doppio 0 riesce dove la crisi e i ruoli del grande potere hanno fallito, allora la sicurezza di sua Maestà (ma anche quella di tutti, nessuno escluso) è realmente in grave pericolo.
Questa è la domanda, e l’unica valida e vera risposta a tutto questo male è James Bond.
Ed è lo stesso Bond a comprendere la gravità della situazione e a gettarsi in un vorticoso turbine di eventi (drammaticamente opposti) che portano tutti ad un finale per nulla scontato e per niente semplice: la sede dell’agenzia MI6 viene violata dall’interno, ma la causa della violazione è da ricercare negli errori dell’agenzia stessa.
L’infiltrazione è la chiave che apre le porte della vendetta a Raoul Silva (il cui vero nome è Tiago Rodriguez) e costituisce la minaccia intesa come possibile realizzazione degli eventi: fermare Silva può salvare M e il Regno Unito.
Rodriguez è un mostro, figlio di un tempo in cui lo spionaggio seguiva metodi differenti, ma che resta pur sempre la tecnica per carpire informazioni segretamente, e Silva questo lo sa: non a caso ha iniziato a mercanteggiare su questo e su tutto ciò che la sua vita gli ha imposto.
In SkyFall Silva è un ex disilluso (catturato durante una missione, fu abbandonato dal MI6 e, quindi, da M. Sarebbe dovuto morire, ma il destino è un dio burlone e la morte è sua sorella, che si diverte a ridere dei giochi del fato) che scampato alla morte (davvero potremmo dirlo?) ha fatto di tutto per ottenere la sua personale vendetta.
Riuscirà Bond a fermarlo? E se sì, a che prezzo?

BOND. JAMES BOND.

Daniel Craig torna a vestire i panni dell’agente segreto più famoso del cinema, James Bond, e lo fa per la terza volta (assicurando che ci saranno almeno altri due capitoli da lui interpretati): stavolta il suo è un eroe che crolla per poi tornare e salvare in extremis ciò che ha promesso di difendere.
Javier Bardem è Raoul Silva il cui vero nome è Tiago Rodriguez, è un ex agente dell’MI6 ed è disposto a tutto pur di far affondare l’agenzia e M.
Anche ad affondare lui stesso.
Judi Dench torna, per la settima volta, ad impersonare M. Carismatica leader dell’agenzia MI6.
Ralph Fiennes è Gareth Mallory, un ex soldato delle forze britanniche cha ha combattuto in Irlanda del Nord.
Naomie Harris veste i panni di Eve, agente sul campo che poi diventerà la segretaria di M, svelando a Bond il suo nome completo: Eve Moneypenny.
Bérénice Marlohe è la Bond girl Sévérine, bellezza triste e piena di terrore.  Bond si lega alla donna, riuscirà anche a salvarla dalla follia di Silva?
Ola Rapace (ex marito della ben più nota Noomi Rapace –Sherlock Holmes: Gioco di Ombre, Prometheus-) è il sicario francese Patrice, antagonista di Bond e killer spietato.
Il bravissimo Ben Whishaw da forma ad un nuovo ed interessantissimo Q, i tempi cambiano, la tecnologia pure e Q si rinnova come non mai.
La regia della 23esima pellicola di “bondiana natura” è affidata alle abili mani di Sam Mendes, regista inglese (American Beauty, Jarhead, Revolutionary Road) che centra il film, ispirandosi non poco alle atmosfere del Batman di Nolan (per sua stessa ammissione è fan della saga e ha tratto molto dal lavoro del suo collega inglese) e soprattutto, compie un’opera di rottura con le due precedenti pellicole (SkyFall non è un sequel dei primi due con Craig, ma una storia autoconclusiva) e si allontana dalla luce dei primi capitoli (Casino Royale e Quantum of Solace) portando verso i limiti estremi  l’agente doppio 0.
La “morte” non permette a Bond di riposare, il pericolo stavolta è più grande e Mendes dosa le atmosfere che rendono una visione ipnotica (stupenda la sequenza a Shangai fatta di vetri, specchi, buio e luci al neon –a metà tra TRON Legacy e Inferno di Cristallo-), calda (le scene a Macao citano i film di Bond anni 70/80 più che mai) e allo stesso tempo metropolitana (l’inseguimento a Londra e il grigio della città e del MI6).
Il culmine, poi, si ottiene con la consapevolezza e la scoperta del cervo e di ciò che lo SkyFall rappresenta:

“SkyFall”
“Fine”